Solitamente, chi è nomade non sta mai fermo ed è in movimento da sempre, proprio come la mente di Moreno Cedroni e del suo gruppo creativo di cuochi. Questa analogia è una buona introduzione per il menu 2025 del Il Clandestino Susci Bar, il meraviglioso capanno sul mare nella baia di Portonovo, nelle Marche, che si chiama proprio Susci Nomade. Volendo dare una definizione più enciclopedica di nomadismo, grazie alla Treccani si scopre che l’etimologia del termine viene dal greco “pascolare”, inteso come un’attività legata all’allevamento e anche allo spostamento, cosa che ha preso il sopravvento nell’accezione comune. Dopo aver studiato una quarantina di popolazioni nomadi, Cedroni e i suoi ne hanno scelte otto, senza confini, anche nei gusti rappresentati. Il viaggio e la contaminazione culturale sono i cardini del tema, introdotto così dallo chef: «Dai ghiacci dell’Artico alle acque tropicali del Sud-Est Asiatico, dai deserti del Medio Oriente alle foreste sudamericane, il menu Susci Nomade racconta l’incontro tra culture e ingredienti in continua evoluzione, celebrando l’arte dell’adattamento e della trasformazione. Si tratta di un menu che attraversa i popoli e gli usi e costumi culinari di chi ha fatto del movimento la propria essenza, trasformando il cibo in un linguaggio universale di scambio e connessione».

La brigata del Clandestino, ritratta di fronte al capanno-ristorante
Fare ristorazione è incontrare le persone, offrendo loro nutrimento, e proprio l’atto dell’incontro è comune al viaggio rappresentato in questa degustazione. Il nomadismo, quindi, non è solo spostamenti, ma anche legami, che vengono a loro volta impreziositi da scoperte, contaminazioni e nuove abitudini.
Moreno Cedroni fa navigare il palato tra ingredienti sensuali (come la sua amatissima ricciola, sempre presente e definita proprio così) o inconsueti alle nostre latitudini (la renna), consistenze nuove (il baccalà), unioni bizzarre ma buonissime (cozze e mirtilli) e colori talvolta monotematici, ma con guizzi di gusto sorprendenti. Questo viaggio attraverso terre estreme e acque sconosciute, sulle tracce dei popoli nomadi, è frutto di una ricerca continua, che interseca passato, presente e futuro, andando a scavare anche negli archivi delle ricette di più di quarant’anni di ristorazione.

Il Clandestino Susci Bar (foto Francesco Scipioni)
Per farlo, chef
Moreno si è affidato a
Luca Abbadir e a un’equipe di talentuosi e giovani cuochi, che meritano di essere citati:
Myungeun Kim,
Alessandro Mandrioli e
Francesco Picasso, con
Massimo Franzin, impeccabile padrone di casa per l’accoglienza del
Clandestino. Una volta terminata l’esperienza, viene davvero voglia di prendere e partire, senza una meta precisa, ma sicuramente con una certezza sulla modalità: salpare da quel meraviglioso e cristallino Adriatico che è proprio lì, di fronte a chiunque si farà cullare da questo concentrato di popoli chiamato
Susci Nomade.

Caipirinha con idromele di mais: i Guaranì, popolo del Sud America, sono custodi delle foreste pluviali. Essi vivono in armonia con la natura, tramandando miti e conoscenze attraverso il canto e la spiritualità̀. L’aperitivo non è stato facile da creare: si voleva abbandonare l’ormai consueto ghiacciolo e la chiave di volta è arrivata dall’unire l’idromele di mais con la cachaça

Ricciola, salsa al curry e germogli di bambù, patata dolce, ananas, basilico thailandese, critmo marino e alga fritta: ispirato ai Bajau, dal Sud-Est Asiatico (Filippine), noti come “nomadi del mare”. Essi trascorrono la vita in mare, nutrendosi di ciò che pescano e vivendo in perfetta simbiosi con l’oceano. Hanno una milza più grande del normale e possono stare tanto tempo in apnea per pescare: la natura li ha dotati di una mutazione genetica. Torna la ricciola, il pesce preferito da crudo da Cedroni: ha una sensualità unica e, come pesce azzurro, ha una parte metallica da bilanciare opportunamente (cosa ben riuscita nel mix di ingredienti vegetali in accompagnamento)

Ventresca di tonno cruda, insalata Iceberg con maionese al wasabi, dadini di renna e lampone, gel di ponzu: uno dei piatti più divertenti e completi del menù Susci Nomade ha come protagonista il popolo delle nevi eterne, gli Inuit. Essi si sono adattati a uno degli ambienti più estremi del pianeta, l’Artico, sviluppando tecniche uniche di caccia e conservazione del cibo, che viene consumato crudo o congelato. Per questo, la ventresca di tonno viene marinata nella soia da cruda e poi congelata. Mentre si svolge il racconto in sala, essa inizia a raggiungere la temperatura ambiente, cambiando consistenza e diventando più tenera, ottima da mangiare come un tacos, sfruttando l’insalata, da cui sono stati prima pescati i dadini di renna, sorprendenti per texture e aroma

Moro oceanico, cozze, mirtilli, limone candito e alga Kombu: antichi navigatori delle acque australi (siamo nella Terra del Fuoco, tra Argentina e Cile), gli Yaghan hanno sfidato il clima estremo della Patagonia meridionale, vivendo di pesca e raccolta di molluschi. Cacciavano tutti nudi e si riscaldavano coi fuochi, mangiando soprattutto cozze (lasciavano gusci ovunque, creando vere e proprie colline), che qui sono abbinate ai mirtilli, in memoria di una bacca rossa che questo popolo gustava proprio con il mitile. È molto interessante la cottura del Moro oceanico (che viene da queste zone, tra l’altro): è passato in acqua e calce per fissare le fibre e poi finito in oliocottura con olio di cocco, per una consistenza irresistibile

Paella con crostacei e molluschi, masala, cicoria e Kalanchoe: viaggiatori erranti da secoli, i Gitani hanno assorbito sapori e tradizioni culinarie da ogni terra attraversata, creando una cucina di contaminazione. Originari dell’India, si stanziano in Spagna, patria della Paella: riso cotto in brodo di granchio e zafferano, mazzancolla al coriandolo, calamaro al cumino, polpo alla paprika con maionese di polpo (a ricordare il Pulpo a la Gallega), seppia turgida, cozza al limone candito, salsa masala, salsa di cicoria e Kalanchoe. Questo è stato il primo piatto provato per il menù e ha subito conquistato tutti

Baccalà con salsa di levistico, acetosa, ortica, alga Codium: nella Scandinavia Artica, come pastori e pescatori, i Sámi vivono in simbiosi con le renne e il paesaggio artico, mantenendo vive antiche tecniche di affumicatura e conservazione. Per questo secondo, la tonalità del piatto è importante: popolazioni fredde, toni freddi. Il baccalà viene idratato nella soda caustica, che lavora sulle proteine e lo rende quasi gommoso, ma con mordente e compattezza. Cedroni lavora su consistenze coraggiose, in onore di questo popolo: si cerca una masticazione definitiva, ma il pesce non la concede, lasciandosi continuamente assaggiare, in un loop virtuoso di bocconi che chiamano bocconi

Gelato all’elicriso, yogurt al pino, frutti rossi, pan di spagna, granita al gin tonic, lattuga di mare sciroppata: cacciatori e raccoglitori dell’estremo nord, gli Ainu hanno sviluppato una cultura unica, basata sulla spiritualità̀ della natura e sulla fermentazione. Arrivano dalla Siberia ad Hokkaido, in Giappone, durante l’ultima glaciazione. A loro è dedicato un dolce stratificato, che parte dall’elicriso amarognolo (con sentori di liquirizia), ma ben bilanciato dal resto. I toni bianchi ricordano i ghiacciai

Cioccolato, datteri, cardamomo, the alla menta: tribù̀ nomadi del deserto, i Beduini hanno tramandato per secoli l’arte dell’ospitalità̀, il valore delle spezie e la magia del viaggio. Sono definiti figli delle stelle, perché una leggenda vuole che siano stati inviati proprio dalle stelle per insegnare queste arti agli umani. La grafica dell’ultimo atto dolce ricorda la sabbia del deserto, mossa dal vento, che disegna il Beduino. Si compone di cioccolato al latte e bianco in ganache, cardamomo, cannella, anice stellato, datteri e polvere di mandorle tostate, servito con un the alla menta, da mangiare col dito