30-12-2020
I Varvara, due generazioni impegnate in Varvara - fratelli di carne. Papà Antonio coi figli (da sinistra) Michele, Vincenzo e Alessandro
Stringi stringi, la questione era quasi banale: come far andar avanti la bottega in crisi di papà Antonio? Una macelleria storica, giù ad Altamura, in Puglia, prima registrazione che porta la data del 1852, tra un biennio saranno quindi un secolo e 70 anni di storia, mica pochi. Quinta generazione della stessa famiglia a condurla, iniziò il trisnonno Michele, non ci si è più fermati. Ma i tempi cambiano: la vendita al dettaglio è ormai fuori moda anche in periferia; il negozio soffriva parecchio, benché le carni che proponeva fossero straordinarie, fornite da allevatori eroici sparpagliati perlopiù sulle Dolomiti lucane. Tutto l'insieme sapeva ahimè di un mondo antico ormai agli sgoccioli, con poche prospettive, o nessuna; destinato a sparire nel volgere di qualche tempo. Occorreva allora inventarsi qualcosa di nuovo. E c'era anche un'idea: riconvertire il tutto in braceria-ristorante, dove servire cotti a puntino gli stessi tagli succulenti che prima sarebbero finiti sul bancone. Però... Però.
Michele Varvara (lo stesso nome del trisnonno, «c'è una costante alternanza: Michele il trisnonno, Antonio il bisnonno, Michele il nonno, Antonio mio padre, Michele io») s'arrovellava parecchio su questi temi, poco meno di sei anni fa. Lo faceva a distanza: classe 1983, laurea in Ingegneria chimica a Trento, nella città atesina aveva trovato anche lavoro, «mi occupavo di corrosione di impianti in ambito alimentare, così visitavo tante piccole aziende, mi appassionavo alla loro storia e ai loro prodotti, avevo anche iniziato a frequentare i ristoranti che li proponevano». Fiutava l'aria, Michele, pensando ai guai di papà. Pensava. Ma non trovava ancora risposte per la grana di Altamura, «ero sicuro solo di una cosa: il modello della bottega - quello che portava avanti mio padre - non era più attuale né attuabile». Serviva qualcosa di diverso. Mumble mumble. Forse la braceria. Però... Però.
Michele Varvara con Corrado Assenza
Il progetto della braceria era morto in fasce, soppiantato da qualcosa di ancor più interessante. «Ci siamo fermati e ci siamo chiesti: che facciamo? Di certo ci era stata servita su un vassoio d'argento un'idea alternativa che sembrava promettente, anche perché ci consentiva di non cambiare di una virgola il lavoro che avevano sempre svolto papà e nonno, ossia selezionare grandi carni. Servivano, in più, giusto un nuovo furgone, una nuova etichettatura e nuove regole in macelleria...». Poca roba. A far rompere definitivamente gli indugi fu ancora Domingo Schingaro, «mi diede metaforicamente un calcio. "Michele, dai, non tergiversare, buttati in quest'impresa". E mi convinse, è giusto dargliene atto». Qualche tempo prima, nel giugno 2016, lo stesso Michele e il fratello Alessandro si erano ritrovati seduti a casa, esausti, dopo una giornata intensa di lavoro: «Ci eravamo guardati negli occhi, ancora pieni di dubbi. Seguì un abbraccio. Fu in quel momento che la vecchia bottega Varvara divenne Varvara - fratelli di carne».
Filetto di vacca podolica Varvara, cozze e ricci di mare di Domenico Schingaro
Capretto Varvara allo spiedo, yogurt e zucca alle spezie, al Da Vittorio
Michele Varvara con Alessandro Negrini, Fabio Pisani e Aimo Moroni
Paesaggi delle Dolomiti lucane
Varvara al lavoro nei campi
Allevamento d'inverno in Lucania
I Varvara con Diego Rossi
Carrè di agnello al profumo di santoreggia, piatto di Enrico Bartolini. L'agnello è quello lucano di Varvara
A noi la vicenda dei Varvara piace tantissimo anche perché è una case history su come valorizzare le eccellenze italiane mettendole in rete, grazie a un'intelligenza organizzativa che le rende fruibili e le fa conoscere al mondo. Un modello replicabile in tutt'Italia per far uscire dalla marginalità tante straordinarie eccellenze agroalimentari disperse. Michele Varvara: «Anche solo la stessa Basilicata è una vera e propria polveriera di numerose altre realtà simili. Ci sono miriadi di aziende e prodotti straordinari ma sconosciuti. Il lavoro da fare è tanto», ma le potenzialità da sviluppare altrettante.
Carne e golosità di Varvara - fratelli di carne
Costata alla brace in brodo: il piatto simbolo di Identità Golose 2020 è di Riccardo Camanini. La carne è made in Varvara
Il delivery di Varvara - fratelli di carne
Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo? La meta è comunque golosa, per Carlo Passera
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
L'interno di Mezzena, il nuovo locale palermitano dei fratelli Saverio e Vittorio Borgia, dedicato alla carne
Il piatto più rappresentativo di Se carne, questa carne, iniziativa volta a migliorare la consapevolezza nel consumo di proteine animali, andando persino oltre al quinto quarto tradizionale. Qui cotechino di cinghiale, bistecca e pajata. Tutte e foto sono di Stefano Delìa
Massimo Minutelli, al centro, festeggia il decimo compleanno del suo Varrone a Milano, tempio per carnivori gaudenti
Gita fuoriporta o viaggio all’estero? La meta è comunque golosa. Lo è perlomeno per il nostro Carlo Passera, alias Carlo Mangio. Un cibo succulento le sue parole, che stimolano curiosità e salivazione, pensieri limpidi, tanta sostanza per una delle penne più interessanti del panorama gastronomico nazionale