Christophe Felder

Capita che un giorno ti trovi davanti un dolce semplicemente, gioiosamente buono e te ne innamori. Semplice da mangiare anche se non necessariamente semplice è la sua concezione, e per questo tanto più affascinante. Ci ha incantati al primo assaggio, e ha continuato sino alla fine, e anche dopo nel ricordo, il méli mielo di rughetta e pompelmo rosa, rallegrato da una vinaigrette alla vaniglia e coronato da un sorbetto di pompelmo, che Christophe Felder, ex chef pasticcere del Crillon a Parigi, ora consulente per una catena di pasticcerie giapponesi e prolifico autore di ricettari di cucina belli e possibili ha preparato per una volta a Londra.

Incantati: intanto, per la freschezza, la gioiosità, l'allegria, la bontà, l'immediatezza. Poi, per le idee che c'erano dentro: l'impiego delle verdure nel dessert, la vinaigrette alla vaniglia che accarezza le foglie della misticanza scoprendone una dolcezza inusitata, e la base di sorbetto, un cuscino morbido sul fondo del bicchiere. Aperto, socievole e chiacchierino anche il carattere del concassé di cetrioli e mela verde marinata alla menta, quasi una risposta dolce allo tzatziki greco, con il sorbetto alla menta come fondo. Idea copiabile a casa con discrete probabilità di successo. A differenza del confiné di peperoni al cumino e limone, con fragola e lampone e un fondo di gelato al cioccolato sferzato da grani interi di cumino: un gioco di frizione e acceleratore che richiede perizia e cognizione di causa.

Peccato solo che Felder abbia abdicato lasciando la ristorazione per la ricerca: in una cucina bunker sulla Rive Gauche a Parigi, mette a punto dessert che verranno realizzati in Giappone, con la sua signature. Il ristorante, dice, talvolta gli manca: «Essere pressati, la costrizione del tempo, stimola la creatività». Intanto investe in un hotel nella sua città natale con le camere che si chiamano come spezie, frutti e dolci. Poi magari un giorno la ristorazione gli mancherà abbastanza da ritornarci, con la naturalezza e il divertimento che conferiscono piacevolezza al risultato. «Non ho mai l'impressione di lavorare», dice, anche se l'elenco dei progetti in corso fa venire il capogiro.

Ha partecipato a

Identità Milano


di

Roberta Corradin

ha scritto di cucina e ristorazione per svariate testate giornalistiche italiane e statunitensi. Il suo primo libro, Ho fatto un pan pepato, pubblicato nel 1995, le ha aperto le porte del food writing. Ha pubblicato tra gli altri Le cuoche che volevo diventare (Einaudi 2008), La Repubblica del maiale (Chiarelettere 2014), e insieme a Paola Rancati Tradizione Gusto Passione, uscito anche in inglese con il titolo Taste and Tradition. Per i suoi 50 anni si è fatta il regalo di lasciare il giornalismo, che la annoiava. Insieme al marito Antonio Cicero gestisce il ristorante Il Consiglio di Sicilia, a Donnalucata