Ciro Oliva
C'è un fuoco che arde al rione Sanità, a Napoli. È acceso al Concettina ai Tre Santi, pizzeria dalla lunga storia che ha avuto inizio nel 1951, quando Concettina Flessigno Oliva dinanzi al suo basso sfornava con dedizione tante pizze fritte per tutto il quartiere. Questo fuoco ha un nome: è quello del suo bisnipote Ciro Oliva, quarta generazione di famiglia alla guida del locale (a proposito: "ai Tre Santi" perché l'insegna si trova accanto all’edicola votiva di San Vincenzo Ferrari, patrono della Sanità; di Sant’Alfonso Maria de’Liguori, protettore delle mura del locale; e di Sant’Anna, cui era devoto Sant’Alfonso).
Ciro è adrenalinico e guascone, giovanissimo (classe 1992) eppure assai ferrato. Fonde insieme la tradizione partenopea - del quale è erede in quota parte - con l'evoluzione contemporanea la cui conoscenza gli deriva dalla frequentazione col mondo dell'alta cucina, non a caso uno come Massimo Bottura gli ha dedicato un appetizer, Omaggio a Ciro Oliva, in un menu di Osteria Francescana, nel 2017, leggi qui. Mica poco, per un ragazzino che allora aveva 25 anni.
Questi riconoscimenti non hanno fatto montare più di tanto la testa a Ciro. Semmai l'hanno stimolato a cercare sempre più - e sempre meglio - un punto di fusione tra patrimonio identitario (compreso l'impasto di papà Antonio, la cui preparazione risponde a una formula segreta) ed elementi personali: saper insomma guardare avanti senza mai tradire la memoria. «La curiosità e il confronto per me sono tutto», spiega lui sfoderando il suo solito sorriso. E aggiunge brillantemente, a Paola Pellai, leggi qui: «Dentro una pizza c'è tutto. È casa, è Italia, è eccellenza. C'è chi pensa che la pizzeria sia una seconda scelta rispetto al ristorante, io voglio cancellare questa visione. La pizza è cultura, è sentimento, è ricerca, è investimento ed esalta il pilastro su cui si fonda la bellezza del nostro Paese: l'artigianalità».
Come non volergli bene?
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