17-09-2025

I cinque formaggi che dovete certamente assaggiare a Cheese 2025

Il gran casaro Manuel Lombardi ci guida alla scoperta delle migliori chicche della manifestazione. Sono "blu delle tre contee", fatulì, comté 30-36 mesi Marcel Petite, Rey Silo Azul Mamá Marisa, Amarillo de La Tenuta Bianca

I cinque formaggi imperdibili che sarà possibile

I cinque formaggi imperdibili che sarà possibile degustare a Cheese 2025, a Bra (Cuneo) dal 19 al 22 settembre

Cheese 2025 è… non solo formaggi! Questo il claim di Cheese 2025, la storica manifestazione - organizzata da Slow Food e Città di Bra - che animerà le vie e le piazze della cittadina piemontese dal 19 al 22 settembre. L’obiettivo di questa edizione è mostrare come formaggi a latte crudo siano espressione culturale ed economica di un mondo vasto e articolato. Insomma, "non solo formaggi" perché l'arte casearia ha a che fare col paesaggio che ci circonda e con un tessuto di saperi legati non soltanto alla trasformazione del latte, ma anche alla gestione dei prati, dei pascoli e degli animali, alla trasformazione della carne e della lana, alla lavorazione del legno, alla castanicoltura e alle politiche forestali. Cheese vorrà rappresentare tutto questo puntando sul valore del formaggio in un’ottica di prospettiva futura, di lavoro e di vita per i giovani. Saranno presenti centinaia di caci a latte crudo dall’Italia e dall’estero ma anche mieli e caffè, gelati e street food: occasioni per scoprire il mondo delle lane, delle castagne, del legno e del turismo caseario.

Appuntamento a Cheese 2025

Appuntamento a Cheese 2025

«Per questa quindicesima edizione Cheese riprende l’ampio universo di relazioni che il formaggio racchiude: territori, animali, persone, pascoli, culture. Un invito a guardare oltre il prodotto e scoprire tutto ciò che lo rende possibile» commenta Manuel Lombardi, casaro, contadino 2.0, titolare dell'azienda agricola e agrituristica Le Campestre di Castel di Sasso (Caserta), famosa per aver riscoperto e promosso il pecorino più antico d’Italia, il conciato romano Presidio Slow Food, nonché tutor nazionale formaggi di Coldiretti e divulgatore televisivo dei caci nostrani. Ha scelto per noi cinque formaggi imperdibili e rari da assaggiare durate la quattro giorni di Bra e consiglia anche il perfetto abbinamento con vino e birra.

 

STILTON, OVVERO IL "BLUE DELLE TRE CONTEE" - Gran Bretagna
Origine del latte: vacca a latte crudo

Il "blu delle tre contee"

Il "blu delle tre contee"

Il formaggio stilton è uno dei più antichi d’Inghilterra. La sua produzione iniziò alla fine del XVII secolo e prende il nome dall’omonimo villaggio del Cambridgeshire, uno dei punti di passaggio lungo la strada da Londra a York, dove i viaggiatori spesso si fermavano per riposare durante il viaggio. Stilton è citato in diversi documenti dell’epoca, uno dei più importanti è A tour thro’ the whole island of Great Britain (1727) il cui autore, Daniel Defoe, già sottolineava come il villaggio di Stilton era famoso per il suo formaggio. Da sempre si produce nelle contee di Nottinghamshire, Leicestershire e Derbyshire. Dalla forma allungata di circa 8 kg, con una crosta spessa e dura di colore grigio chiaro con macchie bianche e polverose, ha un sapore rotondo tipico delle muffe prodotte dal Penicillium roqueforti che viene inserito nella pasta utilizzando lunghi aghi d’acciaio. Quando l’aria penetra nei fori la muffa, fino a quel momento “dormiente”, inizia a svegliarsi e crescere creando le tipiche venature blu. Man mano che il processo prosegue, il cacio diventa più morbido e sviluppa un aroma che ricorda quello del vino.
Lo stilton è apprezzato per la sua consistenza cremosa e il suo aroma delicato, che contrastano nettamente con il suo aspetto erborinato. Si consuma dopo una stagionatura che va da uno a sei mesi.
Nel 1996 ha ottenuto lo status di Dop dall’Unione Europea, ma purtroppo la legislazione insiste sull’uso obbligatorio di latte pastorizzato. Così i sei principali caseifici, che insieme producono oltre un milione di forme all’anno, eseguono un trattamento termico durante la lavorazione che uccide i batteri originali, privando il formaggio della sua ricchezza aromatica e della sua identità tradizionale, dovuta a questi stessi batteri.
Solo due produttori, Joe Schneider di Stichelton Dairy a Cuckney, nel Nottinghamshire, e William Clarke di Sparkenhoe Farm, ad Upton, nel Leicestershire, utilizzano il latte crudo e il metodo tradizionale, col paradosso di contravvenire al regolamento della Dop e di non poter chiamare il loro prodotto "stilton" (Schneider lo ha battezzato Stichelton, che poi è l'antico nome del borgo di Stilton. Clarke semplicemente Sparkenhoe Blue). Slow Food parla di "blu delle tre contee".
Abbinamento consigliato: vini dolci come Porto, Passito di Pantelleria, Sauternes e Sherry. Oppure una birra ad alta fermentazione di tipo Barley Wine, o un'intensa Stout o Porter

 

FATULÌ DELLA VAL SAVIORE - Italia
Origine del latte: caprino a latte crudo

Forme di fatulì

Forme di fatulì

In alta Lombardia, nella Valle Camonica, si produce il fatulì della Val Saviore, un cacio caprino affumicato il cui nome deriva dal dialetto locale e significa “piccolo pezzo”. Viene prodotto con latte crudo della capra Bionda dell’Adamello, una razza autoctona alpina a rischio estinzione, di taglia medio-grande, corpo robusto, agile e scattante con un mantello di tonalità variabile dal marrone chiaro al biondo. Il pelo sul ventre è bianco e si estende dal torace alla coda, fino alla parte interna delle cosce. Questa razza ha subito negli anni un rimescolamento genetico spesso legato alla scarsa attenzione che per anni ha caratterizzato l’allevamento caprino in alta montagna, perdendo quindi in parte le proprie caratteristiche e peculiarità. Sono attualmente in corso progetti di recupero e di salvaguardia. Grazie a questi interventi la popolazione caprina di Bionda dell’Adamello è cresciuta, in particolar modo in Valle Camonica, dove oggi risulta vivere oltre il 50% dei circa 4mila capi registrati sul territorio italiano. La lavorazione del fatulì segue metodi antichissimi: la cagliata viene rotta a mano con lo spino e l’affumicatura avviene con bacche e rami di ginepro. Il risultato finale è una pasta compatta dagli intensi aromi erbacei e di frutta secca.
Abbinamento consigliato: un vino bianco tipo Sauvignon del Trentino-Alto Adige o comunque un vino bianco di montagna prodotto localmente. Tra i rossi, perfetto il Valpolicella Classico o Pinot Nero. Come birra, invece, una chiara ad alta fermentazione o un'ambrata

 

COMTÉ 30-36 MESI DI MARCEL PETITE - Francia
Origine del latte: vacca a latte crudo

Il compté di Marcel Petite

Il compté di Marcel Petite

Un salto dai cugini francesi è d’obbligo, con un classico intramontabile affinato con maestria nella fortezza di Saint-Antoine, a 1.150 metri sul Massiccio del Giura. Il comté di Marcel Petite, stagionato da 30 a 36 mesi, è il frutto di un progetto lento e rispettoso della tradizione, nato dall’intuizione di Petite negli anni ’60 (l’azienda è stata fondata nel 1932, ndr). Nel 1966 Marcel Petite per invecchiare al meglio il suo comté, acquistò la fortezza costruita a fine Ottocento come difesa del confine francese durante le guerre contro la Prussia e poi usata come deposito per le munizioni durante i successivi conflitti mondiali: la struttura in pietra interrata con il tetto a volta permette condizioni di temperatura e umidità ideali per l’affinamento. Petite raccoglie oggi il latte di 36 piccole cooperative e stagiona più di 100mila forme ogni anno nelle gallerie di questo ex-fortino militare, diventato simbolo del comté di altissima qualità. Pensate che ogni 3 mesi ciascun lotto viene esaminato durante una sessione di degustazione durante la quale solo le forme che soddisfano i requisiti di persistenza del sapore, delicatezza e intensità continuano l’affinamento, mentre le altre vengono trasferite in celle diverse e destinate alla vendita. Il latte crudo che deriva dalla vacca Montbéliarde regala al comté intensi sapori di frutta matura, note tostate, burrose e floreali, con una pasta finissima ed elastica.
Abbinamento consigliato: il famoso Vin Jaune che con il suo aroma di frutta secca, e molto secco di suo, rende l’assaggio armonico. Famosa è la bottiglia da 62 centilitri chiamata Clavelin, dall'affinamento che avviene a 1.150 metri di altitudine. Come birra, invece, suggeriamo una belga trappista da scegliere tra la Rochefort 10 o St. Bernardus Abt 12. O una birra artigianale in stile Barleywine

 

REY SILO AZUL MAMÁ MARISA DI REY SILO - Spagna
Origine del latte: vacca a latte crudo

Azul Mamá Marisa di Rey Silo

Azul Mamá Marisa di Rey Silo

Rey Silo Azul Mamá Marisa è il primo dei due formaggi erborinati nati dalla collaborazione tra il caseificio asturiano Rey Silo e lo chef spagnolo José Andrés, fondatore dell’Ong World Central Kitchen. Il nome del formaggio è un omaggio che José fa a sua madre Marisa, che da bambino gli trasmise l’amore per gli erborinati: quando la sua famiglia si trasferì in Catalogna, la mamma era solita preparare fette di mela ricoperte appunto di erborinato delle Asturie. Ernesto Madera è il maestro casaro di Rey Silo, caseificio situato a Pravia, nell'ultimo tratto della foce del fiume Nalón. Il suo approccio alla produzione casearia consiste nel combinare tradizione e scienza; ciò lo pone all'avanguardia di un movimento in crescita che mira alla produzione locale di alimenti biologici. Unendo biochimica e un legame consapevole con la natura e l'agricoltura, Rey Silo appartiene al futuro dell'alimentazione, motivo per cui sono parte attiva del movimento internazionale Slow Food. La maestria di Ernesto come afinador lo ha portato a inventare formaggi nuovi e sorprendenti, eredi della saggezza dei contadini - che sapevano come sfruttare le risorse naturali per creare caci deliziosi - ma prodotti utilizzando tecnologie moderne, con l'utilizzo solo di latte crudo e intero di vacche che pascolano nei prati, caglio e un pizzico di sale. Il Rey Silo Azul Mamà Marisa, da latte crudo intero di vacca proveniente da un’unica azienda agricola asturiana e lavorato interamente a mano, è affinato lentamente in una cantina sotterranea appositamente ristrutturata per ricreare le condizioni delle grotte naturali. Si contraddistingue per una pasta cremosa, le venature eleganti di Penicillium roqueforti e un profilo aromatico complesso, con note di bosco, frutti rossi maturi e accenni marini.
Abbinamento consigliato: sidro barricato Valveran. O birra: una Stout scura ad alta fermentazione o una English Porter

AMARILLO DE LA TENUTA BIANCA - Italia
Origine del latte: bufala a latte crudo

Amarillo di La Tenuta Bianca

Amarillo di La Tenuta Bianca

Fra i boschi della Cascina Reale Borbonica di Persano, residenza di caccia di re Carlo III di Borbone, nel 1850 venne aperta La Tenuta Bianca, nel cuore della Piana del Sele, ora culla della mozzarella di bufala campana Dop. Il fondatore, Salvatore Di Masi, poteva contare su 35 vacche di razza Frisona italiana, 150 pecore di razza Appenninica e 35 ettari di terreno su cui far pascolare il bestiame. Negli anni Settanta Salvatore, aiutato dal figlio Giovanni, decise di dedicarsi all’allevamento delle bufale, scelta che lo avrebbe premiato negli anni a venire, quando da piccola realtà che era, La Tenuta Bianca sarebbe diventata una fra le prime quattro stalle d’Italia. Oggi infatti l’azienda conta 350 capi di bestiame che si alimentano con i foraggi che l'azienda produce autonomamente sugli ormai 50 ettari di superficie agricola di proprietà. Tra i suoi prodotti si distingue l’Amarillo, 100% al latte crudo di bufala, con un aroma vegetale e nota lattica, solubilità e sapidità molto equilibrata con nota caratteristica di zafferano.
Abbinamenti consigliati: un Cilento Fiano Dop, o una birra Blanche o una Weizenbock


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Manuel Lombardi e Tania Mauri

di

Manuel Lombardi e Tania Mauri

Manuel Lombardi, classe 1976, è il frontman de Le Campestre, l’azienda di famiglia a Castel di Sasso (Caserta) con un focus su tutti: recuperare e far conoscere il Conciato Romano, il pecorino più antico, un poderoso formaggio stagionato in anfora

Tania Maurigiornalista freelance, ha trascorso metà della vita tra Milano e Roma per approdare a Torino dove ha sempre la valigia pronta e partire. Scrive di cucina e viaggi per scoprire e raccontare storie, si occupa di critica gastronomica e ha un background in marketing e comunicazione

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