21-12-2023

Il Luogo di Aimo e Nadia, vetrina perenne sulle virtù d'Italia

Stella o non stella, il ristorante di via Montecuccoli continua a fare bene quello che fa dal 1962: dare dignità agli artigiani silenziosi del Paese

Alberto Piras, Fabio Pisani, Alessandro Negrini e

Alberto Piras, Fabio Pisani, Alessandro Negrini e Nicola Dell'Agnolo, la sala e la cucina de Il Luogo di Aimo e Nadia, Milano

Se scrivi de il Luogo di Aimo e Nadia oggi, non puoi sottrarti alla domanda che si fa la comunità dei buongustai: «Come mai hanno perso la seconda stella Michelin?». La nostra risposta è un’altra domanda: «E che ne sappiamo?». Non siamo parte di quel team di ispettori. Possiamo sgolarci a dire che in via Montecuccoli abbiamo mangiato benissimo solo una settimana fa e che, secondo noi, di stelle dovrebbero dargliene non 2, nemmeno 3 ma 73. Ma a che serve?

Se la Michelin ha deciso così, è inutile che i fan si straccino le vesti o che si chiuda la solita gogna sommaria sui social. Il team di ispettori guidato da Sergio Lovrinovich avrà avuto le sue ragioni ed è sempre troppo facile dare addosso a una guida – che peraltro, con le sue valutazioni divisive, cerca anche questo: innescare controversie che diventano virali e che attirano attenzione. Dal nostro lato, dovremmo piuttosto sforzarci di mettere in piedi guide o progetti che nel tempo diano del filo da torcere a uno strumento che ha cominciato a giudicare ristoranti 91 anni fa. Non è facile: la Michelin Francia iniziò nel 1933 a mettere in fila i 3, i 2 e gli una-stella, quasi mezzo secolo prima che cominciassimo a farlo noi italiani, con la prima edizione della guida Espresso, anno 1979. Che lo si voglia o no, il first mover sarà sempre in vantaggio finché dietro non spunterà qualcuno capace di rallentarne la corsa, lealmente se possibile.

La riflessione che occorrerebbe fare potrebbe semmai essere un’altra: l’alba del 2024 chiede trasparenza. Un ristoratore o un cuoco dovrebbero avere diritto a una risposta, ufficiale o informale, sui motivi di un declassamento - così come due righe vengono sempre spese per celebrare pubblicamente le nuove stelle. In fondo è il ventennio di Wikileaks, degli open data, del dialogo pubblico tra gli arbitri e la sala Var e persino il mistero di Ustica sta per essere svelato. «Noi non diamo risposte perché non facciamo consulenza ai ristoranti», hanno sempre risposto i signori della Rossa alla richiesta. Ma sarebbe solo buon senso e a guadagnarci sarebbero giudici e giudicati.

E così, porco cane, 2mila battute se ne sono andate. Trecentocinquantasette parole sottratte alla cronaca di una cena fuori dal comune, per l’atteggiamento dei ragazzi, certamente un po’ abbacchiati ma troppo intelligenti per scagliare accuse al vento, ipotizzare cospirazioni o soffermarsi sull’argomento per più di 7 secondi. In un lunedì sera a ristorante pieno, li abbiamo visti per 3 ore abbondanti concentrati a fare quello che hanno sempre fatto: dare valore in cucina al lavoro di tutte quelle decine di artigiani valorosi del paese, che si spaccano la schiena silenziosamente dalla Valtellina (la terra del cuoco 1, Alessandro Negrini) a Bari (il cuoco 2, Fabio Pisani, è di Molfetta), servire vini formidabili che s’adattano e non s’impongono (il sommelier Alberto Piras) e accogliendo col sorriso clienti vecchi e nuovi (Nicola Dell’Agnolo). Un quartetto che, obiettivamente, in Italia ha pochi eguali.

Allestire ogni giorno la vetrina sulle migliori produzioni del Paese è un progetto che va avanti dal 1962, quando Aimo Moroni, che compirà 90 anni il 27 gennaio 2024, tirò su la claire per la prima volta in via Montecuccoli. Un pezzo di storia che ne ha inglobate centinaia di altre, e che ha influenzato e continua a influenzare schiere di giovani.

Un menu di piatti buonissimi e tecniche italiane e contadine che è un compendio di prodotti, nomi e cognomi che riflettono la ricchezza del paese. Un’operazione culturale che oggi si chiama “Territori” (ne abbiamo parlato), un progetto attraverso cui Negrini e Pisani non si limitano a trasformare grandi ingredienti in cucina, ma in tanti casi seguono e sostengono i produttori ancora prima, nello sviluppo dei loro gioielli.

Il Luogo di Aimo e Nadia è un faro luminoso nella tempesta del va-bene-tutto. Un monolite di conoscenza e umiltà nella presunzione narcisista dell'epoca social.

MENU TERRITORI, dicembre 2023

Il primo assaggio è di semplicità ineffabile: una fetta di bresaola con un tarallo sopra. La bresaola è di codone di Stefano, norcino della Valchiavenna, e sono entrambi prodotti del progetto Territori. 

Nel piatto accanto, in basso, l'Alice su una nuvola di aceto, un lavoro sull'alice in carpione ma senza il carpione, condotto con l'Acetaia San Giacomo: hanno acetificato del mosto di vino valtellinese e pugliese, ottenuto un blend e con questo montano tipo panna, con aggiunta di pectina, una nuvola di carpione, servita sotto l'alice. In cima c'è un pinolo della Tenuta di San Rossore. Sopra al piatto, c'è un Croccante di farina di grano saraceno del Bleggio, con lardo di Colonnata di Fausto Guadagni e trota affumicata di San Giuseppe, un altro grande classico della casa

Il primo assaggio è di semplicità ineffabile: una fetta di bresaola con un tarallo sopra. La bresaola è di codone di Stefano, norcino della Valchiavenna, e sono entrambi prodotti del progetto Territori

Nel piatto accanto, in basso, l'Alice su una nuvola di aceto, un lavoro sull'alice in carpione ma senza il carpione, condotto con l'Acetaia San Giacomo: hanno acetificato del mosto di vino valtellinese e pugliese, ottenuto un blend e con questo montano tipo panna, con aggiunta di pectina, una nuvola di carpione, servita sotto l'alice. In cima c'è un pinolo della Tenuta di San Rossore. Sopra al piatto, c'è un Croccante di farina di grano saraceno del Bleggio, con lardo di Colonnata di Fausto Guadagni e trota affumicata di San Giuseppe, un altro grande classico della casa

Zuppa etrusca, con tutti gli ortaggi e i legumi cotti separatamente e uniti a farro della Garfagnana e fiori di finocchio selvatico. Forse il piatto vegetariano più celebre dell'alta cucina italiana degli ultimi decenni

Zuppa etrusca, con tutti gli ortaggi e i legumi cotti separatamente e uniti a farro della Garfagnana e fiori di finocchio selvatico. Forse il piatto vegetariano più celebre dell'alta cucina italiana degli ultimi decenni

Insalata della vendemmia
Un altro saggio della conoscenza enciclopedica di Negrini e Pisani, in questo caso con tanti addendi colti dalla forager Elena Castoldi sul Monte Barrio, nelle colline del lago di Lecco: misticanza, mele, zucca mantovana, noci, nocciole, castagne, ricotta di bufala, riduzione di mela cotogna, sciroppo di uva fragola dell'Oltrepò Pavese, salsa al miele e aceto di ginepro. Tutto sormontato in cima da una sorta di savarin di topinambur. Una volta, ci si sente un poco tristi

Insalata della vendemmia
Un altro saggio della conoscenza enciclopedica di Negrini e Pisani, in questo caso con tanti addendi colti dalla forager Elena Castoldi sul Monte Barrio, nelle colline del lago di Lecco: misticanza, mele, zucca mantovana, noci, nocciole, castagne, ricotta di bufala, riduzione di mela cotogna, sciroppo di uva fragola dell'Oltrepò Pavese, salsa al miele e aceto di ginepro. Tutto sormontato in cima da una sorta di savarin di topinambur. Una volta, ci si sente un poco tristi

Triglia di scoglio in una finissima crosta di legumi, con salsa agrodolce ai peperoni di Carmagnola, sedano rapa e un cardo sotto. Pesce, verdure, legumi in un intreccio saggio e inedito tra nord e sud

Triglia di scoglio in una finissima crosta di legumi, con salsa agrodolce ai peperoni di Carmagnola, sedano rapa e un cardo sotto. Pesce, verdure, legumi in un intreccio saggio e inedito tra nord e sud

Anguilla del Delta del Po cotta alla brace con tarallo morbido al forno, salsa di anguilla, profumata col finocchietto selvatico della Val d'Orcia e olive. Quasi invisibili, sotto, degli gnocchi di tarallo, oggetto di una lezione di Identità Golose di 4 anni fa. Piras scegli un abbinamento felice e insolito, con tè giapponese, poco affumicato 

Anguilla del Delta del Po cotta alla brace con tarallo morbido al forno, salsa di anguilla, profumata col finocchietto selvatico della Val d'Orcia e olive. Quasi invisibili, sotto, degli gnocchi di tarallo, oggetto di una lezione di Identità Golose di 4 anni fa. Piras scegli un abbinamento felice e insolito, con tè giapponese, poco affumicato 

Risotto mantecato con Parmigiano e mascherpa stagionata della Valle del Bitto, topinambur e nocciola Tonda Gentile. Un'altra scoperta felice, la mascherpa, ricotta classica d'alpeggio ma realizzata dal siero avanzato dalla lavorazione del bitto storico ribelle di Carlo Mazzoleni, di cui acquistano l'intera produzione. "Dietro a questa storia c'è un mondo, potremmo ricavarne un libro di storia", spiegherà Negrini a fine pasto

Risotto mantecato con Parmigiano e mascherpa stagionata della Valle del Bitto, topinambur e nocciola Tonda Gentile. Un'altra scoperta felice, la mascherpa, ricotta classica d'alpeggio ma realizzata dal siero avanzato dalla lavorazione del bitto storico ribelle di Carlo Mazzoleni, di cui acquistano l'intera produzione. "Dietro a questa storia c'è un mondo, potremmo ricavarne un libro di storia", spiegherà Negrini a fine pasto

Lorenzo ci porta a tavola il favoloso piccione dei Fratelli Miroglio, fornitori da una quarantina d'anni del Luogo di ogni tipo di volatile (la quaglia, il cappone, la faraona...). Le successive cotture del petto (nel lavec della Valtellina, sulla carcassa), della coscia (confit) e il patè di fegatini al cioccolato avevano la precisione del bisturi

Lorenzo ci porta a tavola il favoloso piccione dei Fratelli Miroglio, fornitori da una quarantina d'anni del Luogo di ogni tipo di volatile (la quaglia, il cappone, la faraona...). Le successive cotture del petto (nel lavec della Valtellina, sulla carcassa), della coscia (confit) e il patè di fegatini al cioccolato avevano la precisione del bisturi

A sinistra, un tributo al favoloso Bue di Carrù. Dal basso verso l'alto: fondo del succo della coda, purè di patate della Sila, coda, lingua e testina (cotti separatamente) con spinacini. Piatto da lacrime. A sinistra, un ritratto di Negrini e Pisani col maestro Aimo

A sinistra, un tributo al favoloso Bue di Carrù. Dal basso verso l'alto: fondo del succo della coda, purè di patate della Sila, coda, lingua e testina (cotti separatamente) con spinacini. Piatto da lacrime. A sinistra, un ritratto di Negrini e Pisani col maestro Aimo

Dessert: a sinistra la Cartellata barese (memoria delle origini di Fabio Pisani) al mosto cotto di fichi con latte di mandorla di Toritto, marmellata di arance e gelato al cardamomo. A destra un biscotto di Latte di mandorla di toritto gelatificato

Dessert: a sinistra la Cartellata barese (memoria delle origini di Fabio Pisani) al mosto cotto di fichi con latte di mandorla di Toritto, marmellata di arance e gelato al cardamomo. A destra un biscotto di Latte di mandorla di toritto gelatificato

Un lavoro attorno al caco con marrons glacés, panna montata, crema di cachi alla vaniglia e una spirale di genziana in cima. Chiusura speciale

Un lavoro attorno al caco con marrons glacés, panna montata, crema di cachi alla vaniglia e una spirale di genziana in cima. Chiusura speciale

Caffè, caffè, caffè

Caffè, caffè, caffè


Il Luogo di Aimo e Nadia
via privata Montecuccoli, 6
Milano
+3902416886
Menu degustazione: L'Orto (240 euro), Percorsi d'Autunno (250 euro), Territori (280 euro)
Chiuso domenica, aperto solo la sera


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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