Seguiamo con attenzione e affetto Domenico Marotta sin dai suoi esordi. Ci ha convinti subito, dalle primissime battute in cucina ha dato segnali da grande chef. Era il 2019 quando ha inaugurato il suo ristorante Marotta a Squille, frazione di Castel Campagnano, nell’Alto Casertano: mostrava sulle prime una timidezza forse frenante, sulla quale però il talento ha avuto la meglio. Identità Golose scrisse di lui già nel 2021, leggi Radici & innesti di Domenico Marotta: la cucina dell'armonia, della grazia: in effetti, anche se gran parte della stampa non se n'era ancora accorta, grandi chef si preoccupavano di segnalarlo (e segnalarcelo) come giovane fenomeno, adn esempio attraverso i TheFork Awards con Mastercard di quell'anno - erano Enrico Crippa e Andrea Berton con i quali aveva collaborato in precedenza. Chi scrive a sua volta frequenta il ristorante fin da allora, sempre con entusiasmo.
A Squille ci devi proprio andare di proposito, essendo in aperta campagna, sulla bellissima piana di Caiazzo, distante dai centri cittadini e dalle autostrade. L’eleganza e la piena sintonia con il mondo vegetale sono indubbiamente gli elementi che hanno acceso l’attenzione sulle alte capacità di Domenico. È pur vero che le materie provenienti da orti e dal foraging sono di tendenza, ma qui si nota indubbiamente una marcia in più. C’è un sentire che viene spontaneo, una innata passione a camminare nella natura osservando con sensibilità ogni singolo elemento, insieme ai tanti cambiamenti, alle infinite varianti legate al ciclo delle stagioni.
Al Marotta, la stella Michelin è arrivata con l’edizione 2025 della guida, dando una bella spinta a questa realtà fuori dai circuiti più frequentati. Pochi giorni fa la Guida ai Ristoranti del Gambero Rosso gli ha riconosciuto le Tre Forchette, con grande soddisfazione della squadra.

Domenico Marotta e Anna Coppola
Botanika è il filo conduttore del percorso degustazione, un progetto preciso che mette insieme prodotti appartenenti alle stesse famiglie botaniche, valorizzandole nel momento della stagione in cui esprimono al meglio la propria essenza, con l’intento di raggiungere la massima armonia nel piatto. E il risultato conquista il palato portata dopo portata. Al tavolo lo racconta l’inseparabile
Anna Coppola, sommelier e responsabile di sala. Nonché l’amica con la quale
Domenico si reca sulle colline caiazzane e sul Monte Matese per raccogliere erbe spontanee e altri elementi della terra, guidati da un esperto agronomo.
Nel menu troviamo elencate rosacee, leguminose, ombrellifere, solanacee, asteracee, cucurbitacee, rutacee, che chef Marotta mette insieme nei piatti con grande maestria, fino a sublimare il pensiero di partenza. Radici & Innesti è da sempre il nome che dà ai percorsi di degustazione: da cinque portate a 75 euro, da 7 portate a 95, da 9 portate a 120. È disponibile anche un menu à la carte.
Il percorso degustazione:
S'inizia con un ampio aperitivo (
Melanzana e maggiorana; Consommé di zucchine alla scapece; Insalata di pomodoro gel; Bieta e furikake campano; Lattuga e cappero; Carotina e gomasio; Fiori di zucca in tempura e tandoori mantecato; Cappero e bergamotto; Lumache aioli; Gamberi: gli amouse bouche sono sempre stati l’asso nella manica di
Marotta, il migliore benvenuto che si possa desiderare – specie se si amano i vegetali.
Poi ecco
Gamberi e rosacee (mandorla, susine, pesca, pera, rosa e gazpacho blanco), piatto di grande eleganza, che manifesta tutta la sapienza dello chef nel mettere insieme così tanti elementi. Segue
Merluzzo e leguminose (lupini, fagiolini, ceci, fagioli bianchi, piselli).
Nei primi piatti lo chef sembra proprio divertirsi e ognuno di loro esplode al palato:
Risotto, provola, lapsang e limone al sale precede
Pasta, pepi, lupini di mare e pecorino, a chiudere ecco
Ravioli, solanacee e ‘nduja (melanzana, friggitello, tabacco, peperoncino)

Risotto, provola, lapsang e limone al sale

Pasta, pepi, lupini di mare e pecorino

Ravioli, solanacee e ‘nduja
I secondi tornano sull’onda dell’eleganza, della piena padronanza delle materie prime, sia nel caso della ricciola che del piccione, confermando anche la profonda cultura acquisita nel trattare entrambi (
Ricciola e cucurbitacee, ossia cetriolo, zucchine, semi di zucca e talli; e
Piccione alla leccarda).
Nel dessert lo chef ha scelto la naturale dolcezza discreta dei legumi, esaltandoli con elementi della terra di carattere, come la liquirizia e le arachidi:
Leguminose dolci, con carruba, liquirizia, arachidi e fagioli bianchi.
I petit fours finali chiudono con coerenza espressiva un'esperienza di altissimo livello: Susina e tajin; Consommé di pesca; Ibisco e spezie; Gelatina di prugna gialla e lime; Brutti ma buoni alla nocciola di Giffoni; Marshmallow alla lavanda di Squille.