06-10-2025

Addio ad Aimo Moroni, gigante della cucina italiana

Si è spento a 91 anni il monumento toscano. Aprì il Luogo con Nadia, a Milano, nel 1962. Autore di piatti intramontabili come lo Spaghetto al Cipollotto e la Zuppa Etrusca, ha dato valore prima di chiunque ai migliori ingredienti e territori del Paese

Aimo Moroni (1934-2025), toscano di Pescia (Pistoi

Aimo Moroni (1934-2025), toscano di Pescia (Pistoia), ha aperto Il Luogo di Aimo e Nadia nel 1962 a Milano

Si è spento a Milano, nella notte tra il 5 e il 6 ottobre Aimo Moroni. Semplicemente noto come “Aimo”, Moroni è un gigante della cultura gastronomica italiana dell’ultimo secolo, un cuoco che ha dato valore, come nessuno e prima di chiunque altro, alle migliori materie prime del paese. Un professionista esemplare, sempre dedito a sostenere il lavoro di grandi e misconosciuti artigiani.

Un cuoco mai sceso a compromessi con le mode del momento, dalla cucina classica francese a quella dei giorni nostri, mai intento a “rivisitare” ma sempre a creare formidabili pietanze. Un interprete speciale di prodotti e ricette, sempre accompagnate da tecniche in anticipo sui tempi. Un signore che ha influenzato, più o meno direttamente, intere schiere di professionisti.

Toscano di Pescia (Pistoia), figlio di un carabiniere e di una cuoca, Aimo partì dalla stazione di Prato alla volta di Milano nell’aprile del 1946. Poverissimo, non aveva nemmeno 13 anni. All'ombra della Madonnina, lo accolse lo zio. «Non posso raccontare dei miei successi a scuola», ci raccontò un giorno, «perché la mia scuola è stata la vita e la cucina». Iniziò a lavorare da subito come lavapiatti o garzone. Il primo impiego importante fu al Carminati, un ristorante/night oggi estinto, nella centralissima piazza Mercanti. Era l’epoca in cui tanta ristorazione toscana cominciava ad affermarsi a Milano: Gioacchino, Da Biagio, Altopascio, Lucca. Tutte insegne gestite da compaesani.

Il 27 giugno 1955, il 21enne Aimo prende in gestione la sua prima cucina, una trattoria in via Copernico, nei pressi di Stazione Centrale. Al suo fianco c’è la madre Nunzia, classe 1909, una signora che aveva sempre svolto il mestiere di cuoca privata alla corte di famiglie importanti, in Italia e in Francia.

Nadia e Aimo in una foto d'archivio. Si incontrarono per la prima volta nel 1946: Aimo aveva 12 anni, Nadia 4

Nadia e Aimo in una foto d'archivio. Si incontrarono per la prima volta nel 1946: Aimo aveva 12 anni, Nadia 4

Aprirono insieme il Luogo di Aimo e Nadia nel 1962

Aprirono insieme il Luogo di Aimo e Nadia nel 1962

Ma l’incontro che gli cambierà la vita è con l’amica d’infanzia Nadia, compagna per oltre 70 anni. Nel 1962 aprono insieme in via Montecuccoli, nella periferia ovest di Milano, Il Luogo di Aimo e Nadia, per tutti semplicemente “Aimo e Nadia”. All’epoca era un semplice “bar-trattoria” ma il successo arrivò istantaneo: «Non c’erano una ragione reale che spingesse i clienti a venire fino a qui», dirà Aimo, «Eppure cominciarono a venire sempre più numerosi».

La cucina degli inizi reca una forte impronta delle origini toscane ma nel tempo estende il suo raggio alle altre grandi materie prime del paese, senza distinzioni di sorta tra nord e sud. Un campionario di straordinari prodotti che, decenni dopo, ancora troviamo nel menu del Luogo, con tanto di certificati di origine: burrate della Valsassina, cavoli di Creazzo, colature di alici di Cetara, capperi di Pantelleria, fagioli risina di Spello, farro della Garfagnana, peperoni di Carmagnola... Un concentrato di bontà scovate e coltivate con una passione che non ha eguali. Espressioni vive del territorio esaltate con una cura e un rispetto tali che la nascente critica gastronomica degli anni Settanta – Luigi Veronelli in primis – ne riconosce subito il valore rivoluzionario.

E' il periodo in cui nasce il mito dei due piatti simbolo di Moroni, tuttora in carta in via Montecuccoli: gli Spaghetti al cipollotto e peperoncino, forse la madre di tutti i piatti di pasta secca dell’alta cucina italiana. E la Zuppa etrusca, uno straordinario concerto di legumi e primizie dell’orto, ognuna cotta in tempi che rispettano profondamente la natura di ogni specie vegetale, un miracolo se pensiamo al valore pionieristico della preparazione, almeno mezzo secolo in anticipo sulle mode vegetali del momento.

Spaghetto al cipollotto e peperoncino ovvero Spaghetti Benedetto Cavalieri, cipollotto di Tropea, olio extravergine di oliva e basilico di Pra, peperoncino di Diamante o peperone di Senise

Spaghetto al cipollotto e peperoncino ovvero Spaghetti Benedetto Cavalieri, cipollotto di Tropea, olio extravergine di oliva e basilico di Pra, peperoncino di Diamante o peperone di Senise

Zuppa etrusca

Zuppa etrusca

Nel 1980 la prima stella Michelin inaugura un decennio importante, per la nuova veste che assume il ristorante, più rigorosa e in linea coi dettami dell’alta cucina dell’epoca. E per i riconoscimenti che iniziano a piovere da ogni direzione: il lusinghiero 17/20 nell’edizione 1982 della guida francese di Gault e Millau, i cronisti che pochi anni prima favorirono la nascita della Nouvelle Cuisine, l'interesse della stampa giapponese e il diploma di “Cucina Eccellente”, conferito dall’Accademia della Cucina Italiana.

Gli anni Novanta sono quelli della seconda stella Michelin (1990, recentemente tornata a una), dell’ingresso della figlia Stefania nell’attività di famiglia e di una nuova ondata di riconoscimenti importanti, in Italia e all’estero (per Wine Spectator «Aimo e Nadia è, per acclamazione, il più grande e puro ristorante di cucina italiana»).

Moroni ha partecipato in veste di relatore a incontri importanti all’Accademia di Belle Arti di Brera, l’Università Cattolica, il Politecnico di Milano... Ha ottenuto l’Ambrogino d’oro dal Comune di Milano nel 2005, l’anno in cui entrarono in cucina Alessandro Negrini e Fabio Pisani, i garanti del futuro del Luogo (per noi di Identità, furono i cuochi italiani dell’anno 2014). Nel 2012, in occasione del cinquantenario del ristorante, Milano Expo 2015 omaggiò Aimo e Nadia con un evento importante al Piccolo Teatro.

GIGANTI. Con l'amico e collega Gualtiero Marchesi, scomparso il 27 dicembre 2017

GIGANTI. Con l'amico e collega Gualtiero Marchesi, scomparso il 27 dicembre 2017

Aimo con i colleghi Corrado Assenza e Massimiliano Alajmo. Li legava una sintonia speciale

Aimo con i colleghi Corrado Assenza e Massimiliano Alajmo. Li legava una sintonia speciale

Con Gianluca Fusto, pasticciere e allievo di Aimo

Con Gianluca Fusto, pasticciere e allievo di Aimo

L’Italia perde un monumento. Un signore che ha sempre detto che «La grande cucina non è né ricca né povera. È semplicemente buona». Un'alchimista della semplicità, per il quale è sempre stato inevitabile il confronto con Gualtiero Marchesi, l’altro grande padre della cucina italiana contemporanea, scomparso il 26 dicembre 2017, a 87 anni. «Li divideva una grande differenza», spiegò bene a suo tempo Corrado Assenza, uno che conosceva bene entrambi, «Gualtiero non aveva mai fatto una vera e propria gavetta, era un prodotto dell’alta borghesia milanese. Aimo aveva un’estrazione popolare, lo cominciò a muovere la fame del secondo dopoguerra».

«Aimo aveva un vissuto molto diverso da quello di Gualtiero», ci raccontò Massimiliano Alajmo, autore peraltro del piatto Al Aimo e di un master di cucina tutto dedicato a Moroni, «il toscano arrivò a Milano poverissimo, a 13 anni. Sognava guardando le vetrine, immaginava il gusto delle cose. Ha influenzato molti colleghi, salvato e fatto crescere tantissimi artigiani. Ecco, rispetto a Gualtiero, Aimo è sempre stato molto più vicino all’artigiano che al cliente. Aimo celebrava la gastronomia come nutrimento essenziale, Gualtiero come nutrimento mentale. Due uomini grandi, molto distanti per linguaggio e modalità. Ma in questa distanza ho sempre visto una grande vicinanza. In fondo, avevano la stessa missione: migliorare la cucina attraverso la bellezza».

Con la figlia Stefania

Con la figlia Stefania

Tra il pugliese Fabio Pisani e il valtellinese Alessandro Negrini, suoi eredi al Luogo

Tra il pugliese Fabio Pisani e il valtellinese Alessandro Negrini, suoi eredi al Luogo

Il giorno della scomparsa di Gualtiero, lo stesso Aimo celebrò così l’illustre collega milanese: «Capimmo da subito la sua grandezza, non solo nei piatti ma nell’organizzazione complessiva, di cucina e sala, un merito storico che dobbiamo riconoscergli. Una volta cucinai per lui al Four Seasons un risotto ai fiori di zucca e tartufo. Ne mangiò due di fila. Poi mi disse: ‘Se rimango qui ancora un po’ non ne rimane più per gli altri’. Perdo un amico vero, lascia un vuoto enorme». Un vuoto delle stesse dimensioni di quello che lascia Moroni.

Al qual proposito giova ricordare un dialogo recente, testimone la giornalista Sonia Gioia per il Gambero Rosso. «Il più grande torto che potrebbero farmi Fabio Pisani e Alessandro Negrini?», spiegò Aimo rivolto alla moglie Nadia, «Cancellare i nostri piatti dalla carta. Se cancelliamo cicoria e fave, la pasta con le sarde, cancelliamo il mio lavoro ma anche Sciascia, Pirandello e Manzoni in un colpo solo». La moglie lo rassicurò: «Tranquillo amore, non ci pensano nemmeno». Aimo: «Non solo sono tranquillo, con quei due ragazzi sono al sicuro».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Gabriele Zanatta

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Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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