30-07-2025

Ragù della domenica in masseria: la magia di mangiare tra i filari in Salento

Siamo stati all'osteria Origano di Menhir Marangelli: ci si accomoda nel dehors a un metro dai filari e si assaporano piatti autentici, che raccontano il territorio, studiati dallo chef Roberto Musarò. Le braciole cuociono lentamente per sei ore...

Tavoli a due passi dalle vigne: è l'osteria O

Tavoli a due passi dalle vigne: è l'osteria Origano di Masseria Marangelli, cuore del progetto Menhir Marangelli a Palmariggi, tra Maglie, Otranto e Minervino di Lecce

Immagina una giornata di qualche settimana fa, prima estate, di quelle in cui il cielo ha già preso il colore della stagione ma la campagna conserva ancora il verde brillante della primavera. Ti ritrovi a percorrere una strada che taglia uliveti e muretti a secco, tra Palmariggi e Otranto (Lecce). Lasci la macchina e cammini piano, quasi in punta di piedi, come se il silenzio del luogo chiedesse rispetto.

I filari ti accompagnano, ordinati e vivi, verso una costruzione che non è solo una masseria, ma un’idea di Puglia rigenerata: Masseria Marangelli, cuore del progetto Menhir Marangelli, non si mostra, si lascia scoprire. È un luogo che sembra esserci sempre stato, ma che in realtà racconta una visione moderna e coraggiosa. Qui l’ospitalità è solo una parte del disegno. Il resto lo fanno la terra, i muri di pietra, le viti, gli orti, i tempi lenti, la scelta di fare le cose bene, senza scorciatoie.

Osteria Origano di Masseria Marangelli

Osteria Origano di Masseria Marangelli

Osteria Origano di Masseria Marangelli

Osteria Origano di Masseria Marangelli

Menhir Marangelli è un mosaico fatto di quattro poderi – Marangelli, Quattro Macine, Pirati, Anna – ognuno con il suo microclima, il suo carattere, la sua voce. Da questi nascono vini identitari, mai ruffiani, che sanno raccontare l’anima della Terra d’Otranto senza cercare facili consensi. Sono etichette che portano nomi leggeri – Nina, Sale, Vola, Filo – ma dietro c’è un lavoro sartoriale, fatto di zonazione, cura dei cloni, agricoltura viva e consapevole. Un lavoro che ha radici profonde, ma guarda lontano.

Dentro la masseria, tra le pietre recuperate e la luce che entra morbida, c’è Origano: un’osteria che non vuole stupire, ma raccontare. Ma se già l’interno accoglie con sobrietà e calore, è soprattutto all’esterno che l’esperienza diventa piena. Nel dehors ci si siede praticamente a un metro dai filari, in un silenzio che profuma di foglie, di vento, di terra viva. Non è solo un pranzo o una cena all’aperto: è un’immersione nel vigneto stesso, un prolungamento naturale della passeggiata che si fa per arrivare fin lì. Si può pranzare anche all’interno, certo, ma quando il clima lo permette, il dehors regala quella sensazione rara di mangiare dentro il paesaggio, senza alcun filtro.

Roberto Musarò

Roberto Musarò

La cucina è firmata da Roberto Musarò, chef classe 1988 originario di Andrano. Dopo esperienze in Giappone, Francia, Germania e Filippine, ha scelto di tornare nella sua terra. E qui, proprio in questo contesto, ha trovato una sintonia nuova tra tecnica e verità. «Prima volevo fare una cucina più strutturata, estrosa… Poi ho capito quanto mi piace davvero lavorare con il vegetale. Poter nobilitare una cipolla o un porro, dargli lo stesso rispetto di una proteina: questo oggi mi dà soddisfazione vera». Il suo approccio ha seguito l’evoluzione del luogo: più che imporsi, ha scelto di aderire. «Penso che la cucina debba dialogare con il posto in cui si trova. Quando uno si siede da Origano deve sentire il territorio, riconoscerlo nei piatti».

Nei piatti che abbiamo assaggiato, questo si sente chiaramente.

La focaccia, con farine pugliesi tipo 1 e semola e una biga a 24 ore, è un benvenuto semplice ma carico di identità: arricchita di volta in volta con pomodoro, olive, oppure friggitelli e caprino. Un simbolo, più che un antipasto. Poi arriva la Tartare di vacca, servita con capperi soffiati, alici e un sorprendente zabaione salato al limone e burro affumicato, che riprende il ruolo del tuorlo in maniera originale e raffinata. La carne, condita con discrezione, lascia spazio a un gioco aromatico pulito e mediterraneo.

La focaccia di Origano

La focaccia di Origano

Tartare di vacca, capperi soffiati, alici, zabaione salato al limone e burro affumicato

Tartare di vacca, capperi soffiati, alici, zabaione salato al limone e burro affumicato

Polpo alla brace, salsa teriyaki, salsa al peperone rosso, cipollotto fritto e paprika

Polpo alla brace, salsa teriyaki, salsa al peperone rosso, cipollotto fritto e paprika

Il polpo viene cotto sottovuoto, poi rifinito alla brace e laccato con una salsa teriyaki autoprodotta, ottenuta da una riduzione intensa di scarti di pesce. A dare profondità, una salsa al peperone rosso: i peperoni, marinati con un rub di spezie (paprika, finocchietto selvatico, pepe, semi di finocchio), riposano una notte prima di essere frullati insieme a un olio ricavato da cipolle soffritte a lungo, dorate con pazienza senza mai portare l’olio a fumo. L’olio, filtrato e addensato, viene poi unito alla crema insieme ad aglio rosso e un tocco di soia. A completare il piatto, cipollotto fritto e una spolverata finale di paprika.

Minchiareddhi col ragù della domenica e pecorino

Minchiareddhi col ragù della domenica e pecorino

Il cuore del pranzo è stato il ragù pugliese della domenica, quello delle nonne. Braciole cotte lentamente per cinque o sei ore, dopo averle rosolate insieme alle cipolle. Si sfuma con un po’ di vino rosso, poi si aggiunge la salsa di pomodoro e si lascia ridurre fino a ottenere un sugo avvolgente. La pasta, fatta in casa con farina Senatore Cappelli proveniente dal vicino molino di Lizzanello, raccoglie ogni sapore. In sala, per chi lo desidera, si chiude con una generosa grattugiata di pecorino sardo. È un piatto che commuove, senza retorica.

Scirocco

Scirocco

Infine il dolce che chiude il percorso si chiama Scirocco, come il vento caldo che attraversa il Salento. È la personale reinterpretazione del caffè leccese, pensata per raccontare il territorio con eleganza. Alla base c’è una granita alle mandorle, sopra una mousse al caffè modellata in forma di mandorla, che visivamente inganna ma aromaticamente sorprende. A completare, mandorle tostate, crumble alla mandorla e una salsa al caffè che restituisce quel contrasto tra dolcezza e forza tipico del classico caffè in ghiaccio con latte di mandorla. Un dessert che non rincorre l’effetto, ma chiude con coerenza, radicamento e freschezza.

In fondo, l’esperienza nei vigneti – quella vera – non ha bisogno di imitare le immagini da cartolina della Toscana o le colline pettinate delle Langhe. C’è una bellezza diversa, più asciutta, meno addomesticata, ma proprio per questo potente. Qui, tra le campagne del Salento più discreto, c’è una verità che non ha bisogno di fronzoli.

Osteria Origano al tramonto

Osteria Origano al tramonto

E mentre, nel silenzio del tardo pomeriggio, ti versi un altro calice, con ancora in bocca il ricordo di un piatto che parlava la lingua dell’orto, ti rendi conto che questa è la Puglia che vorresti far conoscere a chi viene da fuori. Quella che non urla, ma resta.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Antonio Mercaldi

di

Antonio Mercaldi

imprenditore foggiano, racconta da anni sui social le sue esperienze gastronomiche vissute sempre dal punto di vista del cliente seduto a tavola. Si definisce "cliente professionista" proprio per questo approccio: osservare, vivere e narrare il mondo della ristorazione con curiosità, rispetto e passione. Noto sui social come Iron Foodie - un progetto nato dall'incontro tra l'amore per Iron Man e la cultura gastronomica - si muove con entusiasmo tra artigiani del gusto e grandi chef, alla ricerca di emozioni autentiche

Consulta tutti gli articoli dell'autore