Il nano che sta sulle spalle del gigante: questa è la visione che ho, quando penso alla mia nuova brigata. L’anno scorso nove persone sono uscite e quest’anno, per la riapertura del ristorante, altrettante nuove figure professionali sono entrate. Un turnover che dà l’idea di dover ricominciare da zero. Invece non è così. Il Piccolo Lago ha un metodo e un’impostazione già consolidata e avviata, dove il nuovo arrivato non ha che il compito di inserirsi al meglio in un meccanismo già precostituito. Negli anni con Raffaella, mia moglie, capo maître, abbiamo costruito, pianificato e avviato una realtà che ha lo standard di un ristorante due stelle Michelin, dove l’asticella dei parametri e degli obiettivi si alza sempre di più.
Quando arriva una nuova figura tutto è già pronto: il 70-80% del nostro operativo, indipendentemente dal personale, è già avviato e codificato. Certo, le persone sono importanti: i ragazzi che scelgo provengono tutti da esperienze diverse. Parliamo di profili di ruolo, con una preparazione professionale. Ma per me non esiste curriculum interessante senza una buona dose di creatività, umiltà, spirito di abnegazione, presenza di spirito e allegria, quella con la A maiuscola. Amo le persone avventurose, che vogliano condividere i progetti di cui entreranno a far parte. Con i mei ragazzi, peraltro, cerco sempre di entrare in massima sintonia: lo spirito di squadra è un presupposto essenziale per creare uno staff vincente. Quest’anno abbiamo anticipato il pre-opening, proprio per avere il tempo necessario per formare il nuovo gruppo: coordinare i diversi reparti, fare in modo che si conoscano e si intreccino nel giusto modo.

Il topinambur in tre consistenze - crema, croccante e arrosto - racchiusi in uno dei nuovissimi piatti del menu del Piccolo Lago. Un prodotto che cresce lungo le rive del fiume Toce e arriva in cucina, a ispirare una ricetta legata a memorie d'infanzia di Marco Sacco
Tutto viene predisposto per integrare al meglio ruoli e compiti in modo da raggiungere quel livello qualitativo che un due stelle deve avere. Con un input così l’affiatamento arriva a ruota, lo si riconosce dall’energia che si crea durante la giornata: dopo un bel bagno nel lago, si parte con il lavoro in cucina, concentrazione massima, silenzio assoluto, piatto perfetto. E a fine serata gin tonic di brindisi. Quest’anno ho scelto di farmi affiancare da due sous-chef:
Marco Rispo, con cui ho collaborato l’anno scorso a Expo 2015, esperienza in cui ha gestito il ristorante
Aromatica per 6 mesi, facendo un lavoro degno di nota. Inoltre proviene da
Chic - Charming Italian Chef, associazione di 104 chef, di cui sono presidente. Partenopeo, ha fatto esperienze in
maison di tutto rispetto. Sia dal punto di vista tecnico che manageriale mi affianca nel mio lavoro quotidiano.
Roberto Diana, invece, aveva già fatto una prova l’anno scorso al
Piccolo Lago. È piemontese come me e come me è una vera testa matta: ha fatto il giro del mondo lavorando in posti diversissimi. Con sua moglie è tornato dalla Nuova Zelanda per fermarsi un po’ da noi. E’ uno spirito libero, ha voglia di mettersi in discussione, senza porsi confini né limiti.
Sono senz’altro due figure molto diverse, che si completano diventando il braccio forte del mio team. In questo modo il percorso creativo non si ferma mai. Inoltre c’è la mia seconda vita professionale in Oriente, che mi dà l’opportunità di aggiornare continuamente la mia cucina e il mio stile. La vita che mi caratterizza negli ultimi anni si potrebbe definire “
Marco sacco in tour”, una nuova fase lavorativa, mia e di mia moglie, intrapresa perché ci piace pensare al futuro in modo più ampio, partendo sempre dal
Piccolo Lago, ma sviluppando un’attività che tocca vari Paesi in giro per del mondo. Il che vuol dire incontrare sapori, ingredienti e culture diverse, partendo dalla Corea e dalla Cina per arrivare al Sud America, per fare un esempio. Alla fine tutto ciò che vivo durante queste esaltanti esperienze ritorna nella nostra
maison, il
Piccolo Lago, e tutto viene adattato alla mia storia e a questo
terroir.

La Porca Costina, un altro dei nuovi piatti di Marco Sacco: golosissimo
Nascono così per gli ospiti della mia maison nuove idee e alchimie culinarie da portare a tavola. Per fare ciò ho scelto di tenere chiuso il ristorante per più tempo, sfruttando la stagionalità della zona. In inverno, io e
Raffaella, migriamo perlopiù in Asia dove sono presente da molti anni e dove per ogni nuova stagione ci aspetta un vero e proprio calendario di serate di gala e appuntamenti, in cui il mio compito è far conoscere l’alta cucina italiana, quella che crea eccellenza. E’ un secondo lavoro, che ci dà molte soddisfazioni. Amo l’Oriente perché mi insegna tante cose. Le culture gastronomiche sono tutte preziose: se pensiamo che la tradizione culinaria cinese vanta 4000 anni di storia, non ci possiamo permettere di sminuirla di fronte al nostro
italian style.
La cucina cinese fa scuola: mostra l’importanza della condivisione quotidiana tra i commensali, l’utilizzo della materia prima senza sprechi, è un interessante spunto per vedere il prodotto con ottiche diverse. Guardando alle mie esperienze all’estero, ciò che manca è il marketing del made in Italy, è da qui che bisogna partire. Non esiste ancora la cultura dell’italianità vera, della nostra materia prima, per certi versi unica. Questo movimento è partito da noi chef che giriamo per il mondo, portando i prodotti originali negli altri Paesi, le ricchezze della nostra terra, che mancano all’estero. Dobbiamo puntare sull’abilità di fare sistema, condizione fondamentale per dare vita a un vero made in Italy. Ma la strada è ancora lunga.