Le Campestre è un calderone di cose che fanno bene. Un racconto corale in cui convivono il territorio, i contadini e quei sapori autentici valorizzati con misura e intelligenza comunicativa da Manuel Lombardi con la sua famiglia. Andarli a trovare a Castel di Sasso, nell'Alto Casertano, dovrebbe diventare un appuntamento fisso: un check-up necessario per liberarsi delle tossine accumulate e ritrovare una ristorazione che non si affanna a rincorrere il tempo. Chi li ama, lo ha capito bene: bisogna sintonizzarsi sul loro passo, accettarne il ritmo ed entrare, così, nel loro spazio.
Manuel Lombardi, con garbo e competenza, prende posizione nel settore senza bisogno di proclami. Le mode le osserva passare e, nel frattempo, consegna un modello concreto e replicabile di ristorazione rurale, fondato sulla coerenza e su una profonda idea di verità. È lui a tenere il filo di questa trama silenziosa. Frontman senza clamore, Manuel pratica l'ascolto prima della parola. Restituisce voce a contadini, artigiani e piccoli produttori, senza mai raccontarli dall'alto. I protagonisti restano i gesti, la terra, le mani, i prodotti. Il suo lavoro è una traduzione onesta e comprensibile. Mai semplificata e nemmeno spettacolarizzata, piuttosto è una ricetta bilanciata e perfetta.

I dintorni de Le Campestre
La famiglia Lombardi, restare come scelta
Negli anni '70 la famiglia Lombardi si trasferisce nel Nord Europa, nel tentativo di cercar fortuna e d'inseguire un'idea di vita più comoda. Non bastava. Tornano a casa e decidono di tenere aperto il cancello, insieme alle loro abitudini. A tavola arriva quel che c'è: di giornata, di stagione, coltivato da Franco e cucinato da Eulalia, padre e moglie di Manuel. Non ci sono bibite gassate, drink improvvisati, né menù per i bambini. In sala si muove Liliana, padrona di casa, che ha cresciuto i suoi figli, Manuel compreso, nella genuinità: visto il risultato, somministra la stessa cura a tutti, che siano grandi o piccini.

Non è rigidità, è una normalità antica che qui continua a funzionare. Alle ore 13.30 in punto suona la campana. È un gesto antico, concreto, che non ammette eccezioni. Tutti a tavola, insieme, come a casa. Seduti ad osservare, ci si accorge subito della novità: l'assenza totale di ansia da performance. Si mangia bene, certo, ma soprattutto si mangia vero, senza attraversare quella retorica dell'eccellenza che spesso svuota di senso anche i piatti migliori.
Il Conciato Romano: identità del territorio
Emblema di questo modo di vivere e di pensare è il
Conciato Romano, antichissimo formaggio prodotto alle
Campestre con rigore e pazienza. Un pecorino che non vuol essere trofeo, né qualcuno sente il bisogno di rivendicarlo come unicità assoluta. È semplicemente ciò che è sempre stato: un prodotto identitario, deciso, non accomodante. Richiede rispetto e attenzione, come il territorio da cui nasce. Il
Conciato Romano porta con sé una storia millenaria di necessità, conservazione e ingegno contadino. Mangiarlo alle
Campestre significa ascoltare quel racconto senza filtri, entrare in contatto con una tradizione che resiste al tempo e che continua a parlare attraverso il gusto diretto dei suoi sapori.
I nostri assaggi tra gusto e condivisione
Alle
Campestre, il pasto inizia con pani assortiti preparati in casa, che profumano di buono e di forno a legna, accompagnati da piccole prelibatezze disposte al centro del tavolo:
Frittatina di ricotta e verdura di stagione,
Olive caiazzane,
Verza rossa sott'aceto,
Minestra di ceci e castagne,
Primo sale con pomodorini,
Affettati di suino di razza casertana, salsiccia e pancetta. L'invito è esplicito: condividere, assaggiare, conversare.

Minestra di ceci e castagne
Seguono due primi piatti.
Cavatelli della nonna Maddalena, pasta fatta in casa con il grano Autonomia, un'antica varietà di grano tenero tradizionale, oggi riscoperta da alcuni produttori dell'Alto Casertano che puntano alla biodiversità e alla qualità organolettica delle farine, nonché ad un profilo aromatico ricco, molto diverso da quello dei moderni grani da industria. La scelta di utilizzare grano Autonomia è una dichiarazione di identità territoriale. Il grano qui non è un ingrediente generico, ma un elemento che collega la pasta alla terra da cui proviene, restituendo al palato l'eco di metodi di coltivazione responsabile, di mani contadine e di una memoria gastronomica che attraversa le stagioni senza per questo scadere nella nostalgia da storytelling.

Cavatelli della nonna Maddalena
I cavatelli sono conditi con vellutata di zucca lunga napoletana, timo e
Conciato Romano stagionato in anfora per sei mesi. Subito dopo arrivano le
Pantacce autunnali, pasta larga con bordi ondulati, condita con salsiccia di maiale paesano e funghi. Per chi desidera un secondo assaggio, le pirofile vengono portate tra i tavoli per un goloso ed appagante ripasso. Si prosegue con
Stracotto di suino al mosto cotto di vino Casavecchia, vitigno autoctono dell'Alto Casertano, accompagnato da crema di patate del monte Maiulo.
E lentamente giungiamo alla degustazione del
Conciato Romano, già apparso in qualche preparazione, ora al centro dell'attenzione, servito con frutta di stagione o confettura. Il pasto si chiude in dolcezza con una torta di mele casalinga, semplice e deliziosa. Il menù, al costo di 45 euro, comprende acqua, il
Succo d'uva di Franco, vino prodotto con uve Pallagrello e Casavecchia (annata 2024), liquore della casa e caffè.
A Castel di Sasso, alle
Campestre, è la misura del territorio a dettare il tempo, insieme alla voce dei contadini, alla pazienza dei formaggi, alle cotture lente. E si va via con una forte sensazione di verità, di scelta consapevole. Il che dovrebbe rappresentare una lezione semplice, purtroppo sempre più difficile da trovare. Ma che ci ricorda, ancora e ancora, come la ristorazione possa e dovrebbe essere cura, memoria e presenza.
Agriturismo Le Campestre
Via Strangolagalli 3 - Castel di Sasso (Caserta)
tel. +39 0823 878277 o +39 334 0580014
lecampestre.it
Aperto sabato e domenica a pranzo, consigliatissima la prenotazione
Menu fisso 45 euro (acqua e vino incluso)