21-11-2025

Buon compleanno Local, che festeggia i suoi (primi) 10 anni

L'insegna guidata da Benedetta Fullin e Manuel Trevisan celebra il suo primo decennio con un grande lavoro sulla sala e una collezione di greatest hits firmate da Salvatore Sodano, "in casa" da quattro anni, con la sua cucina a metà tra Napoli e laguna

Da sinistra, Manuel Trevisan, maître sommelier, S

Da sinistra, Manuel Trevisan, maître sommelier, Salvatore Sodano, executive chef e Benedetta Fullin, patronne del ristorante Local a Venezia, che ora celebra i suoi primi 10 anni

10 anni di Local. E sentirli tutti.

Non tanto nel solco che lascia il passaggio del tempo, ma nell’abilità di evolvere del ristorante guidato dalla radiosa energia di Benedetta Fullin, patronne, e del suo compagno, nonché maître sommelier Manuel Trevisan. Insieme con loro da 4 anni ormai, lo chef Salvatore Sodano, classe 1985, campano verace. Lo avevamo incontrato qualche anno fa (ve ne abbiamo parlato qui), giunto da poco nella Serenissima dove iniziava appena ad ambientarsi, a familiarizzare con la logistica di una città come Venezia, ma pure a subirne il fascino fino a farla diventare casa sua. Oggi Salvatore sa come muoversi, incantato da quel mistero, fin troppo surreale da poter essere colto fino in fondo (ed è questo che la rende così magnetica), e poi ha avuto modo di assorbire gli umori della cucina di laguna, di cui prima di approdare al Local, sapeva ben poco.

Ma la curiosità, le pile di libri regalatigli da Benedetta e divorati, respirare quotidianamente un ecosistema che sente sempre più suo e che ha imparato a mescolare all’irruenza campana, dosandone bene le peculiarità dell’uno e dell’altra, hanno plasmato una cucina che oggi ha un’identità ben definita. Tanti sono stati i piatti che hanno stupito nel corso di questi 4 anni, tutti diversi, perché Salvatore poco digerisce l’idea di riproporre una creazione già vista, in un nuovo menu. Eppure, la celebrazione merita uno strappo alla regola, e quindi si è deciso di ripensare a quelle combinazioni di ingredienti che hanno stupito più di altre, tanto da ricordarle nitidamente anche a distanza di tempo. Lasciano un segno profondo, si rianimano le sfumature, e si è colti dallo stupore di quanto il palato ha già conosciuto, come una gioia custodita in fondo al cuore che riemerge a galla.

Lo chef Salvatore Sodano all'opera con la sua brigata di cucina

Lo chef Salvatore Sodano all'opera con la sua brigata di cucina

Un menu, un viaggio a ritroso che in realtà è pura attualità, narrato attraverso un incredibile lavoro in sala, perché dopotutto è insieme che si cresce.

Benedetta Fullin e Manuel Trevisan

Benedetta Fullin e Manuel Trevisan

L’accoglienza di Benedetta, Manuel e della loro squadra è carezzevole; non lascia margine all’errore, si è come sorvegliati da un occhio impercettibile e lo stesso ambiente, essenziale, ma caldo, stimola il chiacchiericcio, lasciando gli ospiti liberi di godersi la tavola.

Sono cresciuti tanto - e bene -, comprendendo che per essere partecipi dell’esperienza del commensale occorre esserci, con senso, sensibilità e al tempo opportuno. Non occorre dilungarsi in spiegoni che sottraggono piacevolezza al momento, e quindi ecco spuntare dei piccoli biglietti da visita, a completare le informazioni fornite all’uscita del piatto. La sala viene esaltata come habitat naturale del cameriere, la cui arte può esprimersi ben oltre il racconto.

 

Il guéridon, il carrello dei formaggi e il carretto dei gelati, il servizio del caffè, una collezione di Magnum che dà vita a una mescita spaziale: la sala vive attraverso questa ricca gestualità che ha voglia di incontrare l’ospite, di avvicinarlo, creando una connessione diretta e coinvolgendolo nelle scelte. È un po’ come ritrovarsi nella sala di un Grand hotel, immersi però, in un’atmosfera rilassata e contemporanea, dove il fare, per niente fine a sé stesso, diventa segno di una generosità che ha voglia di esprimersi, un pensiero di ospitalità ampio e profondo.

 

Come profonda è questa cucina. Generosa anch’essa. Tecnica, spinta, senza mezze misure: il palato è costantemente sollecitato da acidità taglienti, piccanti accesi, amari decisi, eppure tutto confluisce in un approdo sereno, una montagna russa che sul finale rallenta e scatena il desiderio immediato di un altro giro, che a tavola vuol dire, un susseguirsi ininterrotto di assaggi.

Anguilla, cicoria e tamarindo: un po’ Venezia, un po’ Napoli. L'anguilla viene maturata in cella frigo per una settimana, cotta a bassa temperatura e poi passata alla griglia per ottenere una pelle molto croccante. La nota amara è conferita dalla salsa teriaky al lapsang, ma anche dalla cicoria saltata con caffè; infine, il tamarido apporta una spinta super acida bilanciando la grassezza dell’anguilla

Anguilla, cicoria e tamarindo: un po’ Venezia, un po’ Napoli. L'anguilla viene maturata in cella frigo per una settimana, cotta a bassa temperatura e poi passata alla griglia per ottenere una pelle molto croccante. La nota amara è conferita dalla salsa teriaky al lapsang, ma anche dalla cicoria saltata con caffè; infine, il tamarido apporta una spinta super acida bilanciando la grassezza dell’anguilla

A partire da Anguilla, cicoria e tamarindo: la grassezza del pesce dura pochi secondi sul palato, di colpo catturato da un croccante strutturato; la masticazione distrae per una manciata di attimi, fino a quando subentra l’importanza citrica del tamarindo, sotto forma di una pasta densa, mentre il compito di ripristinare l’armonia iniziale è lasciato all’amaro della cicoria e di una salsa teriyaki al Lapsang, con un retrogusto di cenere (eco della cottura a carbone che sostituisce la classica cottura in tecia dell’anguilla) che accompagna lentamente alla prossima portata.

Secondo passaggio, vegetale, tra i più riusciti qui al Local, e siamo infatti localissimi. Radicchio di Treviso e lievito gioca ancora una volta sull’amaro, senza che questo persista, perché si insinua la spinta infiammata del kimchi, domata a sua volta da una salsa che è pura gola, a base di lievito e fieno greco.

Bigoli in salsa

Bigoli in salsa

I Bigoli in salsa proiettano in pieno quel patto silente, il muto accordo tra laguna e Napoli, tra una trattoria veneziana e una domenica campana in famiglia perché in ogni gomitolo di pasta raccolta, si accende il ricordo di una Genovese di cipolla, della sua buccia bruciata complice l’ossidazione della stessa; la parte sapida, come vuole la tradizione, è data dalla sarda, mentre al posto dei bigoli, Salvatore opta per uno spaghettone Gerardo di Nola. Cottura al chiodo, che porta il palato a soffermarsi anche su quelle note tostate di grano, e solo poi sulla salsa, ipnotizzante, esattamente come lo è la prima cucchiaiata di Risone con canoce, xo di schie e cime di rapa: è già la consistenza di questo risone, tutto semini lisci e sfuggenti, che scivolano e apportano sensazioni di grassezza, a stregare, immersi in un fondo intenso, dalla sapidità elevata, tutt’altro che disturbante; seduce il palato con la sua intensità marina, merito dell’essiccazione delle schie che finiscono nella salsa XO.

Risone con canoce, XO di schie e cime di rapa: tra fine dicembre e inizio gennaio, a Venezia c'è una raccolta massiccia di schie; per poterle conservare, queste vengono fritte ed essiccate, integrate poi in una salsa molto speziata che dà lunghezza al piatto; il risone, invece, cuoce in un brodo molto lungo di canoce, mentre la crema di friarielli apporta una nota amara... e un pizzico di Napoli anche in questo piatto strepitoso

Risone con canoce, XO di schie e cime di rapa: tra fine dicembre e inizio gennaio, a Venezia c'è una raccolta massiccia di schie; per poterle conservare, queste vengono fritte ed essiccate, integrate poi in una salsa molto speziata che dà lunghezza al piatto; il risone, invece, cuoce in un brodo molto lungo di canoce, mentre la crema di friarielli apporta una nota amara... e un pizzico di Napoli anche in questo piatto strepitoso

E infine, la caccia, che niente ha a che vedere con cani e terraferma: questa, infatti, avviene appostandosi in barena nelle botti a pelo d’acqua, oppure nelle valli; in questo periodo in particolare, abbondano le anatre (si arriva fino a 35000 capi di ben 14 specie). Ragion per cui, ecco l’anatra in menu, maturata nella cera d’api, e poi servita con la sua pelle croccante, garum di polline, gyoza ripieno di stracotto e porro.

Nessun riferimento è puramente casuale, ogni piatto acquisisce un suo peso specifico nel tempo, e per chi ancora non abbia provato questa cucina, questo menu prova quanto la costanza del cuoco, l’ascolto del luogo, la cura delle origini possano dar vita a un percorso straordinario, spingendo il palato “ben oltre la siepe”, con l’impegno di condurlo sempre al godimento, che in fondo – confessiamolo - è ciò che tutti cerchiamo da un’esperienza. Buon compleanno Local!


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Marialuisa Iannuzzi

di

Marialuisa Iannuzzi

Classe 1991. Irpina. Si laurea in Lingue e poi in Studi Internazionali, ma segue il cuore e nella New Forest (Regno Unito) nasce il suo amore per l'hospitality. Quello per il cibo era acceso da sempre. Dopo aver curato l'accoglienza di Identità Golose Milano, dal 2021 è redattore per Identità Golose. Isa viaggia, assaggia. Tiene vive le sue sensazioni attraverso le parole.

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