Enrico Buonocore

Foto Brambilla-Serrani

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“Un caso voluto.” Così Enrico Buonocore descrive l’insieme di coincidenze che l’hanno portato a diventare uno degli imprenditori di maggior successo della ristorazione italiana. È per caso che ha iniziato a lavorare nei bar milanesi, prima dietro il bancone e poi nella gestione; ma è per volontà che è rimasto nel settore, perché ha capito subito che “poteva fare per me. Sono un uomo di strada, ma so riconoscere i miei talenti.”

Buonocore ha appena 31 anni quando nel 2007 apre la ‘casa madre’ di Langosteria in via Savona a Milano. Nel 2012 arriva il Bistrot, nel 2015, durante Expo, il temporary bar al Superstudio di via Tortona, nel 2016 il Cafè a pochi passi da Piazza Duomo. Nel 2017 Buonocore intraprende quella che per lui è l’avventura più importante, e la più impegnativa: Langosteria Paraggi, su un lungomare in cui “prima di noi c’era un nulla ristorativo. Ma ho intuito le potenzialità di un posto che è un vero e proprio paradiso terrestre. È stato un successo incredibile.”

Incredibile in bocca a lui suona come una parola strana. È tutto incredibile nella velocità con cui ha fatto diventare realtà “la visione Langosteria,” così la definisce, partita da un locale di 20 metri quadri e arrivata a una holding da 20 milioni di euro all’anno di fatturato. “Non avevo già in testa tutto quello che poteva essere,” racconta. “Ma di una cosa ero sicuro: doveva essere un’esperienza caratterizzata da eccellenza. Non ho mai posto limiti, un’idea buona non ha budget e sulla qualità non si deve mai barare. Non siamo mai fermi, statici: cerchiamo l’innovazione continua e allo stesso tempo rimaniamo fedeli a noi stessi.”

Buonocore parla spesso al plurale, riferendosi al suo team, a quell’insieme di professionalità di cui ha saputo circondarsi e con cui ha costruito, pezzo per pezzo, la Langosteria: “Ho un turnover bassissimo. Il bello dei successi è saperli condividerli. La selezione del personale è la cosa più faticosa, ma ripaga. Con un one man show non si arriva da nessuna parte.”

E a sé che meriti attribuisce? “La spregiudicatezza,” ride. “La capacità di riconoscere il buono: so cosa il cliente ama mangiare, non ho mai perso l’occhio del consumatore, alleno costantemente il gusto. E poi viaggio continuamente, in modo da cogliere ogni nuova tendenza. Se dovessi trovare dei ristoranti a cui paragonare i nostri, sarebbero Zuma o Nobu, due concept internazionali.” Ora è Langosteria stessa ad esserlo diventata, un trend. “Sono orgoglioso di vedere quanti si sono ispirati a noi, nell’atmosfera e nella proposta gastronomica: ho creato una vera e propria azienda, che ora è pronta a sbarcare all’estero.”

E nel 2021 il varo della straordinaria avventura parigina, Langosteria aperta in partnership con Cheval Blanc Paris, Maison del gruppo LVMH. Affacciato sulla Senna, il ristorante è al settimo piano e gode di un ampio spazio interno aperto su una splendida terrazza con vista sullo skyline della Ville Lumière.

Ha partecipato a

Identità Milano


di

Giorgia Cannarella

bolognese per nascita e per scelta, scrive di cucina e di tutto quello che le ruota intorno per Munchies Italia, il sito di Vice dedicato al cibo, con escursioni cartacee su Gazza Golosa e Dispensa. Tra le sue passioni si annoverano il Cynar, i biscotti e i boschi, non necessariamente in quest'ordine