È sempre l’anima che arriva diretta, come un pugno nello stomaco, nei piatti di Davide Scabin. Succedeva al Combal e al Combal.zero prima, accade oggi più che mai al Ristorante Carignano di Torino guidato da alcuni anni dallo chef più rivoluzionario che la nostra bella Italia abbia avuto negli ultimi quarant’anni. Checché se ne dica del resto Davide Scabin, con quella curiosità sempre in cerca di nuovi stimoli e quelle visioni che hanno portato la tecnica in cucina a sperimentare ben oltre la semplice conoscenza, è ancora oggi un’icona a cui guardare e in cui ricercare quella bellezza gustativa capace di rompere gli schemi di una logica sensoriale che, in questi ultimi anni, tende a un appiattimento generale.

Un ritratto di Davide Scabin. La foto è di Riccardo Pontiggia
Lo conferma il menu che lo chef piemontese ha pensato per ripercorrere un viaggio nel tempo all’interno dei suoi piatti iconici e che Scabin ha dedicato ai 100 anni del Grand Hotel Sitea, dentro cui si trova il ristorante Carignano.
Inaugurato la scorsa primavera, il menu sarà proposto fino al 2 novembre, il giorno del Dia de Los Muertos, altro appuntamento molto caro allo chef piemontese che lo considera una festa gioiosa, che celebra la soglia dove visibile e invisibile convergono, e i morti e i vivi si ritrovano in un clima di allegria.
Il viaggio gastronomico che si può vivere ancora per qualche settimana al Ristorante Carignano dunque, si chiama "250/100" e include portate molto care ai gourmet di tutto il mondo: si passa dal Cyber Eggs alla Fassona impanata al camino, dal Rognone al Gin all’Ostrica Virtuale, giusto per citarne alcune.

Il nuovo menu del ristorante Carignano
«Non è così scontato – commenta Davide Scabin - essere al posto giusto, al momento giusto. I 100 anni del Grand Hotel Sitea e del Carignano, il ristorante che dal 1925 ne accompagna l’attività di ospitalità, sono un traguardo importante che ho il privilegio di poter vivere in prima persona. Per celebrare questo anniversario, abbiamo intrecciato la lunga storia familiare e imprenditoriale del Sitea con la mia storia personale e professionale, ripercorrendo alcune tappe che hanno scritto capitoli di storia del gusto negli ultimi trent’anni, a suggello di un incontro che, per entrambi, ha segnato un punto di svolta tracciando la strada a ciò che ancora deve accadere. Perché alla fine questo è il senso di una antologia che apre una finestra sul passato: liberarne la forza propulsiva, farne uno strumento per una visione sul dopo».

Il menu è servito, secondo la visione scabiniana, seguendo l’Up&Down: i piatti cioè non vengono serviti con la sequenza convenzionale dall’antipasto al dolce, ma si comincia la degustazione dai principali, più adatti all’inizio del pasto quando l’appetito è maggiore per poi proseguire con le portate più leggere e fresche, più delicate e acide in modo da non sentirsi appesantiti alla fine del percorso.
Ma perché un menu chiamato 250/100? 100 sono gli anni del Grand Hotel Sitea, 250 invece rappresenta la somma degli anni che ciascun piatto compie nel 2025.

«Il Tonnato Combal nato nel 1996 festeggia i suoi 29 anni, per esempio, ed è “l’anziano” del gruppo – prosegue Scabin - mentre il cucciolo che compie solo 10 anni è il Cioccolato&Co. Quest’anno diventa maggiorenne il Tataky di melanzana con i suoi 18 anni. I piatti di questo menu sono frammenti di una lunga storia di cucina. Non solo la mia. Sono i frammenti di storia di chi in quella cucina ha lavorato, per anni o per poche settimane. E lo sono della storia di chi nei ristoranti dove sono nati, e dove sono stati serviti, ha mangiato, e spesso non una volta sola. Ma inchiodarli al passato significherebbe cristallizzarli, deprivarli di dinamicità. Ora sono qui, dislocati rispetto al mondo che li circondava, sono in un altro tempo e in un altro luogo e parlano con altre voci. Ascoltare queste voci, significa esplorare cosa è ancora vivo del passato per comprendere il cambiamento».

E così scopriamo che, appunto, il Tonnato Combal ha 29 anni (1996), la Fassona impanata al camino 17 (2008), il Rognone al Gin 16 (2009), il Tataky di Melanzana 18 (2007), il Soufflè di maccheroni 13 (2012), mentre il Langarol ne ha 15 (2010). E poi ecco la Zupizza con 22 (2003), l’Ostrica virtuale con 28 (1997), proprio come la Cyber Eggs, mentre Scabin 9.5K ne ha 20 (2005), il Cioccolato&Co 10 (2015), l’Eliocybercampari 22 (2003) e il Bombolino di mezzanotte 12 (2013).

Fassona impanata al camino
Partiamo dal fine pasto: l’Eliocybercampari e Bombolino di mezzanotte. Il primo, racconta lo chef, ha una nascita significativa: «Dopo sei mesi dall’apertura del Combal.zero, come sempre, mi mettevo nelle nicchie a osservare la sala e un sabato sera notai che c’erano, tra gli altri, un paio di tavoli con gruppi di amici ma nessuna goliardia. Da lì, l’idea di voler far ridere i commensali: a quell’epoca – spiega Scabin – ero sub e usavo già delle miscele per le immersioni. Così mi è venuta l’idea di utilizzare l’elio e di servire una risata: ho inserito la versione a doppia camera ripiena del Cyber Campari e il drink che si beveva quando si usciva dalle immersioni che per noi era Campari e Lemon Soda. Gli Smarties – aggiunge – sono invece un ricordo di infanzia, di quando ne vedevo la pubblicità con le fontane e i bambini che ci correvano sotto. Una immagine di gioia e felicità che, connesso alla risata, era perfetto».

E poi c’è il Bombolino di mezzanotte che nasce nel periodo in cui Scabin collabora a stretto contatto con il Pastificio Felicetti di Predazzo (Tn). «Un giorno incontro Riccardo Felicetti – racconta Scabin – che mi chiede come mai io non inserisca la pasta secca nel menu: la mia risposta è stata chiara, era troppo banale. Mesi dopo Felicetti arrivò al Combal.zero con dei pacchi di pasta e iniziò la mia sfida. Del resto ero libero da radici culturali legate alla pasta secca e mi sono ritrovato a osservarla come i designer fanno quando inventano un materiale nuovo: per me non doveva necessariamente essere un primo piatto, la vivevo in modo trasversale e per questo ne ho fatte di cotte e di crude. L’ho addirittura scotta, omogenizzata e chiamata, in questa forma di nuova massa, Pongo, caratterizzata da una rete glutinica già gelatificata. Per prima cosa ne ho fatto un soufflè sia dolce che salato, poi l’ho servita in forma di tacos, sfoglie, chips e infine ho provato a farla lievitare. Così è nato il Bombolino di mezzanotte, originariamente un bombolone salato farcito con scarola alla romana, acciughe e servito con una fonduta di Grana Padano, ma poi è diventato la chiusura del pasto nella sua versione dolce perché, è risaputo, sono molto connesso alla mezzanotte e mi piace celebrarla».

Ma a parte la goliardia che ha sempre suggellato i momenti trascorsi in compagnia di Davide Scabin e alcuni dei suoi piatti, emerge anche in questo menu un altro elemento: la figura dell’eroe, molto cara allo chef, ma forse non così evidente ai più. «L’eroe è un po’ un mio segreto, si tratta di un piatto che normalmente inserisco in un certo punto del percorso facendo in modo che ci sia una fase calante nella degustazione. È un po’ come se lo sacrificassi per indurre una critica su quel punto: un menu del resto non può essere tutto da nove o dieci perché diventerebbe noioso. Come in un’opera, dove ci sono fasi crescenti e calanti, deve esserci un momento senza troppa tensione che è fondamentale nello sviluppo del menu. È bene saper scegliere il momento calante per poi poter prepararsi al riattacco: senza quella pausa, la portata successiva non può essere alta come le precedenti. In questo menu, l’eroe è il Langarol (roll di Fassona, all’interno foie gras, carciofi gratinati e patate a fiammifero accompagnato da insalata condita con salsa di soia, ndr) che è uno dei miei preferiti, ma che se non possiedi la giusta sensibilità non lo percepisci. Per me, mangiarlo, è come vedere la fioritura dei ciliegi davanti al Monte Fuji ed è di una eleganza assoluta».