Stefano Callegari

Sforno

via Statilio Ottato, 110
Roma
+39.06.71546118

Stefano Callegari non è un pizzaiolo. Egli è la pizza. Un po’ per la sua forma tondeggiante. Un po’ per il suo sorriso contagioso come la fame che ti viene subito a perquisire quando l’occhio avvista il cornicione bruciacchiato di una margherita comme-il-faut. Non poteva, quindi, che essere lo scrittore di belle, bellissime storie con protagonista la giottesca diva delle tavole di tutto il mondo.

Che ti puoi inventare di nuovo quando parli di pizza? A Roma qualche anno fa faceva già notizia farla semplicemente buona. E Stefano si è buttato su questo business elementare: l’invenzione della pizza. Geniale! Lo ha fatto ai bordi di periferia (proprio quella dei tram di Eros Ramazzotti, a Cinecittà), nel suo locale culto, Sforno, dove ha imposto a un pubblico di quartiere e poi sempre più forestiero il culto per il lievito madre (prega per noi) e pezzi da maestro come la pizza Cacio e Pepe (esperienza per la quale si può dire ci sia un prima e un dopo. E nulla sarà più uguale), la spiazzante Greenwich con blue stilton e riduzione di Porto, la Fumo con provola affumicata e speck altoatesino. E poi fritti grandiosi e non solo i terroristi del fegato che sabotano da decenni le pizzerie medie di Roma. E assortimento di birre artigianali, che ora pure al supermercato ma anni fa ci voleva che qualcuno ci pensasse.

In questo modo Stefano ha osato l’inosabile. Tipo: sfidare pizzaioli napoletani in “contest” sulla margherita e non solo non sfigurare, ma qualche volta vincere o almeno pareggiare. Trionfo vero per l’esponente di una città di cui qualche decennio fa si diceva che facesse forse la peggiore pizza al piatto dell’Italia (segue querela). Poi ha aperto con il suo sodale Antonio Praticcò Tonda a Monte Sacro, esportando in un altro pezzo di banlieue capitolina la sua formula ormai collaudata e facendo sold out tutte le sere. Qui l’uomo-pizza si è tolto anche lo sfizio di farsi realizzare un forno personalizzato dai Ferrara, famiglia di artigiani che producono le… Ferrari dell’arte bianca. E lui attorno a quella fuoriserie tutta fuoco danza lieve e felice ignaro della sua silhouette.

E il trapizzino? Questa sì che è un’invenzione tout-court. Trattasi, per gli incliti, di un un angolo di pizza bianca romana (dalla forma inesorabile di tramezzino) aperto e riempito con abbondanza più americana che italica di trailer di cucina romanesca: trippa, coratella, picchiapò, polpette al sugo, amatriciana, seppie con piselli, lingua. Una scarpetta da asporto, come ama definirla Stefano, che la propone nel suo terzo locale, quello 00100 (codice postale di Roma e insieme omaggio alla farina doppio zero) che aprì qualche anno fa a Testaccio come personale contributo all’edificazione di una strada romanesca al cibo da strada.

Con il trapizzino Callegari ha di recente stupito anche i newyorkesi, gente difficile da colpire su qualsiasi terreno, presentando i suoi pitagorici manicaretti al festival del cibo di Madison Square. E a proposito di toponomastica masticabile, quando un giorno intitoleranno a Callegari una via (sempre meglio che a qualche ministro dell’arco parlamentare) sotto ci scriveranno: “Inventore del trapizzino”. E molti di coloro che avvisteranno la targa rivolgeranno al grand’uomo pensieri grati e pieni di succhi gastrici in calore.

Ha partecipato a

Identità Milano


Stefano Callegari è nato a Roma il giorno di Natale del 1968. È l’inventore di Sforno, 00100 e Tonda, tre dei locali dove è meglio declinata l’arte della pizza nella capitale. E’ riuscito – con lui pochi altri - nell’impresa di fare finire una pizzeria nelle guide gastronomiche paludate

di

Andrea Cuomo

Romano ma ora a Milano, sommelier, è inviato del quotidiano Il Giornale. Racconta da anni i sapori che incontra