«Da qui si vede la Sicilia…. Puoi andare in Sicilia e tornare in giornata». Parla così chi vive l’isola, ma intanto pensavamo in silenzio: «Non è pur questa Sicilia?!»
Lo è nella misura in cui bisogna collocare una superficie di circa 26 km² in un punto nel mondo. Ma un’isola come Salina è un microcosmo a sé.
E sanno raccontartelo bene gli isolani, attraverso i loro ritmi lenti, le loro abitudini che, per quanti provengono dalla città, sono un po’ il multiverso… ma ti ci adegui, e alla fine ti accorgi che gesti e modi originano dalla permanenza su questo lembo di terra circondato dal mare.

Tramonto su Pollara, uno dei tre comuni di Salina, assieme a Leni e Malfa
E sanno raccontartelo ancora meglio coloro i quali sull’isola hanno scelto di restare, sebbene siano cresciuti altrove. Ecco, quando un’isola è una scelta, forse la ami ancora di più.
Poi, non è tutto magia, specie quando arriva l’inverno e devi tirare avanti per mesi di “isolamento” totale. Pochissime attività aperte, zero turisti, niente intrattenimento e case umide: «Eppure – ci racconta Raffaele Caruso, bar manager del Signum - boutique hotel di lusso e ristorante a Salina -, dove a breve metteremo piede per immergerci – viviamo l’inverno con una prospettiva completamente diversa. Novembre, intanto, è il mese più corto in assoluto: la giornata scorre in una perenne penombra che viene spezzata solo tra le 11 e le 15 dal sole, che poco dopo si spegne. Ma da dicembre inizia davvero un nuovo anno. La luce cambia, la natura si riattiva e in un attimo è già primavera».

Raffaele Caruso, cugino di Martina e Luca, nonchè bar manager del Signum
Il Signum, che apre per la prima volta nel 1988, è Salina. Di nuovo, un microcosmo a sé.
Non lo scorgi subito arrivando a Malfa – uno dei tre comuni dell’isola -; devi muoverti tra viottoli stretti; entri e vieni catapultato in questa grande casa, il nucleo originario dell’hotel messo su dai genitori di Luca e Martina Caruso che insieme, oggi, portano avanti l’albergo con rinnovate energie.

Luca Caruso, direttore di sala e sommelier, e Martina Caruso
Esci e subito questo gioiello di pace e luce splende sotto ai nostri occhi: la terrazza del ristorante gastronomico, il bar e bistrot dall’altro lato, affacciati sul blu, e tutto uno sciame di case che nel tempo sono andate sommandosi costituendo un grazioso borgo con la sua piazza centrale.

Il panorama dal bistrot e bar del Signum
C’è anche la spa, un ritaglio di benessere all’aria aperta e una piscina incastonata tra casupole pastello.

Uno scorcio della Spa del Signum, boutique hotel di lusso
Tra queste, ce n’è una, in alto, che dà sul ristorante: ecco, proprio lì ha dormito Massimo Troisi durante le riprese del capolavoro cinematografico, Il Postino.

Una delle meravigliose suite del Signum
Il Signum, custode del mare, di quell’immenso mare che ce ne spiega tutta la poesia, come quando di sera la luna spande il suo riflesso e te lo serve dopo il dessert e prima del caffè. Mare, ma anche vulcani spenti, pietra, una natura selvaggia, cime da scalare e tantissima macchia mediterranea; i vigneti di Malvasia con i muretti a secco – ma questa è un’altra storia che presto vi racconteremo - e frutteti; brezze che mutano da un lato all’altro dell’isola, intervallata da valli beate. Un verde intenso si ficca negli occhi, si staglia contro mille sfumature di azzurro, e lo respiri in una morbidezza floreale tutto intorno. Penetrante come il sapore di un cappero, accessorio prediletto dell’isola di cui ne è completamente rivestita.

Il gelato al cappero del Signum, servito con cappero candito tra due bruschette di pane dolce. Il consiglio è quello di schiacciare e mordere. Libidine pura, l'impressione dell'isola che abbonda dei suoi fiori e frutti in ogni angolo
Dolce e persistente come la mandorla che rientra puntualmente nella narrazione a tavola di Martina Caruso, cuoca, moglie e madre, ma anche figlia di quel padre, Michele, da cui ha assorbito i gesti che nel tempo son diventati identità, passione, mosse da un desiderio acceso di lasciarsi ispirare dall’isola.
Ne conosce i profumi Martina, le stagioni, ma anche la storia della sua famiglia che accoglie da diversi anni a questa parte Simone, marito di lei, un veterinario a tutti gli effetti, da sempre affascinato dai fornelli. Non è un caso, quindi, che di tanto in tanto affianchi Martina prendendo il controllo di questa o quella partita a seconda delle necessità; soprattutto, è proprio Simone a inaugurare una serie di sperimentazioni al Signum, un progetto tale da conferire ulteriore profondità al mare di Salina e al suo pescato, e in ultimo alla cucina di Martina.

I salumi di mare del Signum
Salumi di pesce, di ciò che vale la pena conservare, soprattutto tonno rosso, approfittando della possibilità di pescarlo per l’intero mese di luglio; un pesce da trasformare esattamente come succede col maiale, facendone scorta, lasciandolo poi evolvere con i giusti tempi di maturazione. E quindi bresaola di tonno, dal suo filetto che subisce circa 20-30 giorni di stagionatura, profumata con polvere di foglie di fico e pepe nero; dalle parti grasse e da quelle restanti del filetto, invece, si ottiene il salame, carnosità più accentuata, struttura, e come tutti gli altri salumi, nessun tipo di additivo o conservante se non quelli naturali come sale e spezie, per mantenere un approccio da puristi; la ‘nduja, molto piccante, in questo caso di polpo, con peperone dolce, peperoncino, ma anche finocchietto che sfiamma appena appena questo spalmabile di fuoco, sulla scia di una sardella calabra; il prosciutto di tonno – che per texture e speziatura, ci ricorda più uno speck - scioglievole, la mortadella di seppia con pistacchio, alalunga e spada – conserva la freschezza del salume appena affettato – e lardo di totano – simbolo dell’isola, tanto è vero che ne fanno anche una sagra - cotto a bassa temperatura, a vapore e poi condito con peperoncino ed erbe aromatiche essiccate, da spalmare sul pane caldo.

Alalunga affumicata, finocchietto selvatico, fondo bruno di pesce. Credits @Paolo Giocoso
L'alalunga subisce una frollatura di 25 giorni; viene appena scottata e poi irrorata da un fondo di alalunga, intenso, prima amaro, concentrato, che apre la strada al pomodoro e alla sua acidità; quindi, crumble di olive nere, polvere di foglie di limone e finocchietto selvatico
Prodotti che troveranno sempre più spazio nel bistrot del Signum, alla stessa maniera in cui le maturazioni già indicano la sostanza del menu Oltremare, introdotto lo scorso anno; maturazioni, ma anche un lavoro meticoloso sulle salse affinché ogni parte del pesce venga utilizzato, lische comprese; un menu che raccoglie gli umori del mare, con ricami di amaro, e una vegetazione vibrante, riflesso di ciò che vive nel giardino “di casa”, in conserva, o sparso su questo o quel dorsale dell’isola.

Gambero rosso, latticello, fichi prematuri cotti in sciroppo di foglia di fico e aceto di fico: una delle deliziose creazioni del Bistrot del Signum. Parole d'ordine, raffinatezza, ma anche tanta golosità immediata
È un sentire spontaneo, uno scrivere di getto ciò che i sensi recepiscono; non solo Martina, ma il commensale stesso può raccogliere questi stimoli passeggiando, respirando, trattenendo un sorso di mare in bocca, per poi ritrovare tutto quanto nei piatti. Ricchi, complessi nella varietà di ingredienti che lo compongono, ma così identitari da non perdersi nell’insieme. Come l’immagine di un’emozione, che sai esattamente da dove proviene, distinguendone ogni singolo elemento che ha contributo nel lasciarla sbocciare.

Totano, pane, #tumapersa e bieta
Piatti potenti, volutamente incisivi, eppure naturali, ancorati alla sensibilità nel recepire la materia; non temono di esporsi per gradi di piccantezza - la Cernia in chiusura, frollata 35 giorni e servita con salsa XO piccante -, per sensazioni di calore che preservano l’essenza dell’ingrediente – una colata di mandorla calda nella Zuppetta; prodotti che si presentano in un contesto e ritornano nel corso del pasto per suggerirne un’interpretazione diversa; non è ripetizione, è amare ciò che si ha disposizione e svelarne ogni singola sfumatura.

Triglia, zuppetta di mandorle, vongole, limone e bottarga. Credits @Paolo Giocoso
Quella potenza, d’altronde, Martina l’ha sempre dimostrata: coltiviamo i ricordi di una pasta condita con totano, bieta e tuma persa; ecco, quello stesso concetto viene preservato, collocato però in una nuova dimensione. Non più in accompagnamento al carboidrato, si presenta ora come antipasto, quindi Totano, pane #tumapersa e bieta – un totano saltato in padella con un ragù al nero di totano servito con le sue interiora, tuma persa e bieta in due consistenze.

Monte Fossa. Credits @Paolo Giocoso
Com'è l'autunno sull'isola? Eccolo narrato in questo dessert, sapido, con note terrose, erbacee: al centro, il gelato alla nepetella, spugna al finocchietto, funghi canditi - umami - more selvatiche e una frolla alla mandorla. Un dessert che non appesantisce il palato e che offre dell'isola una prospettiva vissuta pressochè mai da chi la frequenta sotto il sole d'estate
Riattraversare i sapori, tenere stabile il contatto con la propria storia è una lampada al piede di questa giovane cuoca che non ha mai tradito il sentire della famiglia, perseguendo una strada già ben tracciata, che arricchisce di elementi nuovi.

Bagna cauda, ma di mare: alla base una crema di patate, ricca - che avremmo preferito appena più leggera nella texture -; viene emulsionata con polpa di riccio, aglio, alici, olio e pepe nero. Una carezza avvolgente che inaugura il pasto al Signum
E così diventa potente anche una Granita - uno shottino quasi - al limone con aggiunta di polvere di prezzemolo e infuso peperoncino, che schiude il ricordo di una aglio e olio rinfrescato dalla temperatura di questo assaggio; il Pesce spada, che assimila note affumicate in maturazione – siamo sui 10 giorni di frollatura -, si serve dell’amaro del pompelmo sia in conserva, sia fresco, per esprimere tutta la sua dolcezza addomesticata dal quel sottile fumo. Uno scambio, un do ut des, un patto silenzioso tra ingredienti che Martina tiene legati intimamente l’uno all’altra senza che si annullino, in equilibrio.

Pesce spada frollato e pompelmo. Credits @Paolo Giocoso
Potenza, ma anche delicatezze percettibili in due sfoglie di pasta: dal Tortello con concentrato di seppia, più tenace al morso, ricalca la struttura di un velo di seppia, con il suo concentrato appunto, spezzato da un brodo fresco di rosmarino e pesca; l’altra sfoglia è impalpabile, guida dritto al ripieno di ceci, cremosi, ma anche ruvidi come la ricotta in una pasta fresca: sono i Bottoni in acqua di pomodoro, ceci, paprika e foglie di cappero carnose. La visione rinnovata ed eterea di un raviolo al pomodoro.

Dal menu vegetale, Bottone di ceci, rosmarino affumicato, foglie di capperi e acqua
La materia si sente qui al Signum, le lavorazioni parlano a voce alta, ma si percepisce anche la forza di quanto accade in cucina con una brigata quasi tutta al femminile, invitata a collaborare al processo creativo, e a imparare a tenere le redini di un progetto così ambizioso.

Una grande brigata quella di Martina Caruso, quasi tutta al femminile
Fino alla sala, che poi sala non è: sono esseri umani che aspettano di incontrare l’altro e di raggiungerne un bisogno, con leggerezza, con una radiosità che non può che originare da un innato senso di accoglienza. Graziana, Chantal, Roberto, e tutti i ragazzi che ruotano attorno all’ “orbita Luca”, padrone di casa, e di una casa aperta, con Natascia Santandrea al suo fianco per viaggi enoici che completano la magia.
Una casa di chi conosce il valore di un sorriso, e l’importanza del gesto, dell’esserci per l’ospite che arriva per tutta la poesia di quest’isola straordinaria, ma soprattutto per chi è in grado di interpretarne la bellezza attraverso un’umanità che non si risparmia. È questo il vero sigillo del Signum.