Abbiamo parlato più volte di Nuova Cucina Mediterranea, una tendenza, un’aspirazione, a volte anche solo una speranza. È un filone neorurale contemporaneo di cosiddetta retroinnovazione, che riscopre l’essenza del gusto nelle nostre tradizioni e nella storia gastronomica italiana intesa come cultura materiale dei popoli; ma le legge e le interpreta con assoluta modernità sia tecnica che di pensiero, non è un caso che suo alfiere sia una giovane generazione di chef che si son fatti le ossa nel mondo per poi (ri)scoprire che un mondo tutto da ricercare, a volte addirittura da salvare dall’oblio, stava proprio dietro l’uscio. Due dei maggiori esponenti di questa scuola – che non è ancora consolidata come tale e vorremmo tanto lo diventasse, perché per chi scrive è la chiave di volta per il futuro dell’Italia gastronomica – stavano a Lecce ma non stanno più lì, Floriano Pellegrino e Isabella Potì si sono infatti trasferiti a Martina Franca, leggi qui. Eppure, quasi in un passaggio di consegne, qualcuno pare aver raccolto il loro testimone, in frazione Torre Chianca, una ventina di minuti dal capoluogo salentino, quando già si sente l'odore del mare.
Leonardo D’Ingeo è giovane chef pugliese, classe 1994, e si è fatto le ossa tra Le Giare di Antonio Bufi e l’Atelier de Joel Robuchon Saint-Germain, prima di gestire un bistrot a Corato (Bari), sua città natale, e poi farsi notare a Milano, da Carico. Lo scorso anno ha sposato l’ambizioso progetto di Masseria Francescani, appunto a Torre Chianca: un meraviglioso podere fortificato in pietra leccese risalente al XVI-XVII secolo, isolato nella campagna dove regna la quiete e il tempo sembra fermarsi, diventato luogo d’eccellente ospitalità con sole nove suite, tra edificio centrale e case dei coloni.

Masseria Francescani, alcune suites
A girar per la Puglia, ci son tante masserie straordinarie trasformate in presidi d’accoglienza. Qui patron
Giulio Di Donfrancesco ha però voluto puntare anche sull’offerta che diremmo “food & beverage”, ecco dunque l’avvio nello scorso aprile di
Fràn Cocktail Bar, affidato a un peso massimo di ritorno,
Paolo Scialpi, bravissimo: pugliese classe nel 1996, reduce dagli anni al
Connaught Bar di Londra, alla
Masseria Francescani ha assunto un ruolo da manager e dominus della sala. E con la stessa logica ecco anche l’arrivo di
D’Ingeo, già dallo scorso anno per una specie di start up estiva, ora davvero abilitato appieno, al ristorante gastronomico
Fràn.
La cucina di
D’Ingeo è ancora imperfetta ma fertilissima, per quanto abbiamo già detto: sposa un filone che crediamo vincente per potenzialità di espressione e sviluppo, cui lo chef apporta brillantezza d’idee, profondità di ricerca, originalità di pensiero e completezza tecnica. Ha, come si suole dire, un talento che deve meglio sedimentarsi per trovare la propria compiutezza, ma scommettiamo su di lui. Quella sorta di gazpacho salentino che è la
Zuppa di peperone arrosto, gelato al finocchio e glicine manca di chiusura, ma propone premesse interessantissime; l’
Insalata di tuberi fa difetto quanto a masticabilità/croccantezza, ma poi il
Carpaccio di pesce spada con harissa di lampascioni e fichi secchi e salsa al fieno ribalta la considerazione con le proprie texture suadenti, il gioco caldo-freddo, quello amaro-piccante, l’idea generale che possa divenire un piatto bandiera di uno stile, iconico per concetto e realizzazione.
Lo stesso si può dire degli
Spaghetti spezzati mantecati con la pecora di Michele Varvara alla rzzaul, intingolo di bacche fermentate, rumex acetosa: è esattamente quello che
D’Ingeo deve fare, e lo fa benissimo, con intensità; peraltro, appena prima l’assaggio della
Torta di maialino con emulsione di erbe aromatiche e balsamiche, capperi di calendula in aceto di pomodoro si era rivelato strepitoso, complesso se non addirittura complicato, ossia difficilissimo e straordinario, con le note amaricanti a farla da padrone così da renderlo buono e impossibile. Il maialino di
Varvara (
leggi qui) si sarebbe da lì a poco confermato vettore di eccellenza (
Maialino nero lucano arrosto, la sua crepinette, olio alla pigna bruciata, salsa acida di pinoli, altro boccone memorabile) a contrapporsi ai
Tortelli ripieni di canestrato con brodo di pomodoro e cardo, un po’ troppo sapidi. Con, per concludere, la
Ricciola alla brace a cottura lenta, emulsione di ricci di mare, civet di ricciola, insalata dei campi e arancia disidratata in cui il civet attira ogni applauso e, appena prima, le golose
Trottole Pastificio dei Campi con ali di razza, concentrato di calamari e carciofo e sommacco a far da intermezzo più piacione e di tranquilla piacevolezza. Dolci invece da registrare.
Insieme sbavature che necessitano di revisione e picchi d'eccellenza sorprendente: accade sempre così quando sta per nascere una giovane stella. Sarà vero anche qui? La sensazione generale è che a Torre Chianca stia prendendo forma qualcosa di molto importante.

Dopo un aperitivo con Pancia di spada, katsuobushi e salsa verde ossidata e French toast con fegato di vitello Michele Varvara, gambero rosso, polvere di barbabietola e salicornia, ci si accomoda al tavolo per gustare la prima proposta, Zuppa di peperone arrosto, gelato al finocchio e glicine

Insalata di tuberi (barbabietola, carota viola di Polignano, sedano rapa) cotta ai carboni, brodo di mela annurca

Carpaccio di pesce spada, harissa di lampascioni e fichi secchi e salsa al fieno

Torta di maialino con emulsione di erbe aromatiche e balsamiche, capperi di calendula in aceto di pomodoro

Spaghetti spezzati mantecati con la pecora alla "rzzaul" di Michele Varvara, intingolo di bacche fermentate, rumex acetosa. «La mia Murgia, in un piatto. Una preparazione tipica, la pecora all’rzzaul - a cottura lenta per sfibrare la carne, dalle otto alle dieci ore in terracotta, con sedano carote e cipolle, poi condita con un goccio di vino e pecorino) incontra gli spaghetti spezzati Benedetto Cavalieri, l'acetosa e bacche di ginepro e di alloro lattofermentate

Tortello ripieno di canestrato con brodo di pomodoro e cardo

Trottole Pastificio dei Campi con ali di razza, concentrato di calamari e carciofo e sommacco

Ricciola alla brace a cottura lenta, emulsione di ricci di mare, civet di ricciola, insalata dei campi e arancia disidratata

Verza con ragù di legume e salsa olandese al pomodoro di Torre Canne

Maialino nero lucano arrosto, la sua crepinette, olio alla pigna bruciata, salsa acida di pinoli

Robiola, senape, miele, limone fermentato, da accompagnare con pan brioche all’anice e miele

Torta ghiacciata con stracchino, cioccolato biondo, vino di mirtillo e mostarda di fagioli all’occhio