05-08-2023

«Recuperiamo l’amaro nella cucina italiana»: da Davide Di Fabio musica per le nostre orecchie

Al Dalla Gioconda di Gabicce lo chef prepara dei grandissimi Cappelletti alle olive amare. Poi anche un sontuoso piccione "come un nighiri" e, in generale, riflette sull'italianità e sulla sua rilettura: i saltimbocca alla romana diventano...

Davide Di Fabio, che qui abbiamo immortalato alla

Davide Di Fabio, che qui abbiamo immortalato alla consolle: è  molto bravo come deejay, ancor di più come chef, al Dalla Gioconda di Gabicce Monte (Pesaro Urbino)

Abbiamo isolato quattro momenti su tutti, durante una grande cena da Davide Di Fabio al Dalla Gioconda di Gabicce.

 

L'AMARO

«Ho gustato la complessità dei territori italiani, addentato verdure sconosciute, degustato aperitivi dalle virtù insospettabili, ingurgitato ettolitri di caffè. In Italia l'amarezza è gioiosa, condivisa, appariscente. Non quella cosa di cui in Francia abbiamo quasi vergogna. In Italia l'amaro arriva in ogni occasione, dal primo caffè del mattino fino all'amaro digestivo che si assapora nella quiete notturna".

È un piccolo passo di un piccolo libro scritto da Emmanuel Giraud, "dottore in golosità", giornalista e scrittore, citato dal nostro professor Massimo Montanari, L'amer s'intitola il volumetto del francese, L'amaro l'opera del docente bolognese che lo menziona. «L'amaro fa parte del gusto della tradizione italiana», ci racconta Davide Di Fabio, riferendosi anche a quei due volumi.

Il bravo chef prepara ottimi piatti, e in Italia siam pieni di bravi chef. Chi invece è di un livello superiore prepara ottimi piatti ma sulla base di un pensiero, ossia scavando un filone alla ricerca non solo dell'armonia gustativa, ma anche di un sistema concettuale che dia un senso alla creazione gastronomica stessa, perseguendo così un livello in cui il buono non basta.

È l'alta cucina d'autore.

Di Fabio ne è esponente illustre proprio sulla base di riflessioni come la seguente: «Mi son fatto alcune domande sull'omologazione del gusto. Se ci pensi, io vengo dall'Abruzzo, dove l'amaro è ben presente nella cucina tradizionale. Lo stesso accade in Puglia, ma un po' in tutto il Sud. Ma pure in Toscana e così via... L'amaro è, difatti, un componente della tavola mediterranea. È più difficile da gestire, trova resistenze, cosa che in parte è strana: in un drink lo si accetta, tutti ordinano un americano al bar. In un piatto, no».

Un'anteprima: Cappelletti alle olive amare, burro all'arancio e riccio di mare pugliese. Le olive derivano da una lavorazione tipica dell'entroterra tra Marche e Romagna: si raccolgono fresche quando diventano nere e poi si lasciano nei vasi con sale e scorze d'arancia. «Quest'inverno ho preparato tre vasi di prova; poi ho cotto le olive, ne ho ricavato una pasta molto amara. Mi serviva masticazione, ecco l'idea di farne un ripieno per dei cappelletti, al dente, serviti tiepidi e conditi con olio evo Intosso, abruzzese, a sua volta molto amaro», nuance rafforzata dal riccio che apporta anche lo iodio. Il piatto entrerà in carta a novembre. Si accompagna con un bitter Di Baldo, tonica bionda e infusione di acqua di mare e agrumi. Foto Tanio Liotta

Un'anteprima: Cappelletti alle olive amare, burro all'arancio e riccio di mare pugliese. Le olive derivano da una lavorazione tipica dell'entroterra tra Marche e Romagna: si raccolgono fresche quando diventano nere e poi si lasciano nei vasi con sale e scorze d'arancia. «Quest'inverno ho preparato tre vasi di prova; poi ho cotto le olive, ne ho ricavato una pasta molto amara. Mi serviva masticazione, ecco l'idea di farne un ripieno per dei cappelletti, al dente, serviti tiepidi e conditi con olio evo Intosso, abruzzese, a sua volta molto amaro», nuance rafforzata dal riccio che apporta anche lo iodio. Il piatto entrerà in carta a novembre. Si accompagna con un bitter Di Baldo, tonica bionda e infusione di acqua di mare e agrumi. Foto Tanio Liotta

Un altro piatto che parla molto di acidità e amaro: Riso tiepido, seppia, limone. «Il riso viene cotto usando tutta la pianta del limone, qui ne siamo pieni», ossia un estratto delle foglie e un succo di limoni verdi cotti alla brace. Per la mantecatura: succo di limone fermentato e burro con buccia e polvere di limoni essiccati. Infine buccia di limone freco, nero di seppia e seppia battuta cruda, «mi regala la masticazione che il riso un po' perde poiché cuoce con gli zuccheri del limone, lo rendono un poco colloso». Foto Tanio Liotta

Un altro piatto che parla molto di acidità e amaro: Riso tiepido, seppia, limone. «Il riso viene cotto usando tutta la pianta del limone, qui ne siamo pieni», ossia un estratto delle foglie e un succo di limoni verdi cotti alla brace. Per la mantecatura: succo di limone fermentato e burro con buccia e polvere di limoni essiccati. Infine buccia di limone freco, nero di seppia e seppia battuta cruda, «mi regala la masticazione che il riso un po' perde poiché cuoce con gli zuccheri del limone, lo rendono un poco colloso». Foto Tanio Liotta

L'amaro piace poco agli stranieri, in primis agli americani, e spesso ciò è un portato, oltreché della differente tradizione, anche dell'industria alimentare che assuefà i palati di dolce, dolce, dolce e ancora dolce. L'amaro piace poco pure ai giovani, intanto perché è di suo un aroma adulto, "ci si deve fare la bocca", ai bambini dà noia, troppo diverso dal latte materno; poi perché le nuove generazioni si stanno standardizzando a loro volta su nuances gustative che l'amaro proprio non lo contemplano, come i turisti dagli States.

Lo chef vuole contrastare tale perdita d'identità della cucina italiana in una delle sue componenti specifiche, «ad aprile ho inserito in carta qualche piatto che gioca con l'amaro e ho notato come rispondessero meglio i clienti dai 50 anni in su. Ne è scaturita una riflessione». Battaglia complicata. «Ma la gente che torna dopo due mesi, si ricorda proprio del riso, non di altro».

Di Fabio si riferisce a uno dei due piatti in cui inserisce l'amaro in modo più deciso, Riso tiepido, seppia, limone (riso cotto in estratto delle foglie di limone e succo di limoni verdi alla brace. Per la mantecatura: succo di limone fermentato e burro con buccia e polvere di limoni essiccati. Infine buccia di limone fresco, nero di seppia e seppia battuta cruda). All'assaggio è amaro, acido, agrumato, sferzante; bella la masticazione, il riso è un poco destrutturato nella cottura con lo zucchero dei limoni, ma la seppia cruda garantisce texture.

Piatto eccellente eppure più facile e inclusivo di uno precedente, che abbiamo trovato sensazionale: Cappelletti alle olive amare, burro all'arancio e riccio di mare, una bomba. Le olive derivano da una lavorazione tipica dell'entroterra tra Marche e Romagna: si raccolgono fresche quando diventano nere e poi si lasciano un mesetto in surmaturazione nei vasi con sale e scorze d'arancia. «Quest'inverno ho preparato tre vasi di prova; poi ho cotto le olive in padella, ne ho ricavato una pasta molto amara. Mi serviva masticazione, ecco l'idea di farne un ripieno per dei cappelletti, al dente, serviti tiepidi e conditi con olio evo Intosso, abruzzese, a sua volta molto amaro», sapore rafforzato dal riccio pugliese che apporta anche lo iodio. Ora questi Cappelletti non sono in carta, li abbiamo degustati in una sorta di anteprima: «Le olive da cui ho ricavato la pasta erano poche e son finite. Ne preparerò delle altre a ottobre, riproporrò il piatto a novembre». Fans dell'amaro (o suoi odiatori): siete avvisati.

 

DESTRUTTURAZIONE E RITMICA DEL MENU

Triglia, intingolo di quaglia beccafico: il pesce viene marinato e poi flambato, alla base, mollica di pane imbevuta di aceto di vino rosso, sopra chips croccanti di carote, infine intingolo di quaglia, riduzione di mandarino tardivo e olio al finocchietto. Foto Tanio Liotta

Triglia, intingolo di quaglia beccafico: il pesce viene marinato e poi flambato, alla base, mollica di pane imbevuta di aceto di vino rosso, sopra chips croccanti di carote, infine intingolo di quaglia, riduzione di mandarino tardivo e olio al finocchietto. Foto Tanio Liotta

I piatti citati facevano parte di una sequenza quasi all'inizio della cena, prima Cappelletti alle olive amare, burro all'arancio e riccio di mare pugliese, poi Triglia, intingolo di quaglia beccafico, infine Riso tiepido, seppia, limone. Due le annotazioni necessarie: 1) Di Fabio destruttura il menu classico, i Cappelletti sarebbero un primo piatto ma ci sono stati serviti quasi all'inizio come fossero un antipasto, poi c'è la Triglia, poi il Riso, altro primo piatto ma a sua volta tallonato da quelli che potrebbero essere un antipasto o un secondo piatto, che lasciano quindi spazio a due primi, eccetera. «Non bado alla scansione canonica, ma scelgo una linea di successione aromatica delle portate. Lavoro in verticale». È appunto un gran lavoro e con una sua precisa ritmica gustativa: in questo caso tra Cappelletti e Riso c'è la Triglia che, eccellente di suo, complessa, diventa straordinaria come complemento del piatto precedente, rimarchevole proprio nello svilupparsi dell'emozione al palato attivata della pasta ripiena che è arrivata appena prima.

Morone, salsa di albicocche acerbe e acetosella. Il pesce viene cotto in acqua di vongole e burro, poi a guarnire anche delle fettine di albicocca acerba e caviale Royal Siberian. Riferimento a Pierre Troisgros. Foto Tanio Liotta

Morone, salsa di albicocche acerbe e acetosella. Il pesce viene cotto in acqua di vongole e burro, poi a guarnire anche delle fettine di albicocca acerba e caviale Royal Siberian. Riferimento a Pierre Troisgros. Foto Tanio Liotta

Questa ritmica è un momento di un'altra più vasta, e ben consolidata nell'alta cucina, che prevede l'interruzione di passaggi più ambiziosi, diremmo border line, con altri invece comfort: così per esempio il Riso è seguito da Morone, salsa di albicocche acerbe e acetosella, piatto a sua volta davvero eccellente, consequenziale (l'acidità come fil rouge) ma più tondo (il pesce viene cotto in acqua di vongole e burro) e classico (il riferimento è a Pierre Troisgros). Tale logica innerva l'intero percorso di degustazione (tranquilli: al Dalla Gioconda si può anche mangiare molto più "semplice", con portate per tutti. Siam noi che abbiamo chiesto di osare). Nell'insieme, è tutto magistrale.

 

PICCIONE O NIGHIRI?

Piccione come un nighiri: duetto di piccione e ventresca di tonno. Alla base una crema di uova di merluzzo, poi sopra, a strati, petto di piccione alla brace, wasabi fresco, foie gras di anatra, ventresca di tonno laccata con estratto di lenticchie, tartufo nero, sfoglia di lampone. A parte, un'insalata di spinaci di montagna (o buon enrico, od òrapi che dir si voglia) all'olio di nocciola e una grattugiata di nocciola. Foto Tanio Liotta

Piccione come un nighiri: duetto di piccione e ventresca di tonno. Alla base una crema di uova di merluzzo, poi sopra, a strati, petto di piccione alla brace, wasabi fresco, foie gras di anatra, ventresca di tonno laccata con estratto di lenticchie, tartufo nero, sfoglia di lampone. A parte, un'insalata di spinaci di montagna (o buon enrico, od òrapi che dir si voglia) all'olio di nocciola e una grattugiata di nocciola. Foto Tanio Liotta

Via abbiamo raccontato qualche piatto da 10. La lode se la merita Duetto di piccione e ventresca (che noi ribattezziamo qui Piccione come un nighiri): da lode non perché sia superiore ai precedenti, ma perché è perfetto e bellissimo. Comprende: alla base una crema di uova di merluzzo, poi sopra, a strati, petto di piccione alla brace, wasabi fresco, foie gras di anatra, ventresca di tonno laccata con estratto di lenticchie, tartufo nero, sfoglia di lampone. Apparentemente un mezzo guazzabuglio, troppo di tutto, un attentato alle papille gustative: invece il bilanciamento è straordinario, il wasabi diventa la chiave di volta per scindere ogni elemento - che viene ben percepito - e poi ricomporre l'insieme. Per noi, uno dei piccioni migliori mai mangiati, insieme a questo di Mauro Colagreco e a quest'altro di Alberto Gipponi. Oltretutto è un piatto esteticamente splendido.

«Io mi fornisco da un piccolo allevatore di Ravenna, Pelloni, che mi ha portato questi piccioni di oltre 40 giorni. Come prepararli? Ho tolto tutto quello che avevo nella mia memoria alla voce "piccione". L'anno scorso per gioco ne servivo uno coperto da sfoglie; un cliente non lo voleva, gli proposi quindi due assaggi simili, sempre celati da queste sfoglie: coprivano da una parte il piccione, dall'altra una ventresca di tonno. Quasi non si accorse della differenza. E allora decisi di sfruttare la similitudine in una sorta di sushi-nighiri, il piccione al posto del riso e poi tutto in verticale, per poi ottenere anche una verticalità di gusto al taglio, con le note marine perché siamo pur sempre a Gabicce, con il wasabi che lega un po' tutto, col tartufo che è quasi inutile ma nobilita la preparazione e ne chiude il concetto».

 

LA RILETTURA DELL'ITALIANITÀ

Saltimbocca di spigola e ricciola, lattuga di mare e salvia. Le foglie di lattuga di mare vengono fritte e diventano come fette di un sandwich che racchiude carpaccio di ricciola marinato come fosse un prosciutto (filetto intero sotto sale, zucchero ed erbe aromatiche per circa tre giorni), filetto di branzino cotto al vapore e poi scottato con burro e salvia; infine misticanza acidula, gel di limone e salsa all'aglio orsino. Foto Tanio Liotta

Saltimbocca di spigola e ricciola, lattuga di mare e salvia. Le foglie di lattuga di mare vengono fritte e diventano come fette di un sandwich che racchiude carpaccio di ricciola marinato come fosse un prosciutto (filetto intero sotto sale, zucchero ed erbe aromatiche per circa tre giorni), filetto di branzino cotto al vapore e poi scottato con burro e salvia; infine misticanza acidula, gel di limone e salsa all'aglio orsino. Foto Tanio Liotta

È, quello dell'italianità, un tema molto caro a Davide Di Fabio, l'abbiamo già visto parlando di amaro. Ma italianità è, per lo chef, anche la sua rilettura: «Penso che negli ultimi anni, con poche eccezioni, la nostra alta cucina abbia un po' perso di vista l'italianità, nei gusti, nei gesti, nelle tradizioni». Serve una rilettura che non sia semplice rivisitazione del piatto della nonna - le tante carbonare contemporanee o cotolette 2.0 - ma «prenda spunto da quest'ultimo per qualcosa che è diverso eppure ne evochi lo spirito». Ecco il saltimbocca alla romana, che richiama l'originale in qualche modo e in qualche elemento, ma diventa una cosa completamente differente: Saltimbocca di spigola e ricciola, lattuga di mare e salvia. «A me del saltimbocca è sempre piaciuta l'idea della salvia croccante, quasi bruciacchiata. Quindi prendo la lattuga di mare e la friggo nel burro chiarificato, diventa appunto croccante e fa da sandwich per la spigola - cotta sotto le salamandre con burro e salvia - e per la ricciola, più grassa, marinata con le erbe come fosse un prosciutto» che richiama il prosciutto crudo della ricetta capitolina. Altro gran piatto, completo.

Lo chef Davide Di Fabio, a destra, coin i patron di Dalla Gioconda, Allegra Tirotti Romanoff e Stefano Bizzarri

Lo chef Davide Di Fabio, a destra, coin i patron di Dalla Gioconda, Allegra Tirotti Romanoff e Stefano Bizzarri

Nota bene: oltre all'amaro, e sulla base dei concetti che abbiamo esposto, Di Fabio recupera altri aromi complicati ma italiani. Il salmastro, ad esempio, «preparo queste rane pescatrici che lavoro come fossero delle rane, panate alle erbe col burro e poi condite con una salsa molto salmastra alle alghe, tipo bourguignonne. E nel menu autunnale, a ottobre, già ho previsto anche tanti assaggi con note balsamiche: ad esempio un tagliolino freddo condito con estratto di prezzemolo, olio ai porcini, caviale e pino mugo».

 

Ora tutti i piatti dei quali non abbiamo ancora parlato, le foto sono di Tanio Liotta.

Wafer ripieno di noci caramellate, albicocche passite, Albana passita e fegatini di cortile (coniglio, anatra e pollo)

Wafer ripieno di noci caramellate, albicocche passite, Albana passita e fegatini di cortile (coniglio, anatra e pollo)

Cetriolo, vermouth rosso Di Baldo, sale

Cetriolo, vermouth rosso Di Baldo, sale

Croccante di mais con fragole confit, crema di pomodoro arrosto, Parmigiano Reggiano 30 mesi e basilico greco

Croccante di mais con fragole confit, crema di pomodoro arrosto, Parmigiano Reggiano 30 mesi e basilico greco

Cassone al vapore impastato con erbe, per fare la scarpetta in una crema di latte di pinoli, kefir, rucola e ruta

Cassone al vapore impastato con erbe, per fare la scarpetta in una crema di latte di pinoli, kefir, rucola e ruta

Mazzancolle in rosa, rivisitazione pop di un classico degli anni Ottanta, il cocktail di scampi: mazzancolle nostrane cotte due volte in acqua bollente e quindi raffreddate in acqua di mare, infine glassate con salsa rosa di pasta di mandorla ed estratto sottaceto di cipolla rossa, infine aceto di scalogno, nero di seppia e crema di zafferano

Mazzancolle in rosa, rivisitazione pop di un classico degli anni Ottanta, il cocktail di scampi: mazzancolle nostrane cotte due volte in acqua bollente e quindi raffreddate in acqua di mare, infine glassate con salsa rosa di pasta di mandorla ed estratto sottaceto di cipolla rossa, infine aceto di scalogno, nero di seppia e crema di zafferano

Scampi crudi dell'Adriatico con maionese di ceci tostati, erbette dell'orto, acqua di pomodoro e sambuco

Scampi crudi dell'Adriatico con maionese di ceci tostati, erbette dell'orto, acqua di pomodoro e sambuco

Zuppiera di paste e pesci dell'Adriatico, passaggio di puro comfort food, ma l'abbiamo già raccontato qui. Sette tipologie di paste, crostacei e salse (nero di seppia, datterino, prezzemolo, cozze, vongole, canocchie, salsa all'aglio dolce, gambero rosso, gambero gobbetto, mazzancolla, seppia, cefalo, capasanta, scampo crudo). Le sette tipologie di pasta vengono cotte in un brodetto alla marchigiana

Zuppiera di paste e pesci dell'Adriatico, passaggio di puro comfort food, ma l'abbiamo già raccontato qui. Sette tipologie di paste, crostacei e salse (nero di seppia, datterino, prezzemolo, cozze, vongole, canocchie, salsa all'aglio dolce, gambero rosso, gambero gobbetto, mazzancolla, seppia, cefalo, capasanta, scampo crudo). Le sette tipologie di pasta vengono cotte in un brodetto alla marchigiana

Paccheri al sugo?? Il doppio interrogativo nel nome del piatto perché il sugo è vero (è un sugo) ma è falso (non è un sugo di pomodoro, ma di susine fermentate). Poi grattata di Parmigiano Reggiano, olio evo e basilico

Paccheri al sugo?? Il doppio interrogativo nel nome del piatto perché il sugo è vero (è un sugo) ma è falso (non è un sugo di pomodoro, ma di susine fermentate). Poi grattata di Parmigiano Reggiano, olio evo e basilico

Animella laccata alla brace, piadina come un pane naan, panna acida. La laccatura è di miele e peperone dolce di Altino, sopra una gremolada, di fianco una salsa all'aglio arrosto, al centro il pane naan alla brace spennellato di burro al coriandolo e infine creme fraiche con olio al cipollotto. All'apparenza sembrerebbe tutto troppo intenso, invece anche qui c'è piena armonia grazie all'uso sapiente degli aromi

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Gran pre-dessert non dolce, mi ha ricordato la Fusione a freddo di Scabin-Rambaldi. Si chiama Brezza marina: spuma di acqua di mare, grantita di salicornia, pezzettini di salicornia, erba sale, sorbetto di limone verde e cetriolo, cubetti di cetriolo candito, lattuga di mare candita e cristallizzata

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Carlo Mangio

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La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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