Ha stretto mani, abbracciato vecchi amici, scambiato chiacchiere e sorrisi con quanti si sono dati appuntamento davanti al Municipio di Santa Venerina per incontrarlo e salutarlo. «Sono tornato a casa» ha detto Giuseppe Caffo, per tutti Pippo, presidente del Gruppo Caffo 1915 e padre del celebre Vecchio Amaro del Capo. Lui in questo piccolo comune di ottomila abitanti sul versante orientale dell’Etna ci è nato nel 1945 e, in occasione della 28ª edizione di EnoEtna, la manifestazione dedicata ai vini del vulcano e alle eccellenze gastronomiche del territorio, il Comune ha voluto conferirgli la cittadinanza onoraria “per l’orgoglio con cui ha mantenuto vivo il legame con le proprie radici”.
«Non sono il cittadino più illustre di Santa Venerina, sicuramente ce ne sono altri», dice sornione, ma Pippo Caffo sa bene di aver fatto un lavoro per certi versi straordinario, trasformando la piccola distilleria di famiglia, nata proprio nel comune etneo nel 1915, in un gruppo industriale con sedi e stabilimenti in Italia e all’estero.

Pippo Caffo durante il conferimento della cittadinanza onoraria al Comune di Santa Venerina
Le vicende della famiglia
Caffo, che si intrecciano con quelle del piccolo borgo catanese, narrano una storia di mastri distillatori che va avanti da quattro generazioni e affonda le radici nella fine del 1800. La svolta inizia lentamente nel 1915, quando il nonno, omonimo di
Pippo, decide di non lavorare più in affitto e rileva una distilleria a Santa Venerina. In quegli anni il comune etneo era un centro di grande importanza per distillati e liquori, favorita dall’abbondanza di uve etnee, agrumi ed erbe officinali, ma anche dalla vicinanza al porto di Riposto e alle vie commerciali della costa ionica. Non è un caso se ancora oggi una delle arterie principali si chiama Via Stabilimenti, toponimo che racconta di una concentrazione di fabbriche e opifici legati all’alcol e ai rosoli. «Nel secondo dopoguerra si contavano undici distillerie, almeno sette delle quali avevano una certa rilevanza dal punto di vista economico», racconta il giornalista e scrittore
Giovanni Vecchio che alla storia delle distillerie di Santa Venerina ha dedicato un libro.
Tradizioni e competenze tramandate di padri in figli “che agli inizi del secolo scorso hanno permesso a molte di queste distillerie di realizzare prodotti poi imbottigliati da grandi aziende italiane come la Stock o la Sarti”, scrive Vecchio.

Pippo Caffo, al centro, quando aveva cinque anni
In questo contesto i
Caffo portano avanti la loro azienda sino a quando si prospetta la possibilità di ingrandirsi. Ma per farlo bisogna passare lo Stretto di Messina e arrivare fino alla provincia di Vibo Valentia, a Limbadi, località all’epoca famosa per la produzione di vino rosso. Impacchettati alambicchi ed erbe aromatiche, la famiglia
Caffo trasferisce l’azienda in Calabria, nel piccolo comune alle pendici del Monte Poro, la collina che sovrasta il promontorio di Capo Vaticano, e inizia la produzione di liquori ottenuti da antiche ricette con erbe aromatiche ed officinali.
Oggi il Gruppo Caffo 1915 possiede il più importante stabilimento per la produzione di alcolici del Sud Italia, che a regime raggiungerà una capacità produttiva di oltre 12 milioni di bottiglie annue, conta centinaia di dipendenti e una rete commerciale che ha portato il Vecchio Amaro del Capo a diventare leader di mercato in Italia e a imporsi in numerosi mercati internazionali, dal Canada agli Stati Uniti, dal Giappone all’Australia, dall’Argentina alla Colombia, oltre a vari Paesi europei.
«Quello che ho fatto l’ho fatto giorno per giorno – racconta Pippo Caffo – Volevo portare avanti l’azienda, farla crescere. Avevo una meta da raggiungere ma all’inizio non sapevo con precisione quale avrebbe potuto essere. Mi sono impegnato tanto e oggi, senza recriminare nulla, posso dire di avere raggiunto più di quanto pensassi. Quando è nato l’Amaro del Capo, l’idea era quella di fare un prodotto buono con erbe locali calabresi e siciliane. Evidentemente ho indovinato la formula, sarò stato fortunato, sarò stato bravo, non lo so, ma è diventato il primo marchio in Italia e anche all’estero sta facendo strada. Vuol dire che piace. L’ingrediente più importante di questo amaro è l’animo di fare un buon prodotto».

Lo stabilimento Caffo a Limbadi, proivincia di Vibo Valentia
«Dalla Sicilia – continua l’imprenditore - ho portato con me la determinazione, la voglia di fare bene e crescere. Sono contro l’omologazione: io credo che bisogna distinguersi e penso che noi, in qualche modo, ci siamo riusciti. Se una cosa mi interessa, la faccio sempre con passione». La stessa che mette ogni giorno nel sedersi ancora oggi alla sua scrivania per spingere sempre avanti la politica dei piccoli passi, in barba all’età anagrafica, portata con entusiasmo. Nuovi progetti sono andati recentemente in porto e altri sono in cantiere. «Ho la fortuna di avere chi mi segue nel lavoro che ho fatto, anzi chi mi precede, dato che mio figlio
Nuccio (amministratore delegato dell’azienda,
ndr) è più bravo di me».

Pippo Caffo col figlio Nuccio, ceo del gruppo, al momento dell'acquisizione della Cinzano
Il 2025 è stato un anno importante per l’azienda che ha condotto in porto un’operazione da 100 milioni di euro, l’acquisto della storica
Cinzano dal
Campari Group. Dice
Pippo: «Abbiamo fatto un grande passo rilevando una delle più importanti aziende italiane che oggi è arrivata a noi con l’impegno di farla crescere e riportarla ai vecchi lustri».

L'ex distilleria di Santa Venerina: sono in corso i lavori di recupero, sarà trasformata in museo
E intanto sancisce il suo “ritorno a casa” con l’annuncio della nascita di un museo dei distillati che sorgerà nello storico stabilimento di famiglia a Santa Venerina, restituito alla comunità come spazio della memoria e della tradizione. «Lo avrei voluto inaugurare lo scorso giugno in occasione dei miei ottant’anni – afferma – ma non ce l’abbiamo fatta. Stiamo ultimando tutte le opere che servono. Sarà un ritorno all’antica tradizione di questi luoghi che sono stati la più grande distilleria d’Italia negli anni Cinquanta del secolo scorso, una memoria storica. E se non abbiamo fatto in tempo a inaugurarlo per i miei ottant’anni, lo faremo per gli ottantuno…». Del resto, come ha scritto il drammaturgo statunitense
Robert Frost, “
casa è quel posto dove, quando ci andate, vi accolgono sempre”
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