Sappiamo molto poco della cucina cingalese che no, non è una copia di quella indiana, sebbene il timbro speziato ci porti a pensare che siano praticamente identiche.
Mutano gli equilibri tra ingredienti, è ricca e a tratti potrebbe anche risultare pesante, se non fosse per chi è in grado di calibrarne le componenti di portata in portata, e offrirne una visione armonica, piacevole, come sa fare bene Tanishka Milan, chef del ristorante Tanishka a Milano, inaugurato tre anni fa, e di recente migrato in zona No.Lo. nella sede che oggi ospita lo store di Cargo.

Il focus è il medesimo sin dal giorno zero: far conoscere l’autentica cucina cingalese, quella di casa, preparata con una materia prima originaria proprio dallo Sri Lanka. Non è un caso che buona parte degli ingredienti del menu serale, disponibile dal giovedì al sabato, raggiungano gli spazi di Via Meucci 50 ogni mercoledì, puntuali: il peperoncino, il riso e la sua farina, la curcuma, una selezione di frutta e vegetali qui irreperibili o se sì, di una qualità inferiore rispetto a quella ambita. A pranzo, invece, la proposta punta su prodotti stagionali italiani di cui Milan è grande promotore, trasportando alcune eccellenze nostrane anche nei piatti della cena. Pensiamo al Kiribath, una polentina di mung beans (il fagiolo mungo, dal gusto dolce e delicato) e riso mantecato con latte di cocco fresco, cipolla di Tropea caramellata agropiccante, maionese al peperoncino e in cima un coregone essiccato carnoso, con una bella spinta salina.

Gli antipastini golosissimi di Tanishka
E arriviamo al tema piccante: sono diversi i piatti “belli incazzati”, come ama scherzare Milan, niente che non consenta, però di abbracciare sul palato gusto e consistenza di tutti gli altri ingredienti. «Se non lasciassi percepire il resto, il mio ruolo sarebbe del tutto inutile. È compito del cuoco saper bilanciare a dovere gli ingredienti e lasciare che si apprezzi anche quella spinta piccante, senza trascinare nell’oblio tutto il resto», commenta Milan. Una cura percepibile già nella preparazione del curry: che non è una miscela di polverine fatta e finita, ma una cottura precisa, un sugo corposo che accoglie carni, pesce, verdure, spezie sempre diverse da non aggiungere tout court nel brodo o in una salsa senza criterio. Al contrario, vanno prima accuratamente tostate così da evitare quella fastidiosa sensazione farinosa che appiattisce il palato e sfocia in un amaro impastato.

La sala del ristorante Tanishka, a Milano
Si impara tanto alla tavola di Tanishka, perfetta tra le varie cose per gli intolleranti al glutine. D’altronde la produzione di grano in Sri Lanka è davvero limitata e perciò si punta soprattutto sul consumo del riso utilizzato anche sotto forma di una farina sottilissima, base di un vasto assortimento di piatti tipici. Uno su tutti il Pittu: si parte dalla farina, ruvida, impastata con appena un goccio d’acqua e condita con abbondante cocco rapè per irrobustine la consistenza e apportare gusto – ingrediente che si ripete anche per domare i toni accesi -; dopodiché il composto viene aggiunto in un cilindro di alluminio e cotto a vapore. Una volta pronto, viene servito con del curry – il nostro con pesce spada - e poi uno stufato di kekiri al tamarindo, a metà tra un meloncino e un cetriolo, dalla polpa soda e poco acquosa.

Il Pittu, un piatto a base di farina di riso
Il cilindro viene svuotato nel piatto e la sua massa sgranata gradualmente, boccone per boccone, come un cous cous, in accompagnamento agli intingoli. Il cocco e la sua ruvidità assorbono il leggero piccante, ma anche il timbro amaro del pesce spada, mentre il kikiri è pulente, appena acerbo. Riso, che torna anche nel piatto per eccellenza, una pietanza che fa tanto casa, famiglia, celebrazione, gioia. Parliamo del Batmule con riso speziato, melanzane dolci fritte, spezzatino di manzo piccante, gamberi piccanti, friggitelli in acciaru, quindi fermentati nell’aceto di cocco e semi di senape nero, curry di jackfruit, per consistenza assimilabile a un pulled pork, impiegato nella realizzazione di carni vegetali, poi anacardi fritte e pappadom da sbriciolare e mescolare con tutto il resto.
Cucina zero glutine, ma anche zero lattosio e questo per un principio tanto basilare quanto curioso: il popolo cingalese non apprezza le note lattose, trovandole sgradevoli all’olfatto e perciò cerca di limitarne al massimo l’uso, burro compreso.
Quello al Tanishka è un breve, ma intenso viaggio nel cuore di una cucina che ha tanto da raccontare: potente, ricchissima, deliziosa.