La fatica è bontà da donare. Forse il segreto di un mercato agricolo come Lo Matsòn a Courmayeur, in Val d'Aosta, è proprio in quel concetto così umanamente semplice. La manifestazione ha festeggiato i 25 anni e tra i 70 espositori c'è chi non ha perso un'edizione a conferma di come portare i propri prodotti in mezzo alla gente sia una missione, un orgoglio e un metterci la faccia.
“Chi li fa, ti aspetta”, un motto conviviale che ha richiamato sotto lo sguardo vigile del Monte Bianco moltissimi turisti e gente di montagna che il cibo e il vino buono sa riconoscerli. Spesso la valdostana Courmayeur è etichettata come l'esclusiva località per fighetti avvezzi allo shopping firmato, allo spritz in piazza e al selfie sulla terrazza panoramica del ghiacciaio del Monte Bianco. Courmayeur è anche questo, ma non solo questo. Devi viverla chiacchierando con la gente del luogo per capire che qui, a parte il picco dei 20 mila turisti per il Ponte dell'Immacolata, si sta bene e i giovani che se ne vanno il più delle volte tornano. Lo Matsòn, che in dialetto valdostano significa “merenda”, ti racconta proprio questo: genitori e figli si sono stretti per continuare quello che è stato il pane quotidiano delle 3 o 4 generazioni precedenti.

Una masterclass dedicata alla fontina DOP Alpeggio ne ha fatto conoscere sfumature ed aromi, accompagnati da un calice di Cave Mont Blanc
Succede anche in fatto di ospitalità dove la cura del dettaglio e l'amore del profumo del legno diventano il filo conduttore di un'esperienza a 5 stelle all'Auberge de la Maison, saldamente in mano dal 1996 alla famiglia Garin che oggi come ieri aspetta ogni mattina i contadini con il carretto pieno di verdura e di frutta per poter mettere in tavola il meglio. Riuscendoci a pieni voti proprio nel segno della tradizione: ottime espressioni del territorio sono state, a cena, la fonduta alla valdostana con crostini di pane, patate e polenta croccante e il salmerino alpino alla mugnaia con funghi porcini, limone e salsa alle erbe. Nell'economia della valle le donne hanno un ruolo importante: è Alessandra, terza generazione Garin, a gestire l'hotel con gentile autorevolezza ma se ti guardi intorno tante sono le storie di donne forti e tenaci che hanno messo al centro della loro attività il territorio.
E' così, per esempio, per Fiorella Milliery che con la figlia Valeria segue le orme dell'Agri Mont Blanc, l'azienda di famiglia con un centinaio di capre di razza scamosciata alpina. All'attività dell'allevamento hanno aggiunto quella della trasformazione del latte con la produzione, stagionatura e vendita dei propri prodotti. «Siamo una delle poche realtà valdostane – spiega con orgoglio Fiorella – a produrre yogurt. Lo realizziamo in 14 gusti e all'inizio non tutti pensavano che quello di capra fosse così buono. Siamo testarde, ci abbiamo creduto e oggi è molto richiesto. Non è facile stare dietro a 100 capre, vanno munte due volte al giorno e trasformare il loro latte in formaggio è molto più difficile rispetto a quello di mucca». E aggiunge sorridendo: «I momenti di scoraggiamento non mancano, la burocrazia e la fatica nel trovare manodopera sono deterrenti al nostro entusiasmo. Poi pensiamo all'unicità dei nostri 200 litri di latte quotidiano e riprendiamo energia. Il nostro rimpianto? Aver disdetto all'ultimo la nostra partecipazione a Lo Matsòn. Il nostro orgoglio? Essere stati costretto a farlo perchè siamo rimsti senza formaggi. Venduti tutti nel nostro spaccio».

Lungo la principale via di Courmayeur 70 artigiani con il motto di "Chi li fa, ti aspetta" hanno esposto i loro prodotti agricoli, tutto rigorosamenti "made in Val d'Aosta"
Lo Matsòn è organizzata molto bene e se poi è baciata da una giornata di sole e azzurro estivo la cornice da cartolina è fatta. I banchi, rigorosamente in legno, attraversano il paese, sono tutti uguali nelle dimensioni e non sono divisi a settori: puoi trovare la fontina, poi il genepy, poi torni alla fontina e subito dopo magari passi ai biscotti, al miele, alle mele, al pane o alla birra e al gin. Questo susseguirsi a random significa che non c'è un ingrediente più importante a vincere, qui sono la comunità e il territorio a vincere. Insieme. E lo spiega bene lo chef Carlo Cracco chiamato a festeggiare i 25 anni della manifestazione con uno showcooking d'eccezione con tanto di degustazione per i 300 fortunati che, prenotandosi gratuitamente, si sono guadagnati l'accesso al tendone. Cracco ha preparato un risotto con funghi porcini e fontina, ma è stato un autentico spot per i protagonisti del mercato contadino. «Uno chef – ha detto – ha il dovere morale di valorizzare il territorio e tutto quello che gli ruota intorno, altrimenti saremmo senz'anima. Il territorio ci dà tanto e noi abbiamo il dovere di restituirgli qualcosa. Un evento come Lo Matsòn per un cuoco è una risorsa, è uno scambio di visioni e ognuno di noi deve essere capace non solo di portare via ma di aggiungere qualcosa di suo, dando il meglio di se stesso Il meglio della cucina italiana si fonda proprio sulla territorialità e senza gli artigiani i suoi sapori vincenti non esisterebbero». E poi aggiunge quello che non è altro che un anello della catena che tiene insieme tutti questi produttori: «E' il lavoro che ti aiuta a diventare bravo e la passione a non fartelo pesare. Io ho alle spalle 44 anni di lavoro ed è stata proprio la passione a farmi superare le difficoltà incontrate. Tenendo sempre ben chiaro un concetto: questo mestiere si fa per gli altri, non per se stessi».

Il risotto preparato dallo chef Carlo Cracco è stato promposso a pieni voti da chi lo ha assaggiato. Dal palco aveva detto: «Il territorio ci dà tanto, noi abbiamo il dovere di ristituirgli il meglio di noi stessi»
Ed è stato proprio così per Wanda Favre che ha iniziato a fare biscotti da regalare ad amici e parenti per poi scoprire che quel mettere le mani in pasta la rilassava e rasserenava. Così ha mollato il posto fisso nel caseificio e con la mamma Margherita e la figlia Morgana ha trasformato una passione in un'attività tutta al femminile, senza spostarsi da dove vive, un posto incantato distante 5 chilometri dall'abitato di Fontainemore e con un'arrampicata di 5 tornanti che ti porta ad un passo dal cielo. «La mia sveglia – racconta – suona alle 4 del mattino, preparo fino a 20 chili di biscotti al giorno alla maniera del C'era una volta che è anche il nome del mio laboratorio. Uso solo ingredienti naturali e del nostro territorio che stimolano la mia fantasia e creatività. Questo è il periodo dei Novembrini con farina di segale, castagne e zucca». Accanto a lei Morgana, fresca diplomata, conferma che vivere staccata da una quotidianità frenetica non è poi così male. Si assapora la libertà delle scelte e – sottolinea Wanda – «la testa frulla sempre di idee, non c'è più come prima la routine del tutto uguale. I miei biscotti profumano delle mie montagne, qui l'intelligenza artificiale sta alla larga». Nei weekend porta i suoi biscotti per fiere e mercati «e – spiega – la sveglia suona ancora prima perchè anche se le distanze sono ridotte i nostri tornanti e le strade verso i paesi non sono certo agevoli...».

Il successo di Lo Matsòn è la conferma che si può fare rete anche tra i produttori: a Courmayeur l'identità e la difesa del territorio sono i valori che hanno accomunato espositori e visitatori
La forza delle donne è un richiamo costante a Lo Matsòn. Ne sa qualcosa anche Emilia Berthod, scesa dalla Valsavarenche con il suo prezioso genepy distillato e lavorato in tante golose bontà. Anche per lei la parola “svolta” è stata decisiva. «Nella mia esistenza ci sono tutte le pagine dell'Inps – scherza -. Ho fatto la ragioniera, l'addetta alle vendite, l'impiegata nel pubblico, la segretaria... Ma poi arriva il giorno che la vita prende un senso, pur tra mille intoppi. E' successo 22 anni fa: ero incinta della mia seconda figlia, mi ero appena licenziata, stavo interrogandomi su cosa avrei fatto da grande quando sfogliando una rivista d'informazione agricola, mi colpì un annuncio: si offrivano piantine di génépy a chi avesse campi, tempo e passione per questa coltura sperimentale. Ho iniziato con 200 esemplari, l'anno successivo erano già 10 mila. Ho cominciato senza avere quasi idea di cosa fare, ero inesperta e il genepy, che è un'artemisia d'alta quota, è una pianta molto difficile da coltivare e da raccogliere esclusivamente a mano. Io sono la dimostrazione che con la curiosità e la passione nulla è impossibile». Passione è il requisito che torna insistentemente, proprio come ci aveva sottolineato lo chef Carlo Cracco. Dopo 16 anni di commercio di sole piantine essiccate, nel 2018 l'azienda Da Emy si amplia con l'ingresso della figlia Ambra Tomasoni. «Lei ha 31 anni – sorride Emy -, io 57. Abbiamo due scuole di pensiero, io sono un vulcano, lei è la mia tisana». La sede dell'azienda è a Bois de Clin, un piccolo villaggio a 1.400 metri in Valsavarenche, nel Parco del Gran Paradiso. Emilia con il tempo ha aggiunto altre coltivazioni di erbe alpine come l'achillea, l'arnica, la verbena, l'imperatoria che tratta per farne tisane, biscotti, caramelle mentre la trasformazione del genepy in liquore è affidata ad una distilleria. «E pensare che io sono astemia» mi dice fornendomi un assaggio.

La cornice ambientale aiuta Courmayeur ad essere tra le località montane più gettonate d'Italia: qui "abita" anche sua maestà il Monte Bianco
A Lo Matsòn il genepy è una religione, te ne accorgi non solo girando tra i banchi ma anche partecipando alla masterclass tenuta da Bernardo Ferro, valdostano e presidente ABI Professional, che ha spiegato come il genepy stia tornando ad essere un distillato di grande importanza anche per la mixology. E a fare breccia nel buon bere valdostano ci pensa pure Cave Mont Blanc, che ha fatto della viticoltura eroica la sua sfida e dell'associazionismo il proprio segreto vincente. La Valle d'Aosta è infatti molto frammentaria, le vigne non si misurano in ettari ma in metri quadrati: Cave Mont Blanc è una cooperativa nata nel 1983 dall'unione di 70 vignaioli valdostani. Eroici nel vero senso della parola, ma anche capaci di osare perché la spumantizzazione di un migliaio delle annuali 45 mila bottiglie di spumante metodo classico vengono lavorate a 2.173 metri, presso il Pavillon du Mont Fréty, la stazione intermedia della funivia del Monte Bianco. Chi ancora non li conosceva, ha alzato i calici con loro proprio a Lo Matsòn dove, tra l'altro, si sono rivelati l'accostamento ideale per il risotto di Cracco. Cosa mi resta della mia prima volta a Lo Matsòn? Avere toccato con mano una grande espressione del fare rete, del mettere insieme tante storie e tanti prodotti con la volontà di crescere insieme. Senza gelosie ed invidie, ma con l'orgoglio dell'identità e dell'appartenza allo stesso territorio. D'Artagnan avrebbe detto: “Tutti per uno, uno per tutti”. Missione compiuta.