Chiara, Andrea e Stefano Soban

In un secolo e mezzo di storia la Val di Zoldo ha dato i natali nell’ordine: alla punta di diamante della tradizione gelatiera italiana, che alla fine dell’Ottocento volò da qui sopra le Dolomiti per atterrare sulle tavole aristocratiche tedesche e austroungariche; a Paolo Soban e a sua moglie Gianpiera, che negli anni ’60 si conobbero a Colonia, entrambi artigiani nelle gelaterie dei conterranei, e che nel 1977 arrivarono a Valenza, in provincia di Alessandria, per rilevare la gelateria cittadina fondata già nel 1924; e infine ai loro tre figli - Chiara, Andrea e Stefano Soban - che hanno camminato presto e veloci sulle orme dei genitori, aprendo in pochi anni altre due insegne in centro ad Alessandria e una a Trieste.

«Negli anni in cui siamo cresciuti forse non c’era ancora ricerca gastronomica o consapevolezza della qualità - racconta Andrea Soban - Ma c’erano i nostri genitori che hanno sempre lavorato rompendo le uova e usando la frutta fresca. Sembra una cosa banale, ma a un certo punto ci siamo guardati attorno e ci siamo sentiti come mosche bianche». E da mosche bianche sono andati dritti, senza sentire il bisogno di cercare sostituti agli ingredienti naturali, bensì percependo e assecondando un altro bisogno più forte: quello che ancor oggi coincide con l’orgoglio e la responsabilità di essere gli interpreti eccellenti della grande tradizione veneta, proprio di quella valle tra le Dolomiti bellunesi che tutti conoscono come "valle dei gelatieri".

Così ancor oggi tra le loro gelaterie non solo si affonda nel gusto dell’autentico gelato zoldano, ma spesso ci si ritrova immersi in atmosfere d’altri tempi, come tra i riti perduti della coppa gelato o del gelato al piatto, senza che la forza di queste radici faccia perdere ai Soban la propensione al futuro, con un Progetto gelato, per citare l’ormai celebre libro di Andrea, che va spingendosi verso la ricerca del cono gourmet.

a cura di

Concetta Bonini

classe 1987, giornalista professionista testardamente modicana, sommelier in formazione permanente. Attraversa ogni giorno le strade del “continente Sicilia” alla ricerca di storie, persone e imprese legate alla cultura del cibo e del vino. Perché ogni contadino merita un romanzo