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È una famiglia cementata dal caglio quella che dal 1876 affina i suoi formaggi ad Arona, in provincia di Novara: Carlo Guffanti Fiori, i figli Giovanni e Davide ne rappresentano la quarta e la quinta generazione. Il capostipite si chiamava Luigi, lo sguardo perduto nei sogni visionari di un alimentare di qualità. Riuscì il suo colpaccio acquistando una miniera d’argento abbandonata a Valganna, capace di sfornare un oro bianco per nulla inferiore ai metalli preziosi. Fu lui a fondare anche la cantina di Arona sotto un bastione delle mura cittadine, in uno spazio inizialmente destinato ad usi militari e riconvertito con l’inventiva di un rabdomante. Con i suoi figli Carlo e Mario, i formaggi Guffanti iniziarono a calcare le orme degli emigranti lombardi e piemontesi, che all’inizio del Novecento andavano affluendo verso l’America. Nuovi mercati per nuovi prodotti, perché la frontiera dal Gorgonzola si stava spostando alla conquista delle tome degli alpeggi ossolani e del Parmigiano Reggiano, fino a ghermire in tempi recenti le tipologie più pregiate provenienti dai mercati europei. Selezionatori e affinatori, oggi Carlo, Giovanni e Davide propongono la loro filosofia del formaggio in un nuovo spazio ad Arona: qui la cantina è un secondo terroir, l’affinamento una fase di rinascita. Perché alle spalle di un grande prodotto c’è la conoscenza di casari, bestie e paesaggi incontaminati, ma anche la familiarità con il microclima, la flora batterica e le trasformazioni naturali, che solo l’affinatore è in grado di padroneggiare. I formaggi sono puledri di razza da “allevare” in base a una pedagogia fatta di tempo, spazzolature, oliature, strofinature e rivoltamenti ad hoc. Pronipote di Luigi e zio di Giacomo (autore della bibbia della casearia Formaggi italiani), Carlo è stato un brillante ricercatore di microeconomia alla Bocconi prima di fare ritorno alla via lattea: «Avevo vinto un concorso universitario, hanno richiesto la mia presenza a tempo pieno e ho dovuto scegliere. L’ho fatto seguendo la passione per un mondo che mi pareva ricchissimo di rapporti umani, più concreto delle cifre di un bilancio. Perché guardando le mie forme vedo natura, animali, uomini, scienza e storia». Un pathos che non gli ha impedito di mettere a frutto le conoscenze manageriali pregresse, facendo della Guffanti un’azienda poliedrica, innovativa e vincente.
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Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini
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