14-02-2018
Simone Cantafio, chef e direttore del ristorante Michel Bras a Toya in Giappone, stretto tra Sebastien e Michel Bras. Milanese, classe 1986, Cantafio lavora al fianco dei Bras da quasi 10 anni
segue dalla prima parte: il rifiuto di Marchesi Qualche anno più tardi, con qualche esperienza in più e la responsabilità della direzione di un grande ristorante come il Michel Bras di Toya in Giappone, rieccomi a rivivere una situazione analoga a quella di Marchesi all'Albereta.
Premetto che sono quasi 10 anni che conosco e vivo la Maison Bras. Sono cresciuto con loro: Sebastien Bras è un vero fratello maggiore e Michel, oltre che un esempio da seguire, è una sorta di padre spirituale, un maestro che ha saputo rivoluzionare la mia vita di cuoco e di uomo, indirizzandomi nel suo mondo.
Una mattina di settembre squilla Skype di prima mattina. Mi trovo a Sapporo e Sebastien chiama con un’insistenza che in 10 anni non avevo mai visto. Mentre mi faccio mille domande, appare il suo volto sullo schermo: «Come componente importante e fedele del nostro staff, vogliamo renderti partecipe di una scelta che abbiamo maturato da un po', in accordo con Michel, Veronique e Ginette. Abbiamo deciso il futuro della nostra Maison: chiederemo ufficialmente alla Guida Michelin l’esclusione del nostro ristorante e la soppressione delle 3 stelle per il Suquet di Laguiole, in Francia».
Un attimo di silenzio, si crea una sorta di gelo tra noi. Cerco dentro di me una reazione da professionista. Rispondo: «Come parte del gruppo Bras rispetto e supporto la scelta della Maison». Poco tempo dopo, la notizia arriva a tutti i media del mondo e per 10 giorni comincia uno dei tormentoni gastronomici più grandi degli ultimi anni: "Bras rinuncia alle stelle". Si sentono commenti di ogni tipo: leggiamo e sentiamo di tutto. Non sta a me giudicare le idee della gente. La sola cosa che posso fare è contribuire con uno sguardo interno a chiarire qualche dubbio, senza la presunzione di fare il portavoce di Sebastian Bras, uno che non ha certo bisogno di avvocati difensori, nè tantomeno di supporto morale. E' solo il mio punto di vista.
La celebre Gargouillou di verdure giovani di Michel Bras, un piatto che ha fatto epoca
Migliaia, proprio così. In 7 mesi di apertura stagionale, migliaia e migliaia di clienti si recano in quel luogo disperso solo per provare il piacere e l’esperienza della Maison Bras. Come dice Sebastien, a Laguiole non ci sono le linee di metrò e nemmeno un aeroporto vicino. Chi decide di fare il viaggio, lo fa perché lo sente dentro.
Facendo due chiacchiere, lo scorso autunno Michel Bras mi ha detto: «Sai, Simone, noi Bras siamo un po’ sauvage. Vivere tra le montagne ha i suoi pro e i suoi contro. La cosa di cui vado fiero è la nostra identità. Siamo una famiglia prima ancora che essere un brand, prima che essere chef, prima che essere qualsiasi altra cosa. Abbiamo dei valori che mai e poi mai cambieremo. Non scenderemo mai a compromessi».
I valori. Questa scelta è il frutto della difesa di uno dei valori più sacri al mondo, la famiglia. A Laguiole, quando ci si rivolge ai Bras, li si chiama "la famiglia". A tavola, al refettorio, nelle pause è vietato usare il telefono perché bisogna proteggere il dialogo, il rispetto reciproco, la sana umanità dei valori di una famiglia.
In basso a sinistra, Simone Cantafio e Sebastien Bras. Era l'ultimo servizio dell'italiano a Laguiole, prima di partire per il Giappone. Vennero a trovarlo tanti colleghi e amici italiani; Luca Abbruzzino, Michelangelo Mammoliti, Alberto Buratti, Arcangelo e Pascal Tinari, Vasco Baldisserotto, Simone Tricarico e Giovanni Facchinetti
Si parla di rinuncia storica delle stelle ma questa non è certo la prima rivoluzione a Laguiole. Negli anni Ottanta, Michel fu il primo a introdurre il menu Légumes, un menu di verdure, fiori ed erbe aromatiche. Una follia all’epoca, ma oggi un esempio che seguono e imitano tutti. Lo chiamano "naturalismo" per Michel era semplicemente un atto di difesa del suo territorio.
Michel e Ginette furono i primi a eliminare le tovaglie lunghe e classiche, a posare il coltello di Laguiole sul tavolo e a non cambiarlo mai per tutta la durata del pasto. Gli attribuirono aggettivi di ogni tipo, dissero che avevano distrutto i codici della ristorazione classica… Oggi sono tantissimi i ristoranti nel mondo che hanno tolto la tovaglia. Lo chiamano design, ricerca dell'essenziale, della pulizia, modernità...
Maison Bras è una delle primissime aziende di ristorazione al mondo ad aver attuato il sistema delle 39 ore settimanali, con un sistema di badge distribuito a tutto il personale. Ognuno gode di 2 giorni e mezzo di riposo alla settimana e di un sistema basato sul rispetto dell’essere umano. Perché senza una buona condizione non si può fare una buona cucina, dicevano allora i Bras. Gli stessi concetti di etica e rispetto che s'invocano oggi, in un'epoca in cui nelle cucine dilagano follia e perbenismo gratuito.
Negli anni Novanta Michel e Ginette decisero di trasferirsi al Suquet di Laguiole e di costruire la loro “astronave sulla cima di una montagna”. "Esagerati", "senza rispetto della natura" commentò la gente. Quasi 20 anni dopo sono tutti concordi nel parlare di una struttura avanguardista, unica e magica. E Michel è per tutti il cuoco che incarna il concetto di natura. Non parliamo poi delle creazioni gastronomiche. Quella è storia, e la storia non si cambia. Il Gargouillou è e rimarra sempre un capolavoro, con e senza stelle. E così il Coulant e la Goufrette di patate. Piatti immortali.
Lasciatemi raccontare un ultimo aneddoto. Analogamente all'annuncio di Marchesi, anche dopo quello di Sebastien e Michel ho chiesto loro: «Che ne sarà di noi a Toya?». Spiegai a Sebastien che a 31 anni e in qualità di direttore e chef del loro ristorante in Giappone, per me l’idea di avere questa pressione e di sentirmi parte di questa corsa alle stelle Michelin mi stimolava, mi dava la giusta carica, ne avevo bisogno per potermi migliorare nel tempo.
Per tale motivo si sarebbe augurato (e me lo auguro anch’io) che l’esclusione riguardasse il solo ristorante di Laguiole, a dimostrazione che la loro non era assolutamente un discorso generale contro le Guide verso le quali portano molto rispetto. Al contrario, voleva e vuole essere un discorso concentrato su una scelta di famiglia, ancora una volta unita, compatta e con valori unici e condivisi.
E a quelli che mi chiedono se Michel Bras ha sofferto per questa rinuncia, "lui che le tre stelle se le è conquistate sulla sua pelle", dico che, conoscendolo da tempo come cuoco e come uomo, sono certo che lui risponderebbe: «Meglio una famiglia serena senza stelle che 3 stelle sul petto e sorrisi spenti sul volto delle persone che ami». Come mi dice sempre Michel, essere cuoco vuol dire saper vendere buon umore. In un ristorante devono essere sorridenti e serene le persone che accolgono, quelle che cucinano, quelle che mettono in atto la magia del servizio. Solo così si crea il presupposto per creare un momento magico. Ma tutto questo è possibile solo se si è onesti con se stessi, solo decidendo di essere liberi. E pazienza se la libertà ha un prezzo. 2. fine (Testo raccolto da Gabriele Zanatta)
Uomini che abbandonano per un attimo mestoli e padelle per raccontare le proprie esperienze e punti di vista
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Classe 1986, è cresciuto nelle cucine di Carlo Cracco, Gualtiero Marchesi, Georges Blanc e Michel Bras. Dal 2015 è chef e direttore del ristorante Michel Bras a Toya, in Giappone
Simone Cantafio al tavolo. Lo chef, da due anni a La Stüa de Michil dell'hotel La Perla di Corvara, in Val Badia, dal 7 dicembre inaugura un'altra insegna, nella stessa struttura: Incö, un unico tavolo conviviale con un menu del giorno basato sulle eccellenze di prodotto irripetibili che non possono avere fornitura costante, ma rappresentano piccoli gioielli
Michil Costa, illuminato ed eccentrico patron di strutture alberghiere storiche a Corvara e in Val d'Orcia. In questa chiacchierata con Paola Pellai delinea la sua concezione di turismo slow, rispettoso della natura, e dell'impresa turistica come comunità d'intenti
Lo chef Simone Cantafio alla Stüa de Michil dell'hotel La Perla, a Corvara, in Val Badia, Sud Tirolo. Al suo fianco è la maître Valentina Stani, bravissima, come tutto il personale di sala