16-12-2019

Nello Turco, orgoglio napoletano a Pechino

Il crossover tra Italia e Cina, le differenze culturali. Lo chef del Mio al Four Seasons, una stella da pochi giorni, si racconta

Aniello Turco detto Nello, chef del ristorante Mi

Aniello Turco detto Nello, chef del ristorante Mio al Four Seasons di Pechino, una stella Michelin dal 29 novembre 2019

Sono nato a Napoli, 32 anni fa. Ho svolto i miei apprendistati più importanti da Alain Ducasse in Toscana, Heinz Beck a Londra e al Noma, nella prima sede di Copenhagen. Da tutti loro ho appreso i concetti di disciplina, stagionalità, tradizione, prodotti, ricordi e gusto. Oggi ho un approccio piuttosto autodidatta, disciplinato e determinato in quello che cerco e che voglio trasmettere. Sono tutte componenti che animano il progetto del Mio al Four Seasons di Pechino, una cucina che si connette all’Italia sulle basi di piatti tipici ricostruiti con l'aggiunta di un twist personale, oppure con ricordi e contaminazioni che ho ricavato nelle esperienze passate in Cina.

Dirigo un team di 40 persone: 22 in cucina e 18 in sala. Cerco di trasmettere in modo semplice e moderno l'italianità, partendo dall’abc essenziale: olio extravergine, Aceto Balsamico, pasta, sale e tutti i nostri prodotti. Ogni giorno cerco di spiegare come si valorizza e si mangia un prodotto e cosa significa cucinare italiano in Cina. Mi reputo un motivatore dotato di filtro cinese: cerco di trasferire al cliente un significato mediato di Italia, una missione che mi dà stimolo da 5 anni e continua ad animarmi ogni giorno. Come faccio? Non è poi così difficile perché, checché se ne dica, tra Italia e Cina esistono tantissime affinità, dalle fermentazioni di natali millenari (pensate al garum) a piatti tipici per entrambi come noodle e spaghetti, le paste ripiene… potrei continuare per un bel po’

Pancia di maiale iberico, pepe sancho, radice di lattuga e misticanza balsamica

Pancia di maiale iberico, pepe sancho, radice di lattuga e misticanza balsamica

Merluzzo atlantico, pasta di olive taggiasche, polvere di capperi, salsa di lievito madre

Merluzzo atlantico, pasta di olive taggiasche, polvere di capperi, salsa di lievito madre

Come esempio di quest’approccio crossover, vorrei citare la Sogliola avvolta nella pera e cavolo: prima la saliamo come se fosse un baccalà, poi la cuociamo al vapore come da tradizione cinese; ma, invece di utilizzare l’acqua usiamo un aceto invecchiato di shanxi, che regala una nota acida molto speciale alle pere. La Cacio e pepe la realizziamo invece a partire da un tè di pepe nero di sarawak: cuciniamo la pasta all’interno alla maniera napoletana e poi la finiamo con una semplice spuma di pecorino romano e parmigiano 24 mesi. Ne risulta una pasta scura, aromatica e per nulla piccante: visivamente si avvicina quasi ai noodle che loro condiscono con una pasta di soia fermentata.

In generale, aggiungerei che la gestione dei prodotti italiani è piuttosto complicata: la scelta sulle proteine è abbastanza limitata, così come quella su ingredienti primari come olio, sale, aceto, alcune farine, pasta. Tartufo e molti vegetali sono impossibili da trovare. Ho provato anche a piantare in prima persona semi italiani di frutta e verdura in diverse parti della Cina ma con poco successo: carciofi e porri non riescono a svilupparsi, a differenza dei cedri, innestati nel sud del paese e cresciuti abbastanza decentemente.

Yuzu e latte

Yuzu e latte

Il Mio del Four Seasons ha ottenuto la prima stella Michelin lo stesso giorno del Bulgari di Niko Romito: "Lavoriamo a pochi metri di distanza", ci spiega il cuoco, "e nelle loro cucine lavorano 2 cuochi campani: siamo ottimi amici, ci scambiamo idee, prodotti e fornitori e facciamo anche serate assieme"

Il Mio del Four Seasons ha ottenuto la prima stella Michelin lo stesso giorno del Bulgari di Niko Romito: "Lavoriamo a pochi metri di distanza", ci spiega il cuoco, "e nelle loro cucine lavorano 2 cuochi campani: siamo ottimi amici, ci scambiamo idee, prodotti e fornitori e facciamo anche serate assieme"

Come vivo in Cina? So che sto vivendo un momento storico importante per questa nazione. È cresciuta in modo impressionante: in 5 anni, da quando sono qui, sembra diventato un altro paese, dai metodi di pagamento alla modernità delle infrastrutture, dalla comunicazione al livello di qualità del servizio. Quasi ogni attività è sempre aperta 7 su 7, e qualsiasi cosa è disponibile 24 ore al giorno. A volte, le differenze culturali sono complesse da gestire. Qui sono molto attaccati alla tradizione e hanno un senso del dovere per la famiglia molto rigido, due cose per me difficili da comprendere. Pechino è una città super-dinamica e sicura, il vecchio si mischia al nuovo e al super-innovativo in maniera impressionante: proprio quest’anno hanno inaugurato il più grande aeroporto del mondo, costruito in pochissimo tempo. Il volume di fondo è sempre piuttosto elevato però nel caos non ti senti mai solo: c’è sempre e comunque qualcuno intorno. E l’inquinamento raggiunge in alcuni giorni tassi molto elevati, quindi occorre proteggersi in maniera adeguata.

Non è stato facile adattarmi a tutto questo. Il consiglio che do ai giovani colleghi? Mai fermarsi e studiate senza sosta le persone, le lingue, le culture. Allo stesso tempo non dimenticate mai da dove venite, per esempio come si fa la conserva della mamma o il pane. E' ciò che ci rende ricchi e unici. E soprattutto mandate a memoria una regola: keep your style and identity pleasing the guest more then challenge them.


Storie di cuochi

Uomini che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista

a cura di

Aniello Turco

Aniello, detto Nello, napoletano, classe 1987, dopo esperienze nei ristoranti di Alain Ducasse, Heinz Beck e Renè Redzepi, nel 2014 si trasferisce in Cina. Oggi è chef del ristorante Mio del Four Seasons di Pechino, una stella Michelin da novembre 2019

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