In una società che spreca ancora troppo, anche la tecnologia può aiutare. Non basta comprare meglio o fare attenzione alle etichette: una parte importante dello spreco avviene dopo l’acquisto, dal frigorifero alla dispensa, da un un pasto saltato a una pietanza mal conservata. Secondo i dati dell’Osservatorio Waste Watcher, lo spreco domestico in Italia nel 2024 ha raggiunto una media di 566,3 grammi a settimana per persona: oltre 29 kg all’anno. Frutta fresca, pane, cipolle, verdura e insalate sono gli alimenti più spesso buttati. In tutto, le famiglie italiane sprecano ogni anno più di 1,7 milioni di tonnellate di cibo per un valore economico di 7,4 miliardi di euro, pari a oltre la metà dell’intero spreco lungo la filiera agroalimentare.
L’impegno di Irinox e il progetto con le scuole
«Quando si getta del cibo, non si perde solo materia prima. Si sprecano energia, acqua, lavoro, e si produce CO₂. Abbiamo calcolato che per compensare le emissioni legate allo spreco servirebbero sei alberi piantati ogni anno per persona», osserva Katia Da Ros, vicepresidente e amministratore delegato di Irinox, società benefit. L’azienda trevigiana, che da oltre trent’anni lavora nel mondo del freddo rapido per la ristorazione, ha portato queste tecniche anche nelle cucine domestiche.
«Lo spreco non si misura solo in soldi o in tonnellate. È anche un fatto educativo e culturale. Quando buttiamo cibo buono, ignoriamo l’effetto che questo ha sull’ambiente, sui costi familiari, sul rispetto del lavoro», continua Da Ros che con Irinox ha deciso di puntare sulla cultura dell’antispreco avviando un progetto educativo con l’Università di Padova e con il liceo artistico Bruno Munari di Vittorio Veneto. «In collaborazione con gli studenti - racconta - produrremo materiali grafici e video per aiutare le persone a gestire meglio la spesa e la conservazione domestica. Questo darà un supporto in più, perché molte persone non sanno nemmeno da dove iniziare per migliorare le proprie abitudini e sprecare meno».

Insieme contro lo spreco alimentare
Dall’industria alla cucina di casa: l’abbattitore come risposta
La battaglia contro lo spreco, però, non può fermarsi alla retorica. Servono strumenti, dati, esempi concreti. E possibilmente anche con piccoli gesti tecnologici: raffreddare la spesa appena fatta, rigenerare la cena, ritardare il degrado degli alimenti. Un modo diverso di intendere la conservazione, che non è più solo durata ma anche qualità e rispetto. A svolgere questo ruolo c’è l’abbattitore, strumento noto nei laboratori di pasticceria e nelle cucine professionali, che però può rappresentare una risposta concreta anche in casa. La proposta di Irinox è Freddy, «uno strumento multifunzione che rappresenta una sfida culturale perché prima di tutto bisogna far comprendere perché si tratta di un elettrodomestico utile al pari di un frigorifero o un forno microonde. Chi lo prova, spesso dice: «Mi ha cambiato più la vita più del microonde», sottolinea Da Ros.

L'abbattitore domestico Freddy di Irinox
Freddy: tecnologia semplice per la vita quotidiana
Molti ancora conoscono solo l’1 per mille delle potenzialità dell’abbattitore domestico. In particolare Freddy è silenzioso, compatto, ha un display intuitivo e cicli preimpostati per rendere semplice ciò che fino a poco tempo fa sembrava “roba” solo per addetti ai lavori. Freddy lavora su tre aree funzionali: freddo, caldo e cicli speciali. E permette la surgelazione rapida da freddo o da caldo, il raffreddamento della spesa, la rigenerazione di piatti pronti, la cottura a bassa temperatura, la lievitazione, la preparazione di yogurt e, in soli 15 minuti, di gelato express, la sanificazione del pesce crudo, il raffreddamento delle bevande e la routine per i pasti del bebè. «Non si tratta di tecnologie da chef stellati, ma di strumenti per gestire meglio la quotidianità. Abbiamo scoperto, ad esempio, che pochissimi sanno davvero come si dispone il cibo in frigo, quali sono le temperature giuste o cosa significa “da consumarsi preferibilmente entro”. Ognuno può fare la sua parte – conclude Da Ros -. Non cambieremo il mondo ma possiamo cambiare il nostro modo di trattare il cibo. Un poco alla volta».