12-08-2025

Fugnanesi-Ricci, intervista doppia (con carrambata) a due chef dall'anima green

Al Festival di Stelle organizzato a Livigno dall'Hotel Lac Salin Spa & Mountain Resort, l'executive chef di casa e quello del Joia a Milano si sono cimentati in piatti veg, condiviso visioni e scoperto d'essere uniti da ricordi di scuola

Andrea Fugnanesi, chef della Stua Noa Fine Dining

Andrea Fugnanesi, chef della Stua Noa Fine Dining e della Stua da Legn a Livigno, e Sauro Ricci, chef del ristorante Joia a Milano 

Semplice, immediato, efficace: Festival di Stelle. Quel triangolo di parole racchiude tutte le stelle che si possono incontrare in una Livigno sempre più vicina alla prova olimpica di Milano-Cortina 2026. In una spettacolare giornata di sole si è svolta la prima edizione dell'evento organizzato dall'Hotel Lac Salin Spa & Mountain Resort, 4 stelle superior della famiglia Giacomelli, che ha portato il concetto di benessere, sostenibilità e natura dalla Spa alla cucina. L'executive chef Andrea Fugnanesi, dopo aver tenuto a battesimo nel 2023 la Stua Noa Fine Dining presso il Concordia, altro hotel del gruppo, al Lac Salin un anno fa ha aperto la Stua da Legn, il primo ristorante vegetariano e vegano di Livigno, ma anche il più alto d'Europa e «cuore pulsante dell'Alta Cucina Naturale». Proprio il concetto di Alta Cucina Naturale è anche il marchio di fabbrica del milanese Joia, aperto nel 1989 da Pietro Leemann, primo ristorante europeo consacrato interamente alla cucina vegetariana-vegana e il primo ad essere stato premiato nel 1996 con la stella Michelin alla quale si è aggiunta quella verde. Oggi è saldamente nelle mani dei suoi "discepoli" Sauro Ricci e Raffaele Minghini che proseguono la “filosofia” vincente di Leemann.

Il giardino dell'hotel Lac Salin Spa & Mountain Resort della famiglia Giacomelli: qui si è svolta la prima edizione del Festival di Stelle

Il giardino dell'hotel Lac Salin Spa & Mountain Resort della famiglia Giacomelli: qui si è svolta la prima edizione del Festival di Stelle

E così nell'immenso giardino del Lac Salin si sono trovati proprio Andrea Fugnanesi e Sauro Ricci a confermare con uno show cooking (Spaghettone del bosco per Andrea e gGazpacho Sincronicità per Sauro) la bellezza di un'Altissima Cucina Naturale (a 1.800 metri il superlativo è d'obbligo). Insieme a loro, a sorpresa, è arrivata anche la stella di Enrico Derflingher, presidente di Euro-Toques, e conosciuto da tutti per essere stato il primo e unico chef italiano assunto a soli 26 anni dalla regina Elisabetta a Buckingham Palace, conquistata, come l'allora principe Carlo, dai suoi risotti. A Livigno ha deliziato i presenti proprio con il risotto dedicato a Carlo, con gorgonzola, tartufo nero e zafferano. Al termine della giornata ci siamo divertiti con un'intervista doppia alle due anime green di Andrea Fugnanesi e Sauro Ricci, tanto uguali e tanto diversi. Sauro pratica quotidianamente yoga e recita mantra, Andrea due ore al giorno le trascorre in palestra. Fugnanesi è nato nel 1995, l'anno in cui Ricci iniziava l'alberghiero. E qui arriva la carrambata che non ti aspetti: entrambi hanno frequentato l'istituto alberghiero “Giancarlo De Carolis” a Spoleto con la stessa professoressa, Stefania Chiocci. Scoprirlo è stata un'emozione. Per loro, ma anche per me.
Al Festival di Stelle si è presentato a sorpresa anche Enrico Derflingher, presidente di Euro-Toques e noto per essere stato lo chef della regina Elisabetta, del principe Carlo e di Diana: a Livigno ha presentato il risotto adorato da Carlo, con zafferano, gorgonzola e tartufo nero 

Al Festival di Stelle si è presentato a sorpresa anche Enrico Derflingher, presidente di Euro-Toques e noto per essere stato lo chef della regina Elisabetta, del principe Carlo e di Diana: a Livigno ha presentato il risotto adorato da Carlo, con zafferano, gorgonzola e tartufo nero 

 

La prima volta che si è detto "voglio diventare chef"
Andrea:
«Non sono nato chef ma lo sono diventato. Avevo una grande passione per gli animali, puntavo all'istituto agrario. Poi ho fatto un open day all'alberghiero di Spoleto: sono entrato in cucina e non volevo più uscirne. Ho sentito subito il fuoco dentro, quello era il lavoro che volevo fare. Non ho perso tempo e non ho mai cambiato idea. La mia passione è rimasta quella di quel ragazzino: sono il primo ad entrare in cucina e l'ultimo ad uscirne».

Sauro: «La risposta si perde nella notte dei tempi. Non c'è un riferimento preciso, ma mi piace pensare a una vocazione che diventa forza di volontà. Sicuramente appartiene alla sfera famigliare e all'infanzia, ma quell'idea è cresciuta semplicemente con me e in me. La verità? Era dentro di me da sempre».

 

La vostra cucina legata al vegetale inizia da Pietro Leemann per entrambi. Amore a prima vista?
Andrea:
«L'ho conosciuto a Livigno in un'edizione del Sentiero Gourmet, poi aveva cenato all'Hotel Concordia. Prima del suo ritorno in Svizzera sono andato a Milano a provare la sua cucina al Joia e, da non vegetariano, rimasi colpito da quello che riusciva tecnicamente a fare con i vegetali, esaltandoli nei colori, nei sapori, nelle acidità e abbinando i piatti a thé diversi. Quella sera capii che i vegetali erano uno stimolante universo creativo».

Sauro: «Con Pietro ci conosciamo da tantissimi anni. Sono arrivato al Joia 13 anni fa ed ora lo sto portando avanti con Raffaele Minghini nel segno della continuità e della sensibilità alle risorse del Pianeta. Mi piace pensare a questo trio, io, Raffaele e Pietro, come un'affinità elettiva. Ci sono presupposti interiori, filosofici e spirituali che ci hanno unito in una comunione di intenti e di visioni fondamentale per interpretare la cucina e la materia prima». 

Sauro Ricci rifinisce il suo Sincronicità, un gazpacho tutto vegetale dalla grande estetica

Sauro Ricci rifinisce il suo Sincronicità, un gazpacho tutto vegetale dalla grande estetica

 

«Siamo ciò che mangiamo, diventiamo ciò che scegliamo di mangiare»: nel motto di Leemann non c'è solo cucina ma anche tanta etica con un no deciso alla violenza sugli animali, per esempio.
Andrea:
«Alla Stua da Legn non tradiamo mai il concetto di cucina super sostenibile. Usiamo il più possibile le verdure del nostro orto e quello che acquistiamo arriva sempre da un'agricoltura sostenibile. Compriamo da piccoli produttori e sul territorio, evitando le grandi aziende e la grande distribuzione. Sono cresciuto in Umbria tra gli animali, con un papà che fin da bambino mi ha insegnato a rispettarli. Sempre».

Sauro: «Il motto di Leemann solleva temi importanti. L'incipit della frase si rifà al filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, poi Leemann ha sottolineato come diventiamo ciò che vogliamo essere. Il cibo diventa un principio di libertà ma anche il frutto di una scelta consapevole. La cucina vegetariana sottolinea forte il concetto di non violenza che è un principio dello yoga che non è, come molti pensano, solo un sistema di posture ma un insieme filosofico molto complesso. La violenza è un elemento contaminante, da evitare in ogni campo, non solo in cucina con l'uccisione degli animali. Yoga vuole dire connessione, unione: cosa vogliamo unire con un cibo non violento? La parte individuale con la contraparte universale. Io e Pietro siamo persone spirituali e quindi ci piace chiamarla Dio. Chi invece ha una visione meno antropomorfa, Dio lo chiama universo o energia che tutto pervade. Noi siamo al mondo per fare un viaggio, nella nostra cucina cerchiamo di sviluppare sia tecniche che gusti non violenti per far sì che le persone possano riconnettersi e risvegliare la propria spiritualità. Sì, perché il cibo è anche uno strumento per migliorarsi e per riuscirci noi prepariamo un cibo puro, senza chimica, senza semilavorati, usando solo ingredienti biologici».

 

Entrambi considerate la Natura madre di tutto. Andrea ne ha una visione più pratica ed istintiva, Sauro più filosofica, rafforzata dalla laurea in antropologia con una tesi sulla macrobiotica
Andrea: «L'amore per la natura l'ho appreso da piccolo, ho fatto il boy scout e quella è una palestra di vita. Ti insegnano che se vai in un posto e campeggi quando te ne vai devi lasciare tutto meglio di prima. Non devi contaminare il bosco, la natura va rispettata e ringraziata per quello che ci dà. Ricordo ancora le prime pigne di cembro che mi aveva portato Daniel Giacomelli e che abbiamo poi trasformato in sciroppo per i nostri ospiti. In quello sciroppo c'è la forza pura della natura, un dono prezioso che i manufatti dell'industria non ci daranno mai. Se sai rispettare la natura, ti viene facile farlo anche con le persone. Gestisco 23 persone nelle mie due cucine, ho imparato ad assecondarle, ascoltarle, confrontandoci e assicuramdo orari di lavoro giusti. La sostenibilità umana è stata la chiave per diventare una squadra vincente, da soli siamo poco o niente».

Sauro: «L'aspetto spirituale ci responsabilizza: se noi vediamo la Natura come il creato siamo legittimatti a custodirlo, a lasciarlo meglio di come l'abbiamo trovato. Proprio come facciamo nella nostra cucina: alla sera la sistemiamo e puliamo al meglio per trovarla impeccabile al mattino quando arriviamo. Dovremmo fare così anche con la Natura, esserne custodi e protettori per garantire alle generazioni future di continuare a goderne i benefici. Dobbiamo far crescere lo spirito ecologico per non far vincere un'economia impostata solo sullo sfruttamento e l'arricchimento».

Lo Spaghettone del bosco, il piatto che ha raccontato l'anima green di Andrea Fugnanesi

Lo Spaghettone del bosco, il piatto che ha raccontato l'anima green di Andrea Fugnanesi

 

Qual è l'ingrediente a cui non rinuncerebbe mai?
Andrea: «La cipolla».

Sauro: «Il sale».

 

C'è un ingrediente che invece evita volentieri?
Andrea: «Paprika, peperoncino e tutto ciò che maschera l'alimento».

Sauro: «Probabilmente quello che non voglio usare già non lo utilizzo. Direi un'eccessiva quantità di grassi».

 

A chi dice che un menu vegetariano o vegano è triste e lascia affamati, voi cosa rispondete?
Andrea: «Io dico di provare l'esperienza. Il 99% dei miei clienti non è vegetariano, si siede curioso per la prima volta alla Stua da Legn e il più delle volte poi torna».

Sauro: «Chi lo sostiene non ha sperimentato le infinite possibilità che offrono i vegetali. E' un'affermazione da persona rigida e ancorata a un modello culinario che gli è stato imposto, senza lasciargli la possibilità di sperimentare e fare il suo viaggio verso la libertà».

 

I vostri piatti hanno sempre nomi fantasiosi. Come fate a battezzarli?
Andrea: «Il nome del piatto deve legare la tecnica di esecuzione, l'ingrediente principale e il territorio. Vogliamo che quando un cliente legge il nome capisca già cosa sta per mangiare».

Sauro: «Battezzare un piatto al Joia è una modalità che ci consente di portare la degustazione oltre la semplice esperienza sensoriale per arrivare ad un livello simbolico capace di coinvolgere la psiche: possiamo giungerci attraverso diversi modi, l'importante è che il piatto non venga visto solo come un insieme di ingredienti ma diventi uno spunto di riflessione».

I protagonisti dello show cooking al Festival di Stelle: da sinistra Domenico Cassanelli, sous chef de La Stua da Legn, Enrico Derflingher, presidente di Euro-Toques, Andrea Fugnanesi, chef de La Stua Noa Fine Dining e de La Stua da Legn, Sauro Ricci, chef del ristorante Joia, e Umberto Rocca, chef de partie al Joia

I protagonisti dello show cooking al Festival di Stelle: da sinistra Domenico Cassanelli, sous chef de La Stua da Legn, Enrico Derflingher, presidente di Euro-Toques, Andrea Fugnanesi, chef de La Stua Noa Fine Dining e de La Stua da Legn, Sauro Ricci, chef del ristorante Joia, e Umberto Rocca, chef de partie al Joia

 

Il piatto che la rappresenta di più
Andrea: «L'uovo che ho sviluppato in ogni forma. Sono partito dall'Uovo di selva affumicato al pino con spuma di formaggio di capra e ora alla Stua da Legn abbiamo in menù un Uovo a doppia cottura con fonduta di Castelmagno Dop e saraceno soffiato. E sono molto orgoglioso anche dello Spaghettone monograno Felicetti alla brace, umami di cardoncelli e zabaione di Grana 36 mesi, il piatto con cui mi sono raccontato al Festival di stelle».

Sauro: «Io dico l'Ombelico del Mondo, il nostro immortale risotto. Si chiama così perché il riso è il cereale più consumato al mondo con declinazioni diverse in ogni parte del globo ed è al centro dell'alimentazione dell'uomo dalla notte dei tempi. Il riso è cultura e Natura, uguale e diverso ogni volta a seconda della stagione e dell'impiattamento».

 

Perché tutti vogliono andare a Masterchef o a Bake Off e poi è così difficile trovare personale nella ristorazione?
Andrea: «Ai tempi io ho partecipato a Top Chef, uno dei primi talent televisivi legati alla cucina. Proprio per questo posso dirvi che la cucina non è quella che passa in tv, è ben altro. La cucina è gavetta, sacrificio, ore e ore passate ai fornelli magari rimediando sgridate...: ma è tutto questo che ti serve a capire se sei veramente appassionato o è solo un'infatuazione. A scuola mi hanno torchiato per bene, ho fatto anni di stage e gavette e gli errori fatti su di me non voglio commetterli con i miei ragazzi. Fare cucina non lo considero un lavoro ma uno stile di vita. In televisione la cucina è spettacolarizzata, una sorta di reality lontano da quelli che sono poi i doveri e i sacrifici quotidiani. Quando lavori duro non hai un calendario gestibile come i tuoi coetanei, i giorni di festa il più delle volte li trascorri al lavoro, la discoteca del sabato sera scordatela, persino trovare il tempo per la famiglia e la fidanzata è un'impresa».

Sauro: «Una volta c'era la tendenza ad approfittarsi della manualità delle persone con orari impegnativi e lavori sottopagati, diversi aspetti non funzionavano. Il Covid è stato un passaggio cruciale, ha ridisegnato valori ed abitudini e la mancanza del personale è diventata un problema in più settori, non solo nella ristorazione. Si è perso il valore del sacrificio che deriva da sacro facere, ovvero il rendere sacro ciò che si fa. Fare uno sforzo, rinunciare a qualcosa per un fine più grande. Il nostro è un lavoro di servizio e il servizio spesso e volentieri viene visto come servilismo. Invece dal punto di vista interiore è estremamente gratificante perché dona piacere alle persone. E' l'importanza di questo concetto che si è persa e io mi auguro che in futuro si riesca a cogliere questo aspetto del nostro lavoro. E ricordo sempre che se si vogliono ottenere risultati, i sacrifici vanno fatti in tutti gli ambiti dell'esistenza. ».

Sauro Ricci, chef del Joia, ha ereditato insieme a Raffaele Minghini la filosofia di vita e di cucina di Pietro Leemann

Sauro Ricci, chef del Joia, ha ereditato insieme a Raffaele Minghini la filosofia di vita e di cucina di Pietro Leemann

 

Il piatto di un collega che avrebbe voluto ideare lei
Andrea: «Stimo tanto Alessandro Gilmozzi, è uno di quelli che come me va per sentieri a raccogliere le erbe. E ammiro la famiglia Cerea, che ha saputo portare la ristorazione italiana a livelli di eccellenza nel mondo. Ma non ho rimpianti per non essere arrivato prima di loro alla creazione di un piatto. In cucina non si copia, ci si ispira, si mettono in circolo idee e ogni nuovo piatto è il risultato di una serie di connessioni».

Sauro: «Un piatto è un'ispirazione, una tecnica e anche una visione. Non è semplicemente un insieme di ingredienti, ma il frutto di progettualità e di una visione più generale della cucina. Tra noi colleghi ci osserviamo tanto, non ci rubiamo i risultati ma entriamo in una connessione universale che diventa scambio e condivisione di idee ed innovazione».

 

Il piatto di cui è più goloso
Andrea: «Strangozzi al pomodoro».

Sauro: «L'aspetto dei latticini mi ispira molto, anche i dolci mi piacciono, così come il riso integrale e il tempeh. Fatico a rispondere a questa domanda perchè non rinuncio mai alle cose fatte bene».

Andrea Fugnanesi al lavoro con il suo sous chef Domenico Cassanelli durante il Festival di Stelle a Livigno

Andrea Fugnanesi al lavoro con il suo sous chef Domenico Cassanelli durante il Festival di Stelle a Livigno

 

Il sogno nel cassetto
Andrea: «Grazie alla famiglia Giacomelli ne ho già realizzati tanti. A 30 anni sono a capo di due ristoranti fine dining, sono diventato sommelier ed ora mi aspetta l'avventura gastronomica olimpica. Il sogno? Quando avrò realizzato tutto ma proprio tutto, calmarmi un po'. Prendermi del tempo... tranquillo».

Sauro: «Il sogno nel cassetto è sviluppare la maestria per gestire il tempo in maniera gratificante così da trovare un equilibrio tra famiglia e impegni lavorativi».

 

Qual è la qualità del collega che vorrebbe sua?
Andrea: «La sua pacatezza. Ha un modo bellissimo di esprimere le cose e sa trasmetterle al meglio. Io talvolta mi accendo, mi altero nei modi anche se su questo aspetto caratteriale ci sto lavorando da anni e sono molto migliorato. Avere Sauro al mio fianco in questi giorni è stato molto bello».

Sauro: «Con Andrea c'è sintonia e sinergia. Lo ammiro per la generosità e la disponibilità che ho testato in queste settimane in cui ci siamo interfacciati per la preparazione dell'evento. Non sono virtù trascurabili. Auspico che sia il primo appuntamento ma non l'ultimo».

 

Buona la prima, dunque?
Andrea e Sauro: «Sicuramente sì. E non finisce qui...».

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Paola Pellai

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Paola Pellai

giornalista professionista, nata in un'annata di vino buono. Ha spaziato in ogni settore, dallo sport alla politica perché far volare in alto la curiosità è il sistema migliore per non annoiare e non annoiarsi. Non ha nessuna allergia né preconcetto alimentare, quindi fatele assaggiare di tutto. E se volete renderla felice, leggete il suo libro di fotostorie, Il tempo di uno sguardo

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