18-08-2023

Amaro: Massimo Montanari racconta la passione italiana per questo gusto

Il nuovo libro dello storico dell'alimentazione analizza le origini della spiccata propensione per l'amaro che caratterizza la nostra cultura gastronomica

Amaro, un gusto italiano è pubblicato da Laterza

Amaro, un gusto italiano è pubblicato da Laterza Editori nella collana i Robinson. 136 pagine, 13 euro in edizione cartacea, 8,99 euro in versione e-book

Aprendo il suo articolo di qualche giorno fa, dedicato a una cena da Davide Di Fabio al Dalla Gioconda di Gabicce, Carlo Passera citava il giornalista e scrittore francese Emmanuel Giraud, e il suo libro L'amer, a sua volta citato nel più recente volume firmato dallo storico dell'alimentazione Massimo Montanari, docente all'Università di Bologna. Montanari infatti ha scritto, per Editori Laterza, Amaro, un gusto italiano: un libro che prende spunto proprio dal lavoro di Giraud, in cui il francese afferma che la sua «immersione nella cultura italiana è avvenuta attraverso l'amaro. In Italia l'amarezza è gioiosa, condivisa, appariscente. Non quella cosa di cui in Francia abbiamo quasi vergogna. In Italia l'amaro arriva in ogni occasione, dal primo caffè del mattino fino all'amaro digestivo che si assapora nella quiete notturna».

I pensieri di Emmanuel Giraud, legati ai ricordi di una permanenza di diversi mesi a Roma, hanno fatto nascere in Massimo Montanari il desiderio di esplorare, analizzare storicamente e raccontare la passione degli italiani per l'amaro. Il risultato è un viaggio intellettuale ricco e divertente, colto e brillante, che aiuta a comprendere quanto, in effetti, il gusto per l'amaro sia una caratteristica, non esclusiva ma particolarmente spiccata, della cultura gastronomica italiana.

E' importante, per Montanari, parlare di "cultura", in quanto il gusto, spiega lo storico, ha che fare sia con la fisiologia che con la cultura: «Sono la lingua e il palato, con le papille gustative, a sentire i sapori; ma chi li valuta (nel senso di giudicarli buoni o cattivi, quindi accettarli o rifiutarli) è il cervello, con tutto il carico di valori e modelli, giudizi e pregiudizi che vi si sono storicamente stratificati». A diverse culture, a diverse società, con diverse storie, corrispondono dunque gusti diversi.

Massimo Montanari insegna Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna, dove ha fondato il Master “Storia e cultura dell’alimentazione”

Massimo Montanari insegna Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna, dove ha fondato il Master “Storia e cultura dell’alimentazione”

La predilezione per il gusto amaro della cultura gastronomica italiana viene dimostrata dalle molte tipicità che ci rappresentano: Montanari elenca le infinite varietà di radicchi, la cicoria, le puntarelle, l'indivia cotta alla brace caricandola di un'ulteriore nota amara, la rucola che è diventata a tutti gli effetti una specie di simbolo del gusto italiano. E ancora la scarola, la variegata famiglia dei cavoli, in cui spicca l'amarissimo cavolo nero, così importante per un piatto bandiera della cucina toscana come la ribollita. I carciofi, gli asparagi, i cardi: «Piante, quasi tutte, non autoctone del territorio italico, ma che vi hanno trovato accoglienza trionfale».

Ma anche laddove potrebbe sembrare che non ci sia un primato italiano nell'apprezzare delle note amare, come ad esempio nella birra per molto tempo lontana dal gusto italiano, il fatto che nell'ultimo decennio l'Italia sia il paese europeo in cui sono nati più birrifici artigianali è una buona dimostrazione di come quel "gusto amaro" trovi ancora oggi nel nostro paese un terreno molto fertile. 

Nell'incompleto elenco fatto poc'anzi, in quanto l'elaborazione del libro è ancora più ricca e sfaccettata, troviamo molti ingredienti che arrivano dal mondo vegetale: questa considerazione porta l'autore a ipotizzare che «la cultura gastronomica italiana abbia sviluppato una speciale sensibilità all'amaro proprio perché, storicamente, ha riservato grande attenzione ai vegetali». Ma non solo: infatti da questa ipotesi si arriva a un passaggio successivo, che mette in relazione la centralità dei vegetali nella nostra cultura gastronomica e la forte influenza che la cultura contadina ha avuto sulla storia della nostra alimentazione. 

Se è vero, e Montanari lo circostanzia grazie a numerose fonti, che il gusto amaro ha caratterizzato nel corso dei secoli le abitudini alimentari, la dieta, delle classi popolari e rurali, è molto interessante notare come «l'assunzione di modelli contadini da parte dell'alta cucina è un fatto anomalo, che caratterizza la storia della cucina italiana come nessun'altra». Nella nostra storia gastronomica sono numerose le dimostrazioni di come non ci sia stata solo un'influenza dall'"alto verso il basso", dal nobile verso il popolare, ma anche nel senso opposto. Una «inaspettata convergenza», una «sottile condivisione di gusti fra banchetti aristocratici e tavola contadina», per usare ancora le parole di Massimo Montanari, da cui può derivare, almeno in parte, l'affermazione del gusto italiano per l'amaro.

Senza che questo diventi mai pesante, ostico per la lettura, il lavoro di Montanari prende spunto da numerosissime fonti: citazioni letterarie si mescolano a notazioni raccolte da trattati di botanica, agricoltura, cucina, dietetica, fornendo così ulteriori stimoli di ragionamento e approfondimento. Non a caso, nelle prime pagine di Amaro, un gusto italiano troviamo un pensiero di grande efficacia, con cui chiudiamo questo articolo: «I libri sono come le persone. Si incontrano, spesso per caso, e a volte lasciano il segno perché suscitano pensieri nuovi». 


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a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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