L'acqua. Anche se il deserto nel quale si era inoltrato fosse stato puramente simbolico, San Girolamo sarebbe sopravvissuto un paio di settimane senza mangiare, ma solo qualche giorno senza bere.
Il corpo di un adulto è composto per circa il 65% di acqua, è cosa nota; quello di un neonato addirittura per il 75-80%. La frutta può arrivare a contenere fino al 95% di acqua, così come la verdura. La carne stessa contiene circa il 70% di acqua; e, con proporzioni solo leggermente diverse, lo stesso discorso vale anche per il pesce.
Anche San Cristoforo, colui che ha portato Cristo (Χριστὸν ϕέρω: «porto Cristo»), patrono di tutti coloro che si spostano, attraversava acque.
Ci è parso dunque normale – forse addirittura inevitabile – debuttare il nostro viaggio nel cibo dall'elemento primario di quasi ogni ingrediente che finisce sulla nostra tavola, o nella nostra bisaccia.

La Romea Strata. Nel tratto che abbiamo percorso, il cammino è molto variegato, attraversa le montagne e le valli del Trentino Alto Adige fino ad arrivare al Passo Pian delle Fugazze che attraversa la Catena del Monte Pasubio fino a scendere nella Pianura Padana, direzione Schio. Il territorio è caratterizzato da una natura selvaggia e verdeggiante. Molti sono i punti di interesse storico e religioso; l’enogastronomia risente delle varie tradizioni etniche insediate in queste terre.
«Mi fido dell'acqua»: in questo si sentiva veneziano
Ugo Eugenio Prat, alias
Hugo Pratt. È fondamentale capirlo, dal momento che camminare lungo la
Romea Strata da Rovereto a Schio significa inseguire il fantasma di Venezia. In questo viaggio l'acqua e Venezia si fondono continuamente. Ogni volta che guarderemo l'una, ci vedremo, nel contempo, riflessa l'altra. Ma che cosa significa in realtà “fidarsi dell'acqua”?
Per esempio: fidarsi dell'acqua non equivale a confidare nel mare; questo no di certo. Pandora lo sa bene: in fondo, ogni nave è un guscio di noce. C'è da stupirsi, ogni volta che una nave fa ritorno. In Una ballata del mare salato, l'Oceano Pacifico vede una nave superstite ed è stupefatto e incredulo: «Non so come sia riuscita a farcela». Si potrebbe pensare che è il vento, ma in realtà è l'astuzia a far muovere le navi. L'astuzia a muoverle; e un po' di bona fortuna a farle arrivare («Forse è perché il capitano Rasputin è uno che sa il fatto suo e i suoi marinai sono delle isole Figi. Oppure perché hanno un patto col diavolo», continua l'Oceano).
Fidarsi dell'acqua non è nemmeno lo stesso che “affidarsi all'acqua”. Affidarsi all'acqua è ciò che fanno i naufraghi. È dalla schiuma che nasce ognuno di loro, come già fu per Afrodite. L'onda che sbarca il naufrago su quella battigia conosce la geografia del destino: quell'onda l'ha trasportato là dove il suo personale destino voleva che lui si trovasse. Ogni naufrago è un eroe soprattutto nella misura in cui può cominciare il suo viaggio. E, con esso, svelarsi a sé stesso.
Ma “fidarsi dell'acqua” ha un altro significato, un significato che porta a Venezia.

I nostri pellegrini golosi a Rovereto

Verso la Campana dei Caduti a Rovereto

La Campana dei Caduti, Maria Dolens, a Rovereto. È una campana commemorativa dei caduti della prima guerra mondiale. Si trova sul Colle di Miravalle, appunto a Rovereto. Venne realizzata nel 1925

Al Mart, museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Le prime acque che incontriamo sono quelle del
Leno. Noi seguiamo l'acqua, ma partiamo dalla fine. È proprio presso Rovereto, infatti, che il Leno termina la sua corsa, confondendo le proprie acque con quelle dell'Adige. Rovereto è il nostro punto di partenza, e a Rovereto già ci aspetta Venezia. L'acqua trasporta suoni come trasporta sogni: vera o presunta che fosse, era credenza comune che fosse stata Venezia a introdurre a Rovereto l'industria serica. E questa suggestione vale ancora oggi. Cioè a dire: l'acqua serve a tessere, ma anche a conservare i sogni che trasporta. Una cosa è però certa: Venezia in Vallagarina pianta gelsi. Quando, un secolo dopo, Rovereto torna al Sacro Romano Impero, gli Asburgo mantengono questo stato delle cose.
Risaliamo il corso del Leno di Vallarsa fino a Camposilvano. Salendo da Rovereto a Camposilvano, le sue acque bagnano ogni passo del nostro percorso. Anche a Corto Maltese, in Favola di Venezia, sembra di cadere verso l'alto.
Attraverso il passo Pian delle Fugazze passiamo in Veneto. Non lontano dal
Rifugio Balasso, c'è la cascata di Brazzavalle. La corsa dell'acqua tra il punto di volo e il successivo punto d'impatto ricorda il salto di milioni di cavalli. Quando morì
Efestione,
Alessandro Magno si tagliò la chioma e fece tagliare la criniera a tutti i cavalli. Qui i cavalli non parlano di lutto, e hanno ancora le loro mille criniere di ghiaccio. Anche questo porta a Venezia, fino ai piedi della Basilica.
I Cavalli di San Marco: percorsero l'Egeo, quel mare che prende il nome da un padre sfortunato. Mi rendo conto che sotto la mia sedia sono sparpagliate delle strisce di carta. Delle volte è importante lasciare le cose dove cadono: il suo tuffo ha fatto apparire un nome. Della quadriga rimangono solo i cavalli. Li immagino attraversare l'Adriatico. Era il 1204. Arrivarono a Venezia da Costantinopoli: anche loro – mi dico – hanno viaggiato sull'acqua.

I Cavalli di San Marco. Foto Eduardo Franco Rondina
Scendiamo verso Valli del Pasubio; il giorno seguente seguiamo la Via dell'Acqua fino alla segheria veneziana. L'acqua serve a tagliare: Venezia ha bisogno di tronchi. L'acqua serve Venezia. Serve Venezia che deve viaggiare sul mare, certo; ma che deve soprattutto ancorarsi alla terra, al caranto: quelle argille e quei limi argillosi che contribuiscono a tenere Venezia verticale.
Ed è l'acqua a salvare ancora Venezia, quell'acqua che, mescolata al caranto, rende i tronchi di larice e di ontano pressoché immarcescibili. Venezia non vive aggrappata all'acqua, ma alla terra; e immersa nell'acqua. “Venezia la foresta capovolta”, si dice spesso. Ma, soprattutto, Venezia è un bosco igrofilo. Proprio a Venezia, una volta, capii che se mi fossi bagnato i piedi, sarebbero cresciuti rami.
Un giorno, poi, camminammo nella pioggia. Quando infine ci posammo, ci rendemmo conto che la pioggia aveva idratato la nostra pelle, sulla quale passavamo la mano. È come se anche la pioggia a Venezia avesse un potere segreto: quello di nutrire, anziché di lavar via, di dilavare. Come se le acque fossero realmente i balsami di Venezia.
Nell'accesso di malinconia come nella quiete della gioia: Venezia sale nella gola. E poi, sorprendentemente: Venezia balma, Venezia grotta. Venezia costringe a guardarsi in bocca. Laggiù; in fondo, Venezia: briccola e diapason insieme, piantata in mezzo al petto, coi piedi nell'acqua.
INDIRIZZI GOLOSI LUNGO LA VIA ROMEA STRATA

Tappe golose lungo la Romea Strata
Rovereto (Trento)
La Caffetteria Bontadi (Piazza Cesare Battisti 14): nel cuore del centro, ci si posa per un calice di Trentodoc e per scegliere un boccone dalla selezione di squisiti stuzzichini. Perfetto per un aperitivo in terrazza, mentre ci si gode lo spettacolo della gente che passa.
Osteria del Pettirosso (Corso Bettini 24): vista la bella scelta di vini anche al calice e le deliziose tartine, è ottimo per un bicchiere preso al caldo e accogliente bancone, così come per un pranzo o una cena preparati con cura. I prodotti e le ricette trentine sono qui valorizzati, in un contesto piacevolmente distinto ma senza forzature.
Drogheria Micheli (Via Mercerie 16/20): dal 1829, questa storica drogheria è il luogo ideale per ammirare le scansie d'epoca e per sbirciare tra i vecchi cassetti, ancora pieni di curiosità e leccornie. Confezioni regalo, golosissimi dolciumi e un'enoteca ricca di referenze preziose, compresa tanta Francia nobile, vino di Porto e una collezione di liquori di grande ricercatezza – trentini, ma non solo.

Prelibatezze all'Osteria del Pettirosso di Rovereto
Vallarsa (Trento)
Ristoro Magna e Bevi (SP219): rinnovato con gusto, questo ristoro offre una gradevole vetrata dalla quale si gode la bellezza serena della natura circostante. Al momento del caffè, non dimenticate di chiedere al simpaticissimo Marco Piazza di aggiungervi nella tazzina un po' di “zucchero liquido”. Qualche goccia di liquore alla prugna è sufficiente per donare al caffè – o alla cioccolata – quei toni deliziosi di amaretto.
Valli del Pasubio (Vicenza)
Rifugio Balasso (Via Balasso 1): molto frequentato, il rifugio Balasso offre impeccabili camere, comode e spaziose, e una cucina locale che si consuma nella sala all'ingresso insieme agli autoctoni in un clima disteso e conviviale. In più, specialmente quando il cielo è terso, l'ambiente circostante è davvero incantevole.
Ristorante e hotel Carla Failela (Via Piazza Alta 26): piacevole ristorante che lavora prevalentemente con materie prime locali e ricette tradizionali presentate con ragionata modernità. La carta dei vini riserva qualche entusiasmante sorpresa a coefficienti più che moderati. Le camere, nuovissime, sono estremamente confortevoli. Dispone anche di una spa.
Azienda agricola Grattanuvole (Via Pra 35): pieni di entusiasmo e di simpatia, Alice e Alessandro propongono splendidi formaggi e prelibato yogurt prodotti con il latte delle loro capre di razza Camosciata delle Alpi. Quando disponibili, chiedete anche la carne e i salumi: imperdibili.