08-10-2025
Scintille di cucina globale a Casa Maria Luigia: Identità di Fuoco piatto per piatto
Con chef e pizzaioli da ogni dove, Modena è stata per due giorni capitale della cucina open-fire. Chi c'era e cos'abbiamo assaggiato
Foto di gruppo a Casa Maria Luigia, Modena, in chiusura della terza edizione di Identità di Fuoco, con la media partnership di Identità Golose. Davanti a tutti, il padrone di casa Massimo Bottura (le foto del servizio sono di Stefania Gambella e Giulio Cai)
Si è chiusa lunedì alle porte di Modena Identità di Fuoco, un evento voluto con forza da Massimo Bottura e Lara Gilmore per celebrare la cucina open fire. Di fatto, un meeting della comunità globale del cibo che, in tre edizioni, ha condotto a Casa Maria Luigia pizzaioli da tutta Italia e cuochi e appassionati da cinque continenti.
C’era un’energia speciale, domenica e lunedì, attorno al braciere acceso dai ragazzi della Francescana Family, davanti al ristorante di casa Al Gatto Verde, scintille che solo la fiamma può attizzare. «In fondo», precisava Yoshihiro Narisawa da Tokyo, «nutrirsi è un gesto comune a tutto il regno animale, ma siamo solo noi umani a utilizzare il fuoco per cucinare». È proprio grazie a un falò, direbbe l’antropologo Claude Lévi-Strauss, che l’homo sapiens ha potuto switchare dallo stato naturale allo stato culturale, l’atto fondante del concetto di comunità.
Forni, green egg, affumicatori, padelle e pentole roventi, braci indoor e outdoor hanno accolto in due giorni freschi di sole, concetti, tecniche e ingredienti da ogni dove: tamales e tortilla dal cuore del Messico, chicchi di riso cotti alla brace come usa nelle izakaya del Giappone, maiali affumicati all'himalayana, grifole frondose affumicate dentro ai ravioli, tonde romane e napoletane, pizze in teglia, spugnole cotte sotto le braci, tiramisu al barbecue, supplì al telefono, costolette di rombo, erbazzoni e frittate, cotechini al forno a legna, piccioni scottati e paelle di mezzanotte.
Non ricette o tecniche, ma «Scintille che suonano come una chiamata interiore», chiariva con efficacia il romano Antonio Ziantoni, «per attivare il sacro fuoco delle nostre passioni. L’ardore che attizza quello che in fondo siamo: dei cuochi». Una due giorni di indicibili bontà, festa e intelligenze organizzata con grande cura dai Francescana Boys, con Massimo Bottura mattatore e Jessica Rosval a fare gli onori di casa. Un inno alla cucina che unisce popoli e culture distanti, ben prima di ogni ottuso suprematismo o provincialismo.

La canadese Jessica Rosval, padrona di casa al Gatto Verde di Casa Maria Luigia. Instancabile, loquace e sorridente per tutta la durata della manifestazione, ha cucinato una buona fetta del suo menu di casa, spalmata nel corso di due cene e un pranzo (con gli abbinamenti jam di Beppe Palmieri e Luca Gardini, di cui ci occupiamo altrove). Nella foto a destra, Sud, un gioco delizioso in apertura della prima cena tra citricità siciliane, mandorle amare (prevalenti al gusto) e salsa di acciughe

Antonia Klugmann (L'Argine a Vencò, Gorizia) e il piatto preparato per la seconda cena a Casa Maria Luigia: Ravioli alle erbe con maitake (aka grifola frondosa, quella che stringe in mano nella foto) grigliati e prugna fermentata, ennesimo capitolo della passione per lo scrigno di pasta fresca della cuoca triestina. Segni particolari: la pasta è tirata sottilissima e trattiene anche dell'acetosa cotta nel burro, borragine cruda, menta e uno spicchio d'aglio bollito. "Sono felice che Massimo e Jessica mi abbiano invitato", ha spiegato Klugmann, raggiante, "qui mi sento come a casa"

Moreno Cedroni (La Madonnina del Pescatore di Senigallia, Ancona) e la sua celebre Costoletta di rombo, condita con erbe selvatiche e trippa di coda di rospo, celebre cavallo di battaglia per la prima volta in carta dal cuoco marchigiano 25 anni fa. "Con Massimo mi divide un'amicizia di lungo scorso", ha detto, "era il 1999 quando ci ritrovammo tutti in stage - io, Bottura, Mauro Uliassi, Rene Redzepi tra gli altri - al Bulli. Siamo cresciuti insieme in questo quarto di secolo. E' un onore essergli amico"

Yoshihiro Narisawa (Narisawa, Tokyo) e il cuo Collare di tonno cotto alla griglia e adagiato su un porro con caviale, yuzu e shiso, una stripe diagonale che ha sedotto i presenti nella sua insolita fruizione col cucchiaio, che scavava il porro morbido, arricchito da un caleidoscopio in movimento di sapidità, toni d'agrume e lemonoso-erbacei. "Massimo mi ha chiamato qualche mese fa per invitarmi a Modena"", ha spiegato il giapponese, "gli ho detto sì senza nemmeno guardare l'agenda"

Mattatore silenzioso della prima cena, il messicano Jorge Vallejo (Quintonil, Città del Messico), qui accostato al suo Tamal d'anatra Pibil, due tecniche super-umili che viaggiano dalla Capitale alla penisola dello Yucatan. "Ci sono grandi somiglianze tra la nostra e la vostra cucina", spiegava il cuoco, "più di quelle che siamo disposti a immaginare: siamo paesi circondati dal mare un po' ovunque e abbiamo entrambi un'identità viscerale molto legata a quello che mangiamo, con grandi differenze regionale. Però, non è facile per nessuno allontanarsi dalla tradizione. Ma noi ci proviamo lo stesso". Con esiti sui quali torneremo presto

Con il cuoco kashmiri Prateekh Sadhu è entrata in scena tutta l'umile saggezza e la prepotente detonazione palatale della cucina indiana di montagna, l'Himalya scenografico che circonda il ristorante Naar, qualche tornante dopo il villaggio di Kasauli. Sunderkala era il nome di questo piatto di noodle no waste, con al centro una trota affumicata, una chutney delle sue lische e le sue uova. Noodle? "Sì, la cucina indiana non è solo curry come credete voi ma è un insieme disparato di pietanze di origini diversissime. Come questi noodle di mare, che tradiscono influenze cinesi/tibetane". E il fuoco? "Naar vuol dire proprio nella mia lingua, più di così..."

Antonio Ziantoni (Zia, Roma) è arrivato per servire nel piatto un magnifico Sgombro con salsa barbecue e del levistico infuso nell'olio. Un inno al fuoco e alla cucina espressa, quella che non si fonda su precotture: "E' un piatto specchio del tipo di cucina che facciamo", spiegava, "perché tocchiamo appena l'ingrediente, che deve rimanere sempre riconoscibile". E Modena? "E' un sogno: quando ha chiamato Massimo pensavo fosse uno scherzo"

La capopasticcera di Osteria Francescana Doina Paulesco - qui accanto a Vittorio Gangai , della stessa brigata - è apparsa a cena per comporre un Tiramisù. Ortodosso? Ovvio che no: al barbecue!

In extremis è arrivato anche Giancarlo Perbellini, che si è premurato che i suoi ragazzi venissero a preparare un grande classico di fine pasto ai Dodici Apostoli di Verona: Zabaione ghiacciato con caviale affumicato. Alè!

Prima della cena del giorno 2 di Identità di Fuoco, abbiamo fatto incetta degli spicchi di Come una bruschetta al pomodoro di Pierdaniele Seu (Seu Pizza Illuminati, Roma), un felice gioco di pomodori con un kick di Aceto Balsamico di Modena a omaggiare il luogo di accoglienza. Tecnicalità a parte, "E' incredibile pensare che noi pizzaioli siamo qui oggi: solo dieci anni fa non avremmo mai potuto immaginare che la pizza avrebbe dialogato coi migliori chef del mondo", spiegava il cuoco romano, che tuttavia ha una squadra di grandi cuochi, prima che pizzaioli. E intanto preparava anche un mini-supplì su una fonduta di panna e Parmigiano: si chiamava Omaggio al tortellino perché, dietro alla patina fritta, conteneva il ripieno del bite simbolo modenese

Michele Di Già (capo-panificazione della Francescana Family) è apparso come una gradita meteora a servire la sua slice rettangolare di Anatra e Tartufo Appennino Food Group. Di Già ha il vizio dell'anatra: per la prossima volta, segnarsi di provare assolutamente il main course di via Stella, un duck-panettone che prepara anche per, fatto col grasso dell'animale (no burro, no zucchero), una bomba

Due marinare separate dalla nascita: quella più orotodossa (ed eterea, leggera, gustosissima) di Diego Vitagliano (che ha pizzerie in 3 sedi di Napoli e dintorni) e la Marinara Autunnale dell'afterparty di Jacopo Mercuro (180 grammi, Roma), un gioco apparentemente semplice ma figlio di una fitta trama tra pomodoro tardivo, pomodoro del piennolo marinato in vinaigrette al melograno, salsa aioli ai funghi porcini e alloro e polvere di olive e capperi e datteri (quelli veri, dolci, non i pomodori datterini).

Luca Pezzetta (Clementina, Ippolito e Microforno a Fiumicino e presto anche Pizzeria Futura in zona Isola, a Milano) ha passato quasi più tempo tra le fuoriserie di Casa Maria Luigia che davanti al forno: "Sono appassionato di auto così tanto che per addormentarmi ascolto i rombi delle automobili e quindi per me qui è il paradiso". Niente sogni però, subito dopo con la sua Pizza romana al mattarello, una marinara con fondo di pesce di scoglio collagenosa e super-umamica

In parallelo alla finta bruschetta al pomodoro di Seu, nel preparty del giorno 2 c'erano i rettangoli di pizza in teglia Piccione e funghi di Alessandro Santilli, ex allievo di Oliver Glowig e oggi al timone di Frumentario, sulla Tuscolana a Roma, un topping composto da piccione scottato al burro e poi alla brace, una salsa di cavolo nero, e una di topinambur cotto sotto le ceneri, con scaglie di tartufo nero su una base integrale. Chi scrive ne ha mangiate 4 fette

Moreno Cedroni ha servito anche una deliziosa Ostrica Grigliata con olivello spinoso, lime, la piccantezza leggera di un habanero e dell'olio al timo. "In Vietnam, 10 anni fa, ho capito che l'ostrica cotta è più buona di quella cruda; da allora, ogni anno cambio versione". Che abbia ragione? Il sospetto è forte

Il secondo piatto di Prateekh Sadhu era un Dohneiioing, il maiale al sesamo nero dell'etnie Khasi, che stazionano nel nord-est dell'India. Qui è in versione con capasanta e 3 salse: oltre al sesamo nero, rafano fermentato e maiale pickled

Tsukune di pollo, un piatto di lignaggio iper-popolare preparato da Yoshihiro Narisawa con pepe sansho, uovo morbido, tartufo bianco, funghi porcini e castagne. "I nostri nonni già grigliavano il riso a contatto col fuoco diretto: niente di nuovo da noi ma è una cottura che richiede grande attenzione, che sono felice di proporvi oggi"

Verza di Mora romagnola, corsa della cena numero due preparata da Jessica Rosval con rotoli di burnt ends (i bocconcini di carne affumicata della tradizione nord-Americana), mela verde e Parmigiano Reggiano 60 mesi. Un viaggio avventuroso tra le origini e l'approdo della cuoca canadese

Chiusura col botto con la paella valenciana di Quique Dacosta, su cui piovevano scaglie di tartufo Appennino Food Group (l'accortezza che dava senso a Surprise Surprise, il nome della pietanza finale). Nelle ore precedenti, mai visto il cuoco spagnolo così rilassato e sorridente

Biscotto di sbrisolona, cotechino al forno, zabaione e Aceto Balsamico extravecchio di Modena, l'ormai celebre risveglio fumé della colazione di Casa Maria Luigia. Appuntamento all'anno prossimo
Dall'Italia
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose