Paolo Lopriore

 crediti: Brambilla - Serrani

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Il Portico

piazza della Libertà
Appiano Gentile (Como)
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Molti lo giudicano il cuoco più coraggioso d’Italia, lui con i capelli arruffati, la fronte sudata e il grembiule schizzato come un Pollock. A vederlo aggirarsi per i viottoli pii della Certosa di Maggiano, si immagina subito una vocazione un po’ mistica: arte, sregolatezza, il demone dell’avanguardia... Nato a Como nel 1973 da una famiglia popolare, con mamma Rosa cuoca dilettante a trasmettergli un imprinting decisivo, dopo l’alberghiero Paolo è subito incappato nel suo incontro karmico: in via Bonvesin de la Riva, al primo stage, c’era Gualtiero Marchesi in agguato. Lacrime e sangue, certo, ma anche il rito emozionante di un’iniziazione, quel contagio che lo ha portato dritto dritto nel gotha della cucina internazionale.

A Milano si ferma dal ’90 al ’92; seguono il servizio militare e un intermezzo fugace all’Enoteca Pinchiorri, prima di raggiungere il maestro dal ’93 al ’95 nel nuovo retiro di Erbusco. Né manca una tappa francese, prima da Ledoyen poi da Troisgros con Michel Porthos, nel densissimo biennio ’95-’97. Si apre quindi il capitolo boreale: fino al 1999 Paolo si ferma alla Bagatelle di Oslo in quello che definisce il suo periodo più bello («le notti bianche erano una festa per noi cuochi; all’uscita dal ristorante andavamo in discoteca e nei parchi»).

La strada è ormai spianata per una cucina originale, curiosa dei boatos che cominciano ad arrivare dalla Spagna, pervicacemente italiana nel patrimonio citazionale e nell’orizzonte gustativo, ludica e naïf sopra un sostrato complesso. Non potrebbe trovare scenario migliore di una rentrée all’Albereta, dove in felice diarchia con Enrico Crippa viene messo a punto il Menu Oggi, terreno di dialogo con il Maestro di sempre. Dal 2002 a fine 2012 Paolo è stato chef del Canto della Certosa di Maggiano, dove anno dopo anno ha sguinzagliato una cucina aggressiva e senza fronzoli; la tecnica cedeva il passo all’espressività, dissodando un gusto vergine, al di là della “bontà” costituita.

Dal 2013 una veloce puntata al Grand Hotel Como, seguita dalla parentesi milanese dei Tre Cristi, nell'estate di Expo. Tappe interlocutorie fino all'apertura, nell'agosto del 2016, del "suo" ristorante ad Appiano Gentile (Como). Nel paese natìo mette al centro del discorso la convivialità italiana, una rivoluzione condotta sul recupero di schemi classici che seguiamo con grande curiosità.

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Ha partecipato a

Identità London, Identità Milano


a cura di

Alessandra Meldolesi

Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini