28-11-2025

Sotto una buona (e nuova) Stella: il trionfo di Fabio Abbattista in Certosa District, a Milano

Lo chef di origini pugliesi, ex-Albereta in Franciacorta, lo scorso 19 novembre conquista il primo macaron della Guida Michelin, che porta nuova linfa in questo vibrante quartiere meneghino. Ma cosa significa per il cuoco di Abba questo risultato?

Lo chef Fabio Abbattista 

Lo chef Fabio Abbattista 

Sono due i ristoranti a Milano che si aggiudicano per la prima volta una stella Michelin: da Procaccini, guidato dal giovane Emin Haziri, mentre spostandoci in zona Certosa, conquista il suo primo macaron, a distanza di un anno dall’apertura anche Abba, nuova casa dello chef Fabio Abbattista, dopo un denso decennio all’Albereta Relais & Château, a Erbusco in Franciacorta.

È tanta l’emozione di Fabio, ancora incredulo di quanto sia accaduto lo scorso 19 novembre a Parma. Perché c’è un prima e un dopo la conquista della stella Michelin, e questo Abbattista lo riconosce, per esempio, dall’impennata delle prenotazioni piovute nella casella mail il pomeriggio stesso della presentazione della Guida. Certo, aveva già sentito di come questa sia in grado di smuovere i flussi, eppure non pensava al punto di dover potenziare la squadra, essendo raddoppiato il numero di commensali tra pranzo e cena.

Ci sarà da attrezzarsi, insomma; nulla a cui energia ed entusiasmo non possano ovviare, perché, dopotutto, «questo premio è arrivato al momento giusto», come dichiara lo stesso Abbattista.

«Questa stella è la coronazione di tanti sforzi, di un anno intenso di lavoro, la conferma di essere sulla buona strada», aggiunge. E questo conta tanto per chi, sin dall’inizio, ha sempre avuto le idee chiare su ciò che desiderasse creare all’interno dello spazio in cui ora vive Abba.

La sala del ristorante Abba

La sala del ristorante Abba

Era tratteggiata a matita, nella sua mente, la sostanza di quel luogo, che accoglie come in una grande casa, un loft pervaso da una luce bellissima, morbida; tonalità tenui, terrose, che anticipano agli occhi, la maniera in cui la materia viene percepita. Ecco spiegate anche le ceramiche, grezze, dalle linee gentili, porose.

L'ingresso del ristorante

L'ingresso del ristorante

Non c’è più del necessario intorno, e così la mente si distende, respira e viene catturata interamente dai gesti che si dipanano nella splendida cucina a vista. Non uno spazio asettico, separato, filtrato: qui non esistono barriere, la visuale è pulita, come un orizzonte creativo che si staglia dinanzi all’ospite.

L'ex pennellificio in cui oggi vive Abba

L'ex pennellificio in cui oggi vive Abba

Dopotutto gli spazi dell’ex-pennellificio in via Varesina 177 lo consentono a pieno. Ampiezza di vedute, essenzialità: tutto incontra le esigenze di Fabio che, si innamora di quel posto sul quale inizia a lavorare minuziosamente per dare forma ai suoi pensieri.

Foto di Vincenzo Moraca

Foto di Vincenzo Moraca

C’è il contesto, quindi, ma c’è soprattutto sostanza. La possibilità di potersi finalmente ascoltare e di farlo fino in fondo. «Ne parlavo qualche tempo fa con Antonia Klugmann: quando un progetto è tuo, sperimenti una libertà mai provata prima». Non esistono freni o condizionamenti; il cuoco entra sempre più in confidenza con sé stesso, osa, perché sa che quella scelta riflette un sentire immediato, imperturbabile. Il suo. E sebbene il peso del locale sia totalmente sulle sue spalle, ogni cosa a suo modo è lieve, ogni sforzo conta e ne vale sicuramente la pena.

Come conta esserci: soprattutto in questa dimensione, un po’ sconnessa dal cuore della città, eppure attraente al punto da divenire meta. In tanti vi arrivano e sono felici di farlo, perché una volta approdati in Certosa ne apprezzano la tranquillità. In un certo senso, è il quartiere stesso a suggerire e definire la tempra di Abba: creare bellezza dove prima c’era poco e nulla.

Conta anche essere aperti a pranzo, una scelta che Abbattista ha voluto mettere in campo sin da subito: «Credo sia impensabile concepire un ristorante che resti chiuso a pranzo; in quanto tale, offriamo un servizio, e questo ci aiuta a conoscere un pubblico diverso rispetto a quello della sera».

Sono tanti i sorrisi; c’è un senso di festa negli sguardi e nei gesti, nell’allegrezza di chi arriva al ristorante e partecipa al traguardo raggiunto.

Lo chef Atsushi Tanaka in uno scatto di Vincenzo Moraca

Lo chef Atsushi Tanaka in uno scatto di Vincenzo Moraca

E poi ci sono occasioni per guardare oltre, e mettere in connessione chi si ispira a una pari essenzialità visiva, a una concentrazione di gusto tanto profonda quanto nitida, sostenuta da una tecnica affinata negli anni, la stessa che accomuna tanto Fabio Abbattista e il suo ospite per una sera, il cuoco giapponese radicato a Parigi, Atsushi Tanaka del ristorante A.T..

Carota, granchio e fava tonka

Carota, granchio e fava tonka

Piccoli petali di carote e la loro essenza conducono a una bisque di granchio e alla sua polpa in una zuppa profumata alla fava tonka; tra due veli di barbabietola, una tartare di capasanta rilascia il segno inconfondibile del bergamotto, che assorbe la dolcezza terrosa della rapa – è l’avvio di Atsushi. 

Capesante, bergamotto e rapa rossa

Capesante, bergamotto e rapa rossa

L’inizio di Abbattista, invece, è segnato dall’incontro delle puntarelle di stagione con la salinità del cappero, tenue, a tratti dolce; e pari dolcezza viene rintracciata nella Soup d’oignon, la zuppa di cipolle, un omaggio alla città d’adozione di Atsushi, servita nella buccia di una cipolla di Montoro, il cui stracotto viene sovrastato da una spuma leggera di patate, mentre in cima la liquirizia apporta quasi un’intensità carnosa, succulenta.

Risotto, cardo gobbo e castagne affumicate. Tutte le foto dei piatti sono di Vincenzo Moraca

Risotto, cardo gobbo e castagne affumicate. Tutte le foto dei piatti sono di Vincenzo Moraca

Segue il Risotto, condito con una crema al cardo gobbo, setosa, e poi in cima, castagne affumicate, tè nero e semi di finocchio che schiudono un piacevole e inatteso balsamico.

Anatra alla brace

Anatra alla brace

Ipnotizzante, l’Anatra alla brace, per la sua capacità di contenere in un piatto 10, o almeno quanti sono i condimenti che accompagnano questa carne: un piatto pensato coralmente dai due cuochi. Niente bassa temperatura, l’anatra viene prima cotta a 60°C in forno, quindi passata sull’osso in padella per ottenere una pelle croccante; quindi, viene affumicata con un passaggio alla brace, e arricchita dalla complessità delle erbe aromatiche. A parte, da abbinare boccone dopo boccone, a piacere, gel di limone nero, gel di aglio nero, cetriolo pickled, rapa pickled, foglia di fico fermentata, peperoncino brasiliano fresco, pesto di foglia di fico e yuzu fermentato. La carne mantiene la texture di una cruda, ma poi concentra tra le sue fibre tutta la succosità di un calore trasmesso docilmente.

Sul finale, tracce di cedro e timo, l’agrume è un elemento persistente nella cucina di Atsushi, mentre la chiusura in stile Abba è una Focaccia soffice, dal morso consistente, profumata all’arancia con gelato al Marsala, dalla traccia alcolica delicata. Alchimie streganti.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Marialuisa Iannuzzi

di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, dal 2021 è redattore per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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