Credits Henrique Schmeil
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Manu Buffara sta a Curitiba e alla regione di Paranà (Brasile), come Alex Atala sta all’Amazzonia e Renè Redzepi alla Danimarca. Del primo si dice che sia l’erede. Del secondo è stata allieva. Di entrambi condivide la fede nei prodotti autoctoni e la dimestichezza col fuoco freddo delle fermentazioni. Ma Manoella - questo il suo nome per esteso - ci mette del suo.
Ha puntellato la facciata del ristorante che porta il suo nome – Manu, appunto – di arnie, per favorire la proliferazione delle api e promuovere un programma di impollinazione in tutta la città. Ha favorito una catena di approvvigionamento più ampia per prodotti sostenibili. Incoraggia la gente di Curitiba a ridurre gli sprechi cominciando col dare l’esempio, ovvero riducendo al minimo gli sperperi nel ristorante. Partecipa a un progetto di comunità per l’acquisto di prodotti biologici coltivati da famiglie a basso reddito, preparando i contadini alla coltivazione di nuove varietà commestibili. Ha creato orti urbani diffusi nei quartieri più poveri di Cuturiba, da cui i residenti si approvvigionano.
Parannanza da farmer, scarponi buoni per stare nei campi ancora prima che ai fuochi, camicioni a scacchi. Le immagini che la ritraggono non hanno niente da spartire con la moderna vulgata del cuoco in posa plastica. E nemmeno con la retorica del come eravamo, in cattività nelle cucine o chini sull’aratro come in un Segantini. Manu-Manoella è un’icona di cuoca contemporanea che all’impegno ai fornelli somma il sentimento dell’appartenenza alla terra e il senso di responsabilità che ne scaturisce, la necessità della cittadinanza attiva.
E che naturalmente sa il fatto suo ai fornelli. È una celebrity acclamata anche nel giro che conta (One to watch per i 50Best). I suoi menu sono elenchi di ingredienti: Cavolfiore con latte di noci del Brasile, lime mandarino e prezzemolo; Costine di maiale, pinoli e tamarindo; una semplificazione lessicale che non tradisce la complessità delle preparazioni. Quanto basta per demolire i luoghi comuni che inchiodano il Brasile a churrasco, caipirinha e Carnevale. O peggio, livelli record di disoccupazione, polizia violenta e bande armate, oltre alla saga infinita di scandali sulla corruzione governativa. Brasile è anche Manu Buffara, e la sua dispensa stracolma di tacacá, tucupi, bacuri, licuri, cumaru. E un esercito di api senza pungiglione (è la caratteristiche delle specie autoctone), per ripopolare il mondo.
di
Cronista di professione, curiosa di fatto e costituzione, attitudine applicata al giornalismo d’inchiesta e alle cose di gusto. Scrive per Repubblica, Gambero rosso, Dispensa
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Andres Torres, chef e patron del ristorante Casa Nova a Penedés (Barcellona) con un passato di corrispondente di guerra, ha vinto la nova edizione del Basque Culinary world prize, premio ricevuto a Lima durante il congresso di T'impuy presso la Pontificia università cattolica del Perù. Foto scattata in Guatemala da Rob Blackhurst, durante un programma di aiuto alle popolazioni indigine per la fondazione Global Humanitaria, promossa dallo stesso Torres
Il miele prodotto dalle api native di Curitiba, nel Paranà, Brasile: hanno la particolarità di essere di piccole dimensioni, prive di pungiglione. Il loro miele è molto aspro e decisamente più liquido di quello europeo a cui siamo abituati. Una rarità che va preservata
La murtilla, Ugni molinae, è una bacca selvatica, con un delizioso profilo floreale e un profilo gustativo che ricorda un incrocio tra quello della rosa e della mela. A Boragò si utilizzano la murtilla negra e quella roja - Foto: Giovanna Abrami