Maretti editore ha appena dato alle stampe un libello molto interessante. Titola “Pasta cruda, Pasta cotta”, sottotitola “Alla ricerca della struttura perfetta” ed è un volume di 64 pagine. Lo firma Davide Cassi, tra le tante cariche docente di Fisica della materia all’Università di Parma, «un signore che dispensa macigni di sapienza con grande leggerezza», per dirla con il cuoco Alberto Gipponi, autore della post-fazione del libro e co-autore pochi giorni fa con Mattia Trabetti di una favolosa cena di presentazione del volume al ristorante Alto di Fiorano Modenese.
Davide Cassi è al lavoro con chef e pasticceri per intrecciare due mondi che non hanno mai dialogato quanto dovrebbero: la cucina e la scienza. E non da oggi: vent’anni fa scrisse con il cuoco Ettore Bocchia “Il gelato estemporaneo ed altre invenzioni gastronomiche”, lavoro pionieristico che diffuse in Italia i principi della cucina molecolare, disciplina nata in Francia poco più di un decennio prima. Sembrava l’inizio di un movimento importante che, invece, per questioni legate al conservatorismo accademico e a un'ostruzione mediatica senza senso, non ebbe il seguito che ci saremmo attesi.

Con questo lavoro potrebbe essere la volta buona. «Non è un libro di scienza, né di cucina, né di scienza in cucina», specifica il professore, «è un libro di gastronomia scientifica». Che è una disciplina nata 6 anni fa a Barcellona, in occasione del
Science & Cooking World Congress, quando,
scrivevamo, fu stilato un manifesto programmatico in 10 punti che ne riassumeva significato e obiettivi. Un libro di gastronomia scientifica, appunto, in cui fisica e chimica non guardano dall’alto in basso la cenerentola; sono anzi discipline funzionali al gusto.
Perché proprio la pasta? «Per un’intuizione dell’editore Manfredi Maretti, che mi ha chiesto di sviluppare il progetto nel dicembre scorso», spiegava Cassi all’hotel
Executive, «di pasta in termini scientifici si parla da tempo, dai primi congressi di cucina a Erice ma sembrava che il tema fosse paradossalmente interessante più per gli stranieri che non per gli italiani. Ci pare che oggi le cose siano cambiate».
Lo spirito di fondo del libro non è divulgativo, «perché ci sono già tanti ottimi libri sulla scienza del cibo. E perché alla divulgazione penserà sempre di più l’Intelligenza Artificiale. Questo libro non si occupa dei mattoncini che compongono un muro ma del suo insieme. È un libro di architettura». È una chiamata alla armi per cuochi «che sviluppano pensieri propri, cuochi trasformatori e non semplici assemblatori». Come Alberto Gipponi e
Fulvio Pierangelini, illustre autore di una delle due prefazioni, presente a Fiorano per sostenere l’amico di sempre: «Sono qui perché Davide è uno scienziato che conosce le gioie della cucina. Il valore delle mani callose e rugose delle donne del Sud. Sa bene che senza la manualità, la scienza non avrebbe senso».

Highlights dalla cena di Fiorano: il cannellone d'aria di Alberto Gipponi e Pasta, zafferano e liquirizia di Mattia Trabetti
Si divorino allora le pagine del libello per entrare nella sostanza di concetti come la masticabilità delle proteine («La condizione per soddisfare il nostro gusto esigente»), le maglie glutiniche (quella magia «che trattiene ben saldi i granuli di amido»), le azioni del vapore o le geometrie della cottura. Un lavoro che non emette sentenze ma solletica curiosità che conducono a esperimenti di rilievo, come la Pasta rock di Gipponi o la Pasta di ceci di Pierangelini. Senza presunzioni e tenendo sempre presente che, in fondo, la pasta è la somma di «Acqua, farina e lavoro. Poi ancora acqua, sale e calore. È tutta qua, nella sua disarmante semplicità». «Ma è anche una tela bianca che apre al lettore mille possibilità», aggiungeva il gastronomo
Andrea Grignaffini, altro prefattore del libro, «e a tenervi per mano è uno straordinario risolutore di problemi».