Igor Macchia

La Credenza

via Cavour, 22
San Maurizio Canavese (Torino)
T. +39.011.9278014

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Non si capisce chi sia il primattore e chi la spalla fra Igor Macchia e Giovanni Grasso, una delle accoppiate più simbiotiche della ristorazione italiana. Entrambi cuochi, entrambi giovani, entrambi torinesi. Corion e amnios della loro vita gemellare si spostano morbidamente sulla soglia di sala e cucina. «Mamma segretaria, papà impiegato, quando tornavo da scuola i miei non c’erano mai, allora dovevo improvvisare qualche pranzo sperimentale. È stato così che ho cominciato», racconta Igor.

Segue la scuola alberghiera cittadina, punteggiata di stagioni nei locali dei paraggi. Fra due cuochi e due fuochi, i sacrifici e le asprezze non bastano a sopire in lui divertimento e vocazione. Anche perché in agguato c’è l’incontro karmico, propiziato da un compagno d’alberghiero che officiava in un localino senza troppe pretese di San Maurizio Canavese. Capitato un po’ per caso alla Credenza, con Giovanni Igor si capisce al volo. È abile e arruolato. A quei tempi il menu è tutto agnolotti e grigliate, un po’ poco per un cuoco navigato come Giovanni, lanciatosi nell’avventura da patron di un locale avviato.

È così che al posto del solito contratto, fra i due viene siglato un patto di reciprocità: far decollare il ristorante mentre la carriera di Igor respira. Trasferte, stages, persino lunghe pause di lavoro nei posti giusti. Il Gavroche di Londra, quasi una caserma, piuttosto che l’École Valrhona, «perché io sono nato pasticciere: forse per questo amo la tecnica». Fino alle tre stelle del Restaurant Bruneau, dove si ferma a lavorare per oltre un anno. Sviluppi metabolizzati senza fretta, via via che Igor inizia a dialogare alla pari mentre Giovanni si appassiona alla sala.

Nel frattempo anche la cucina italiana fa take off. «Mi reco annualmente in Asia per promuoverla. Mi serve per non ‘giocare in casa’, vedermi dall’esterno e capire anche il cliente più lontano. Quando ho iniziato, se non c’erano l’aglio e il pomodoro, non capivano. Ma oggi la nostra immagine è cambiata. Perché la cucina ha imboccato la strada del gusto senza compromessi, valorizzando i prodotti nel modo più radicale. La trasparenza. Anche alla Credenza mettiamo meno cose nel piatto: tre elementi ormai possono bastarci per stupire».

Ha partecipato a

Identità Milano


di

Alessandra Meldolesi

Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini