06-11-2021
Spaghettini “Senatore Cappelli “con calamaretti, barbabietola rosa, germogli di crescione e cioccolato fondente: il piatto di Simone Lugoboni del ristorante L'Oste Scuro a Verona
Mio nonno lavorava “con” la terra. Si, avete letto bene: non lavorava la terra, non era un contadino. Lavorava con la terra, con i suoi prodotti. Lo chiamavano “el Tastariso”. Aveva un mulino da riso sull’Adige, nella bassa veronese, e commerciava, appunto, il prezioso cereale. A Verona il riso è, soprattutto, Vialone nano.
E sono mitici i risotti (da quello al radicchio rosso a quello all’Amarone) che mescolano riso e altri prodotti della terra a meravigliosi vini della Valpolicella e della Valpantena. E le ricette tradizionali continuano con i gnocchi di patate (si dice siano nati qui… e da quasi 500 anni si celebra durante il carnevale veronese l’elezione della massima autorità mascherata: il Papà’ del Gnocco !!). E poi la storica Pastissa’ de Caval, lo stracotto di cavallo a vino rosso.
Napoleone e le sue battaglie lasciarono qui molti cadaveri di uomini e bestie…Agli uomini, laddove possibile, degna sepoltura… ai cavalli… degna pentola fumante!
E infine il lesso misto, gallina, manzo, testina, cotechino e chi più ne ha più ne metta… il tutto accompagnato da una salsa più che unica: pangrattato in brodo con midollo, formaggio e tanto, tantissimo pepe! La Peara’. E la gara era a quale fosse più pepata. Un tempo infatti il pepe era merce rara e costosa: più ce n’era nella salsa più l’ospite si sentiva onorato.
E infine il Pandoro..o Pan De Oro…nato dalle mani sapienti del signor Melegatti che ne fece il primo dolce lievitato industriale della città. E quando vi diranno che il Pandoro è un dolce artigianale… sappiate che è una realtà edulcorata: industriale nasce artigianale forse lo copiano oggi.
Ma non è di risotti, salse e dolci che vi vogliamo parlare oggi, o almeno non solo, bensì del territorio del Veronese, così ricco di prodotti e di lavorazioni, tra il Garda e le cinque valli della sua provincia: la Valpolicella, la Valpantena, la Val d’Illasi la Val d’Alpone e la Val di Squaranto (il mio maestro Zavarise, primo regista delle mie scuole elementari all’Antonio Provolo della città Scaligera sarebbe orgoglioso di me!)
Della gastronomia ristorantizia veronese si parla sempre poco. Al di là dell’opera meritoria di Giorgio Gioco e dei Perbellini, al di fuori delle stelle rinnovate del bellissimo e buonissimo ristorante ai 12 Apostoli di Buffo, e ricordando pure la gentile stupenda cucina di Giacomo Sacchetto, alla Cru, in Valpolicella, restano ancora troppo pochi i locali da citare.
Ma noi, indomiti, ne abbiamo trovati altri due che, non fosse per la ancor giovanissima età dei rispettivi cuochi, meriterebbero ben più alta menzione e posizione nella memoria collettiva, di questo breve articolo.
Iniziamo in città. Nella città di Giulietta. Nella città’ dell’Arena e del suo famoso festival dell’opera lirica, della Callas, di suo marito Meneghini, grande impresario veronese, appunto, che scopre una giovane Maria e se la porta a casa, sottraendola ai Luchino Visconti che la vogliono sempre più filmare e ai suoi fans che la vogliono sempre più amare e sentir cantare. Si dice che la Callas fosse una gran buona forchetta, e amasse in particolare il pesce: greca era e da una greca ce lo si aspetta.
Il primo dei due giovani cuochi che citiamo oggi, quando la Callas cantava non era neanche nato, ma è il cuoco di un ristorante che ha un nome fantastico e mitologico, che potrebbe ben figurare in un atto di un melodramma di Verdi o di Puccini: l’Oste Scuro. Lo chef è Simone Lugoboni, e come piacerebbe a Maria, cucina pesce. Pesce a Verona, che non ha mare. Oddio, il Garda non è lontano. Ma non stupitevi: sono tanti gli esempi di ristoranti in città che sono totalmente “all’asciutto”, e che fanno cucina di mare. Uno per tutti Da Vittorio a Brusaporto, vicino a Bergamo. Consiglio: per una volta fatevi un regalo, andateci e non ordinate paccheri e cotoletta come fate ogni santa volta! Chiedete a Chicco, Bobo e ai restanti Cerea il menu di pesce e scoprirete il perché delle tre stelle Michelin che decorano la loro corona! Ma torniamo a Verona. Sentite le meraviglie che Lugoboni ci ha proposto: Alici fritte in farina di riso; Calamaro crudo con bottarga di muggine, gel di lime e menta; La nostra triglia alla nizzarda;
Il fritto in pappa!!! (al pomodoro)
Polpo di Sardegna con crema di zucca confit, zucchine trombette, zenzero e polvere di olive nere essiccate
Sampietro croccante con caponatina di verdura, salsa agrodolce, maggiorana e gel di mela e zenzero
Semifreddo al mango, salsa allo zenzero, spugna al cioccolato e rabarbaro candito
Una cucina, la sua, che sta virando decisamente nelle preparazioni verso una proposta più’ creativa, senza mai perdere la misura della tradizione. Molto bravo Lugoboni. Provare per credere.
Altra destinazione da scoprire è quella più vicina al mio cuore (sempre per la vecchia storia del mulino da riso del nonno), ma un po’ più lontana dall’Arena di Verona. Scendete nella bassa veronese e andate a mangiare alle 4 Ciacole, a Roverchiara. In realtà le “ciacole” son 4 (Locanda, Ridotto, Dispensa e Imbottito) a significare quattro diverse esperienze di cucina: ristorante, trattoria, bistrot e cicchetti. E soprattutto nella prima, alla Locanda, regna sovrano Francesco Baldissarutti, cognome nordestino di Santo Stefano di Cadore sotto le Dolomiti, scuole alte fatte nel ristorante di Giancarlo Perbellini con un passaggio al Celler dei Roca. Siamo arrivati in una sera di ottobre, e, in barba alla tradizione veronese, ci ha servito…
In apertura:
Foglia croccante di salsa verde; Finto cracker di cavolo cappuccio rosso fermentato, semi di lino e polvere di semi di finocchio; Il nostro grissino con farina semi-integrale e grani antichi; Gelatina di spuma d’arancia e artemisia; Farinata di ceci e pepe nero con gel di giardiniera e rafano,
Farfalla soffiata con burro leggermente affumicato, perle di acciuga e maggiorana
Come un sushi tiepido di polpo
Fusillone integrale al brodo di canocchie, cozze all’aceto di riso, oxalis e rafano
Colombaccio rosa, salsa all’ibisco, radicchietto di Verona grigliato, senape e gelatina di aceto di miele di castagno
Costina di Mora Romagnola come una porchetta cotta allo spiedo;
After eight menta, cioccolato, peperoncino e arachide salate
Cioccolato fermentato alla banana, crusca, cedro e polline
Chiusa straordinaria di cena inaspettata. Due giovani. Due già più che promesse.E un invito, una scusa per andare a gustare i baci di Giulietta, dolcetti al cioccolato, e gli zaleti, piccoli meravigliosi biscotti morbidi fatti di farina di mais, uvetta e pinoli (in qualche versione). Correte a provarli alla Pasticceria Cordioli di Via Cappello, vicino a piazza delle Erbe, prima che chiuda o forse ha già chiuso, come molti locali storici nei centri delle nostre città. Perché? Forse perché nessuno vuol fare quel lavoro. Forse. Resta il fatto che il mio amico Sergio resterà senza la sua torta di Profiteroles con cui da 50 e passa anni festeggiava il suo compleanno, e la mia mamma senza quegli Zaleti.
Che peccato…La pasticceria è memoria. Ci ricorda i giorni lieti. E la cucina pure. Veronesi, ricordatevene…Viva il Papa’ del Gnocco! Viva i risotti! Viva Romeo e Giulietta.Viva Verdi… e Viva Verona!
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
Triestino, partito dall'agenzia di pubblicità Armando Testa, ha ricoperto ruoli di vertice nei settori della comunicazione di aziende come Michelin, Honda, Telecom Italia. Oggi è consulente di comunicazione e marketing aziendale e politico, per clienti quali Autogrill, Thevision.com. Tiene lezioni all'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e a quella di Genova. È docente presso Niko Romito Formazione, Intrecci Scuola di Sala e In-Cibum. Presidente dell'Associazione "Le cose cambiano", che lotta contro il bullismo omofobico
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