Scatola nera di un'impressionante macchina da guerra gastronomica, il locale in cui è nato il mito della famiglia Cerea resta una fabbrica impeccabile di godimenti gastrici in un contesto di respiro internazionale che ha davvero pochi eguali in Italia. Magari l'avanguardia è meno marcata che altrove e c'è una certa propensione a fare un po' di spettacolo (i camerieri che girano offrendo cannoncini, Chiccho Cerea che manteca in diretta i proverbiali paccheri, una certa qual ratatouillizzazione della coreografia del servizio) ma l'esperienza è tra le più imponenti e solenni che si possa immaginare.
E la possibilità di imbattersi in una giornata no o in un refuso in un piatto sono prossime allo zero. I menu sono sontuosi, quello dedicato alle origini di Vittorio celebra il passato senza nostalgismi, ce n'è anche uno vegetale. La carta è una piccola playlist di classici, dall'Uovo all’uovo alla Zucca marinata alla senape, mele cotogne e radicchi, da Che cavolo di risotto al Granchio reale alla Rossini fino al Piccione arrosto, indivia e barbabietola. Tecnica impeccabile, qualche francesismo ma fondamentalmente qui si celebra la grandezza dell'Italia.
romano di stanza a Milano, sommelier e giornalista del quotidiano Il Giornale, racconta da anni i sapori delle città in cui vive
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Tavoli all’aperto
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