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Se a Milano dici «stasera vado da Aimo» non possono esservi dubbi sul fatto che ti aspetta un tavolo al Luogo di Aimo e Nadia in via Montecuccoli, periferia occidentale della città dell’Expo, tanti edifici e tutto ben squadrato. Ma quando i Moroni arrivarono lì per la prima volta, nel 1962, non c’era nemmeno l’asfalto. Rilevarono un bar, Stella era scritto sull’insegna, profetica, con il gioco delle bocce e il ricordo fresco della Cascina Arzaga, rasa al suolo 2 anni prima per fare spazio a quella che sarebbe diventata la Milano del boom economico.
Quando si parla di Aimo e Nadia tutti, a iniziare dai giovani, devono mettersi sull’attenti. Toscani di Pescia (lui, che vi nacque nel gennaio 1934) e di Chiesina Azzanese (lei, classe 1940), entrambi figli di carabinieri, hanno conosciuto i dolori della guerra e compiuto l’inevitabile viaggio nella speranza verso nord quando erano ragazzini. Aimo arrivò a Milano in treno il 20 aprile 1946 e si mise subito a lavorare, in nero perché aveva 12 (DODICI) anni. Vendeva caldarroste d’inverno e gelati in estate. Nadia lo imitò nel 1952 sistemandosi nella cucina di una zia. Il loro primo locale arrivò nel ’55 accanto alla Stazione Centrale, Nadia si materializzò l’anno dopo e non se ne sarebbe mai andata via.
Oggi il loro ristorante vede in prima fila la loro figlia Stefania e in cucina Fabio Pisani e Alessandro Negrini, splendidi a interpretare la filosofia dei Moroni aggiungendovi note nuove, soprattutto pugliesi perché la terra di Fabio è quella. In una città che ha visto affermarsi decine e decine di trattorie toscane, ben prima del secondo dopoguerra, il Luogo non è mai stato un tipico indirizzo toscano, quelli dove i piatti sono gli stessi, sempre e ovunque, a formare carte sterminate. Primo comandamento di Aimo: la freschezza delle materie prime. Secondo: la loro stagionalità. Terzo: la loro italianità. Il signore ha una conoscenza infinita di ogni ingrediente, a patto esso appartenga alla storia gastronomica tricolore. Non c’è limite alla sua filosofia e curiosità, anche ironia perché il suo piatto simbolo, gli Spaghetti al cipollotto fresco e peperoncino, prima versione nel 1965, nacquero per nobilitare la pasta aglio, olio e peperoncino che impazzava senza rispetto. Però a patto che i caposaldi italiani non siano messi in discussione. Da lui non trovate sushi mediterranei o risotti alle fragole o al caffè. Da lui si va per registrarsi il palato, per tararlo sui sapori primordiali di una nazione dai mille sapori. Aimo è la storia.
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi
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Il celeberrimo Raviolo Aperto di Gualtiero Marchesi, anno di creazione il 1982
Il giovane team del BistRo di Aimo e Nadia a Milano in via Bandello - Foto Annalisa Cavaleri
Foto di gruppo per i protagonisti di "L'Italia al Basque Culinary Center". Da sinistra Gianluca Gorini, Luigi Dattilo, Paolo Marchi, Antonia Klugmann, Joxe Mari Aizega, Paulo Airaudo, Andrea Tortora, Richard Abou Zaki, Fabio Pisani, Pierpaolo Ferracuti, Franco Pepe. Manca solo Federico Ceretto