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Suo padre, emiliano, sognava che diventasse violinista o cantante lirico. Sua madre, calabrese, lo voleva cuoco. I calabresi, si sa, sono cocciuti: l’ha avuta vinta lei. Forse ci siamo persi il nuovo Pavarotti, ma per quanto riguarda noi foodies è stato un bene perché oggi Beppe Rambaldi è uno dei più interessanti e creativi chef italiani. Nato nel 1972 a Melito Portosalvo ma cresciuto a Ferrarra, dove ha frequentato l’Istituto alberghiero, inizia quindicenne a fare le stagioni nei ristoranti dei lidi ferraresi. Terminato l’alberghiero nel ’91, completa la sua formazione in vari locali in Italia e all’estero. Nel ’97 approda a Cervinia allo Chalet Valdôtain. Lo chef Ugo Bruzzo, notata l’indole creativa di Beppe, nel ‘99 lo invia a frequentare uno stage ad Almese nel mitico Combal di Davide Scabin. L’incontro con la cucina iper-inventiva di Scabin è folgorante. Dopo 6 mesi di stage, Beppe trova impiego come chef dell’Archetto di San Gillio, ma dopo un anno Scabin gli propone di entrare a far parte dell’equipe che inaugurerà di lì a poco il Combal.Zero di Rivoli. Beppe accetta. Oggi è, con Giovanni Ghigo, il secondo di Davide. Caso raro, Beppe Rambaldi è uno chef in grado di realizzare indifferentemente piatti salati o dolci spaziando con nonchalance dagli Spaghetti con capesante e lime all’Hamburger di lamponi, dal Maialino nero con caffè alla già leggendaria Fusione a freddo: un disco ghiacciato di limonata sul quale vengono appoggiati frutti di bosco, arance e kiwi ghiacciati, gelatine, meringhe, acqua gassata e un incredibile tuorlo ripieno di panna e vaniglia. Geniale. Del resto il premio Oscar Carlo Rambaldi è cugino primo del padre di Beppe. La genetica è genetica, mica pugnette.
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nato nel 1956 a Torino, dove ha vissuto e lavorato, si è occupato di fotografia e grafica per 35 anni e di gastronomia per 25. Tra gli altri, ha collaborato con Apicius, Gambero Rosso, La Repubblica, L'Espresso e Panorama. Un maestro, un genio della fotografia food, secondo Ferran Adrià il miglior palato del mondo. È venuto a mancare il 22 marzo 2017
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Il tendone di Rimini, ispirato al circo di "Otto e mezzo" di Federico Fellini, simbolo di Al Mèni