29-05-2017
Enrico Crippa sul palco di Identità Golose 2017 a Milano
Enrico Crippa, chef del Piazza Duomo ad Alba, il ristorante della famiglia Ceretto, riceverà questa sera, lunedì 29 maggio, il premio Grand Prix de l'Art de La Cuisine 2017, assegnato dall'Académie Internationale de la Gastronomie. La cerimonia si terrà a Milano presso il Ristorante Il Marchesino del suo maestro Gualtiero Marchesi. Per l’occasione, Crippa si è raccontato e con piacere pubblichiamo il testo inviato dall’ufficio stampa del Gruppo Gualtiero Marchesi.
«Partii per il Giappone nel 1997 e tornai in Italia, a Erbusco, nel 2000. Mi aveva mandato Gualtiero Marchesi per seguire il suo Bistrot a Kobe. Quei tre anni sono stati fondamentali e una delle conseguenze immediate fu che, una volta tornato al ristorante dell’Albereta, partecipai alla realizzazione del Menu oggi. Un menu, pensato e avviato da Marchesi insieme a Paolo Lopriore, che rispettava lo spirito kaiseki.
«Era stato il viaggio in Giappone a chiarirmi fino in fondo cosa intendesse Marchesi, parlando della tradizione giapponese. Mi aveva anticipato ciò che avrei capito e poi fatto consapevolmente. Ho iniziato nel suo primo ristorante, in via Bonvesin de la Riva, all’età di diciassette anni, da cuochino, avendo accanto qualcuno con cui potevi parlare di tutto. Qualsiasi argomento, dalla storia alla religione, dalla musica al bon ton.
«Non era un maestro pedante, diversamente da quelli che avevo avuto fino ad allora, non ti spiegava passo passo, ma lasciava intravedere la strada, in modo da arrivarci da soli. Potrei dire che Marchesi è stato un esempio, il tipo di cuoco a cui avrei voluto assomigliare. Molte delle cose che ho ascoltato da lui mi capita di raccontarle ancora.
«Cosa vuol dire kaiseki? Tradurre il concetto giapponese in Menu oggi significava proporre solo ciò che il mercato offre secondo stagione e che la cucina può preparare, soddisfacendo i primi clienti che avessero ordinato quel determinato piatto. Un menu, quindi, che variava moltissimo, mettendo a dura prova l’organizzazione della cucina e della sala; dove la regola imponeva la variazione continua di cibi e di tecniche di cotture, esaltando il contrasto tra forme, colori, consistenze così come tra crudo, stufato, vapore, fritto, arrosto e dove l’abbellimento del piatto non era fine a se stesso, ma completava il piacere del gusto.
Metti una sera a cena con il Maestro. E' quanto accadde durante Identità Golose a Milano, febbraio 2013, quando Carlo Cracco, a sinistra nella foto, invitò altri due allievi di Gualtiero Marchesi, Enrico Crippa e Paolo Lopriore. A destra Matteo Baronetto che di lì pochi mesi avrebbe lasciato il ristorante di Cracco per diventare chef al Cambio di Torino
«Naturalmente, restiamo italiani: per un giapponese il massimo del risultato è rifare lo stesso piatto del trisnonno con minime variazioni. Per loro la ripetizione è sacra, ha un senso cerimoniale. Noi, invece, abbiamo la facilità e la volontà di innovare. Nel mio ristorante cambio sempre di stagione in stagione, di anno in anno, anche se qualche cliente mi chiede di fargli riassaggiare l’asparago della volta precedente.
«Credo che l’esperienza giapponese, il colloquio che Marchesi istaurò con quel mondo, sia stato fondamentale come l’introduzione della Nouvelle Cuisine in Italia. Allora, si aprì una stagione straordinaria di novità.
«Non fu un caso, ma un riconoscimento del destino, se dalla cucina di Marchesi sono usciti, nell’arco di un decennio, oltre al sottoscritto, Paolo Lopriore, Carlo Cracco, Davide Oldani, Paola Budel, Andrea Berton, Pietro Leemann, Ernst Knam, Antonio Ghilardi. Cuochi che hanno imparato qualcosa di diverso e che sono riusciti a seguire ognuno la propria strada, firmando una cucina originale.
«Onore a Marchesi, onore a un maestro con cui continuo ad avere un rapporto di rispetto e di stima e che, improvvisamente, può tradursi in una telefonata calorosissima».
Gualtiero Marchesi ritratto al Marchesino in Piazza della Scala a Milano
«Quelli sono stati anni energici e profondi, in cui ci si confrontava molto, si discuteva e si sgobbava. Crippa si faceva notare per l’impegno. Era un ragazzo preciso, direi puntiglioso, molto organizzato, non gli piaceva lasciare le cose al caso. Dipendeva dal carattere, ma era anche frutto del desiderio di riuscire.
«Ricordo che la vicinanza con Lopriore non era priva di scintille e, alla fine, essendo troppo diversi, più introverso e metodico Crippa e più estroverso e sbarazzino Paolo, un bel giorno, Enrico prese i suoi coltelli e se ne andò. Sicuramente, averlo mandato in Giappone, è stata una buona idea.
«Quella cucina, ma direi piuttosto quel modo di essere e di pensare, mi ha conquistato per la semplicità. Mi ha fatto capire come tutto inizi e torni alla materia prima. Se la rispetti fai, innanzitutto, salute e attraverso la semplicità scopri la forma, raggiungi una naturale perfezione. A dirla tutta, la verità del cuoco è saper cuocere bene». Parola di Gualtiero Marchesi.
Uomini che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista
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A cura della redazione di Identità Golose