Brambilla-Serrani
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L’esordio su questo sito di quel tale sconosciuto ragazzo avvenne nel dicembre 2014, lui giovanissimo ma non imberbe, già portava infatti una certa peluria sottomento: Davide Caranchini, comasco classe 1990, era alla sua prima esperienza da chef – al ristorante Acquadolce di Carate Urio (Como) – e s’era presentato a un concorso di abbinamento cibo-birra (non lo vinse), noi demmo notizia del suo piatto, Agnolotti ripieni di salmone e granchio su purea di coriandolo e mirin con salsa alla birra, a leggerlo ora già molto evoluto non c’è che dire. La Provincia, il quotidiano della sua città, a sua volta raccontò la cosa e sparò un titolo mica male, non sappiamo se figlio di una forzatura del titolista o dell'esuberanza del titolato: «Io, chef di 23 anni, conquisterò il mondo».
Non son insomma mai mancati carattere e ambizione a Caranchini, ha sempre avuto quell’aria da primo della classe che, a non assaggiare i suoi piatti persin dell’inizio, uno poteva pensare: “Che si crede d’essere?”. Poi assaggiavi, e capivi che poteva permetterselo, era un predestinato che grondava talento. Ma non era neppure della risma di quei ragazzi che magari hanno, come lui, i numeri per esplodere, lo sanno, e allora iniziano anzitempo a amarsi fin troppo, a specchiarsi tutto il tempo: no, Caranchini è sempre stato uno sgobbone, ha fatto la gavetta (da Gordon Ramsay al Maze, a Le Gavroche da Michel Roux Jr e all'Apsleys di Londra con Heinz Beck, stage al Noma di Copenaghen e una breve parentesi all'Enoteca Pinchiorri), e poi – dato ancor più significativo – non ha cercato di infilarsi in qualche progetto megagalattico e metropolitano dove far furore per diventare chefstar, non ha scelto la via semplice: lui è rimasto fedele al proprio territorio, che oggi è diventata meta gourmet, allora non se lo filava proprio nessuno. Prima s’è trasferito al Casa Santo Stefano di Cernobbio; poi, nel 2016, ha aperto il suo Materia, nella stessa cittadina lacustre, un ristorantino che dir minimale è poco: posto anonimo, tavolini piccoli, spazi stretti, che ci si chiede sempre come faccia il servizio, guidato da una Ambra Sberna in vena di miracoli, a non collassare. Ma a Caranchini andava (e va) bene così: lui lì è anche il patron, così non deve scendere a compromessi. Come dire: voglio proporre la mia cucina, se mi volete sono qui.
Lo vogliamo, perché lui è bravissimo, la sua tavola una cornucopia di idee tra il geniale e solo il fantastico quando son robe minori. Si poggia su alcuni pilastri, lo spiegò nel 2021 anche a due congressi internazionali, uno a Madrid (venne presentato come «uno dei cuochi che più efficacemente stanno innovando la cucina italiana»: sì, gli spagnoli son sempre un passo avanti a noi) e l’altro a Bogotà, c’era per l’occasione anche lo scrivente intento a schivare le insidie del Covid: contaminazione delle idee, come prima cosa, quindi lo scambio con le altre culture; poi la sensibilità, mettere le mani e il cuore in quello che si fa; e il pensiero, ossia avanguardia non è questione di tecniche, ma di idee. Con alcuni corollari: non porsi troppo il tema della bellezza estetica del piatto, ché tanto la percezione della bellezza è condizionata dal momento storico; sentirsi liberi di proporre anche prodotti non usuali per il contesto, chi se ne frega, basta che vinca il gusto; e giocare con un’apparente semplicità che nasconda però la concentrazione di sapori senza compromessi.
Teorizzazioni che diventano pratica quotidiana al Materia. Il lago è lì, ma lui a volte gli volta le spalle per vedere cosa trova nelle montagne retrostanti, o in campagna. Ha strutturato sempre più una propria dimensione personale, identitaria, originale, autentica perché figlia del luogo nel quale è nato e opera. «Troppe volte venivamo associati al Noma, "tu fai quella cucina" e non era vero, mi sentivo come mi ponessero dei paletti entro ai quali operare. Ora mi sento più libero, il mio stile non è cambiato, mantiene le sue caratteristiche, la nota amara, l'acidità... Ma credo si sia evoluto in una maniera più elegante, meno brutale. Abbiamo pure messo le tovaglie!».
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
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Davide Caranchini, chef del ristorante Materia, Cernobbio (Como)
Davide Caranchini, Michele Cobuzzi, Riccardo Monco e Alessandro Della Tommasina sul palco di Identità Milano 2024