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Peruviano d'origine jap, nato a Lima, è considerato il più grande chef nikkei vivente. Spiegazione: molti giapponesi immigrati in Perù dopo la Prima Guerra Mondiale (oggi sono circa 60mila) presero ad aprire ristoranti, dove servivano piatti di locale cucina creola, poiché la gente chiedeva loro quelli. Poco a poco inserirono però nelle ricette le varianti che venivano loro naturali, in base alla tradizione d'origine; ad esempio molto pesce.
Nel Perù precolombiano il rapporto col mare era fortissimo, coi Conquistadores venne un po’ meno. A inizio Novecento i peruviani mangiavano pesce, ma solo poco e per pochi, fritto o a lungo marinato nel succo di lime. Stop. «Fino a 50 anni fa nessuno in Perù assaggiava il polpo, i pescatori lo buttavano via. Si poteva andare sulle spiagge e vedere tutti questi polpi a terra, coi giapponesi che li facevano propri» (Tsumura). E qualcosa del genere si può dire per anguille e calamari, lumache e alghe, e in fondo anche per il tonno, persino per i gamberi, le capesante o le cozze, considerati un tempo “cibo per poveri”. Grazie ai nikkei oggi compongono tutti favolosi ceviche, «i giapponesi hanno rivoluzionato il nostro piatto» ha ammesso Gastón Acurio.
Insomma, ecco cos’è oggi la nikkei: non una cucina giapponese con influenze peruviane, né una cucina peruviana con tocchi giapponesi. E’ l’incontro tra due popoli distanti 20mila km, è l’esito di una necessità e di un istinto. La necessità è quella degli immigrati giapponesi in Perù di adattare lo stile alimentare ai prodotti della nuova patria, che con sorpresa scoprirono spesso affini anche la loro tradizione: pesce, verdure e riso. L’istinto li portò a una fusione naturale, inconsapevole, tra due stili così diversi. Decenni di contaminazione forzata tra culture – anche gastronomiche – millenarie e quindi tenaci, hanno dato vita a qualcosa di inedito e straordinario. «Il contrasto è nel tono generale, la cucina peruviana è hard rock, forte, piccante, vibrante. Quella jap è musica classica, più sottile, delicata e dedicata al prodotto» (Tsumura).
Il Maido di Lima, aperto da Micha (come lo chiamano tutti) nel 2009, nel 2019 era numero 10 al mondo secondo la The World 50 Best Restaurants, addirittura primo per la Latin Americas's 50 Best Restaurants. Tsumura, laureatosi negli Stati Uniti e formatosi in Giappone, sta indirizzando le sue ricerche avant garde sull'Amazzonia, combinando i frutti esotici con gli intensi sapori della cucina nikkei: il concetto di umami traslato nella più grande foresta pluviale del pianeta.
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classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
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