29-01-2015
A destra, con Moreno Cedroni, Aurora Storari. Romana, 22 anni, studi ad Alma, stage al Mirazur di Mentone, dal Master di Cucina italiana è approdata a Hedone, Londra, 1 stella Michelin. E' stata promossa presto capopartita degli antipasti
Ricordi. Non vengo, come molti del settore, da una famiglia di ristoratori e non racconterò di come nacqui tra padelle fumanti e forni bollenti. La mia carriera parte semplicemente da ricordi felici. Il profumo della pasta e ceci di mia nonna, l’impasto dei suoi calzoni fritti che vedevo lievitare sul tavolo, la ricotta e zucchero che mangiavo a merenda, i pomeriggi passati in cucina con la mia tata.
Quando tre anni fa decido di entrare in una cucina, poco più che 18enne, mai e poi mai avrei pensato che oggi sarei stata qui a scrivere questo articolo. Già da piccola so che avrei fatto questo mestiere ma come nella maggior parte dei casi mi viene imposto un percorso di studi diverso: mi iscrivo al liceo scientifico. Al termine dei cinque anni mi trovo di fronte alla scelta universitaria, cosa decidere? Capisco presto che la domanda non è su cosa scegliere, ma cosa mi rende felice. Cosa potrebbe rendermi felice per il resto della vita? Nessun dubbio: cucinare.
Fagioli borlotti cotti nell'acqua di cozze, cozze al vapore di limone e 'nduja di Aurora, ai tempi del Master di cucina italiana, che riparte il 3 febbraio prossimo
La prima divisa per me rappresenta tutto ciò per cui ho lottato fino a quel momento. Sogni, paure, gli anni passati a odiare il liceo perché avrei preferito sfilettare un pesce piuttosto che tradurre una versione di latino, le lotte con mio padre per fargli capire che avere 10 in fisica non mi avrebbe resa un ingegnere. Quella giacca è la dimostrazione che la determinazione può portarmi da qualche parte.
Priva di alcun fondamento in cucina, decido di iscrivermi all’Alma, la Scuola internazionale di cucina italiana di Gualtiero Marchesi per un corso di tecniche di base. Al termine dei 4 mesi mi propongono uno stage in Francia al Mirazur, fresco della seconda stella Michelin. All’epoca non sapevo nemmeno quanto fosse importante per un ristorante avere un riconoscimento tale, decido semplicemente di partire per misurarmi sul lavoro e continuare la mia crescita. Sono convinta che una novellina come me non avrebbe fatto molto in un posto del genere, invece mi ritrovo a lavorare nella sezione tra le più difficili della cucina: le salse.
Una grande cucina, con tanti ragazzi al lavoro genera uno shock. Gli standard sono alti e la pressione elevata. Dopo l’estate, cercando su internet, trovo un Master ancora in fase di progettazione, organizzato da Massimiliano Alajmo con la partecipazione dei Cavalieri della cucina italiana e la collaborazione della Confcommercio di Vicenza. Io in realtà conosco poco il mondo dell’alta cucina ma quei 9 mesi di Master sono la cosa più incredibile e stimolante che abbia mai fatto in vita mia: mai e poi mai avrei pensato che il mondo della cucina potesse abbracciarne così tanti altri. Mi cimento in materie come storia dell’arte, filosofia, chimica, nutrizione, applicandole poi ai fornelli. La lista di persone da citare tra chef e docenti è troppo lunga ma avere un contatto diretto con personaggi di tale calibro e personalità così diverse tra loro mi fa capire che non è importante seguire una tendenza, ma avere una propria identità ben definita.
Lo Spaghetto indeciso: dolcezza, sapidità, acidità, morbidezza
Capisco di essere finalmente sulla giusta strada quando l’ultimo giorno del Master presento il mio piatto: lo Spaghetto indeciso. Credo che ancora oggi sia uno di quelli che più mi rappresenta. Pasta, italianità, accompagnata da una selezione di pomodori in varie consistenze e sapori: dolcezza, sapidità, acidità, morbidezza. Tecnica, ricerca e materia prima, legati dal filo della semplicità.
Dopo due anni e varie esperienze decido che è il momento di mettermi alla prova all’estero e finisco a Londra. Cominciano ad arrivare le prime chiamate, tra cui quella di Mikael Jonsson, chef di Hedone, una stella Michelin e 63° nella World’s 50Best. Non so nulla di lui, l’unica cosa che sono riuscita a capire dagli articoli letti era la sua ossessione per la materia prima. Piatti semplici, pochi elementi, ma qualità indescrivibile. Accetto la proposta di lavoro.
Decido di entrare come commis. Ovviamente non è facile, i ritmi di questa città sono pazzeschi e a volte quasi disumani. Non voglio deludere chi aveva creduto in me e soprattutto non voglio deludere me stessa. Con fatica e devozione, dopo due mesi riesco a guadagnarmi la stima e la fiducia dello chef e dei colleghi, ottenendo la promozione: capopartita. Rubare con gli occhi in questo mestiere è fondamentale, in un servizio dove escono più di 500 piatti nessuno ha voglia e tempo di spiegarti cosa sia un brining, o la temperatura di servizio di una capasanta.
Uomini che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista
di
romana, classe 1992, dopo aver completato il Master di Cucina Italiana a Creazzo (Vicenza), ha lavorato a Londra da Hedone e a Milano da Trussardi alla Scala e Ratanà. Dal 2019 è al lavoro allo Chambre Séparée di Gent, in Belgio