Ci sono ristoranti che nascono con squilli di tromba, grandi proclami e riflettori puntati. E poi ci sono quelli che cominciano piano, tra tre mura e una serranda, senza fare rumore. Quando i fratelli Di Gennaro inaugurarono Quintessenza, qualcuno – con una punta di leggerezza o forse di scetticismo – commentò: «Dove devono andare… in quel garage?». Non c'è mai stata replica, perché non hanno mai avuto sassolini nelle scarpe da togliersi. Hanno scelto, invece, di far parlare il lavoro, con quella determinazione educata che da sempre li contraddistingue.
Nel 2011, Stefano e Domenico aprono le porte del ristorante a Trani. Un piccolo spazio all'inizio, misurato e raccolto, che nel tempo si è trasformato in un luogo di riferimento della ristorazione pugliese. E proprio in quella sede iniziale, puntando esclusivamente sulla qualità della cucina e del servizio, Quintessenza ha ottenuto la sua prima Stella Michelin, nel 2016. Oggi, il ristorante si trova in una nuova sede, un palazzo ottocentesco ristrutturato con gusto essenziale, affacciato sull'antico Castello Svevo. Ma la stella è arrivata prima, quando tutto era più semplice. La bellezza della location attuale è un valore aggiunto, non il punto di partenza.

E che valore aggiunto. Il ristorante si trova in una delle zone più silenziose e suggestive della città, affacciato su un fossato che sembra scolpito nel tempo. Pranzare con quella vista ha già il sapore dell'esperienza, ma è soprattutto la sera, quando si cena sul terrazzino, che tutto si amplifica: il castello illuminato, la quiete tutt'intorno, il mare che si intuisce, la pietra viva che accoglie e riflette ogni gesto. È un'atmosfera che parla piano, come loro. Ma ti rimane dentro.
Quattro fratelli. Quattro anime diverse, ma perfettamente allineate, ognuna con il proprio ruolo. Nessun ego, nessuna sovrapposizione. Solo una visione condivisa fatta di silenzioso rigore, ospitalità autentica e un'educazione che non si insegna: si respira, fin da piccoli.
Autodidatta e determinato,
Stefano ha costruito il suo percorso in cucina passo dopo passo. La passione gli scatta dentro in tenerissima età, quando il padre lo porta per la prima volta in un laboratorio di pasticceria. Da lì, l'incanto del mestiere e la decisione – dopo il diploma – di lasciare la Puglia per formarsi altrove. Il ritorno coincide con la volontà di mettere in pratica il proprio stile, fatto di grande attenzione alla materia prima, di libertà compositiva, di rispetto profondo per il territorio. La sua è una cucina raffinata ma leggibile, mai cervellotica, che prende qualche deviazione con qualche guizzo, senza mai perdere di vista la terra da cui proviene.
Domenico, invece, è l'anima della sala. Si forma con una gavetta rigorosa, in Italia e all'estero, tra Strasburgo, Sanremo, Ginevra e Londra. Quando torna a Trani, prende in mano il servizio con garbo e lucidità. Nessuna invadenza, nessuna spiegazione infinita, nessuna ricerca dell'effetto. Solo sguardo, ascolto, intuizione. È quel tipo di sala che non fa sentire come a casa, ma indubbiamente molto meglio: coccolati, rispettati, lasciati liberi. Una sala che si ricorda di te anche dopo un anno. Che ti accoglie con il sorriso e ti accompagna senza mai forzare nulla.
A loro si aggiunge
Saverio, inizialmente indirizzato verso una carriera nel marketing e nella comunicazione, che abbandona per seguire la strada del vino. Sommelier attento e sensibile, costruisce la carta dei vini con contatti diretti con i vignaioli, cercando storie vere e bottiglie capaci di emozionare, con una particolare attenzione al biologico e al biodinamico. Non è ossessionato dall'abbinamento perfetto, gli interessa piuttosto sorprendere l'ospite, creare un momento di dialogo, mettere il vino al servizio dell'esperienza.
E infine c'è
Alessandro, il più giovane dei quattro. Cresciuto tra gli ulivi e le vigne di famiglia, era davvero convinto di voler continuare quella vita: si diploma in scienze agrarie con l'intenzione concreta di restare in campagna. Ma poi, per aiutare i fratelli nel progetto, si avvicina alla cucina e finisce per innamorarsene. In poco tempo diventa il volto dolce del ristorante, curando con rigore e creatività tutto ciò che riguarda panificazione e pasticceria. Ogni suo dessert racconta una parte della loro storia, di quella semplicità contadina che si è trasformata in gesto elegante, senza perdere mai la sua verità.
E quella storia contadina, in realtà, non è mai andata via. È presente ancora oggi non solo nella cultura del lavoro e nella sobrietà dei modi, ma anche nei prodotti che finiscono nei piatti. L'olio servito a tavola, le erbe, alcuni ortaggi, la frutta utilizzata nei dolci: sono ancora coltivati nei campi di famiglia, lavorati con la stessa pazienza di sempre dal padre dei fratelli
Di Gennaro.
Il risultato è un ristorante che parla con coerenza, senza bisogno di effetti speciali o social gridati. Un luogo dove la costanza è la regola, l'umiltà è la cifra stilistica, e il ringraziare è ancora un atto quotidiano e sentito.

Tortello di ricotta con gambero rosso e bisque al Moscato di Trani
In carta, da anni resistono tre piatti diventati ormai la firma della cucina di
Stefano: il
Tortello di ricotta con gambero rosso e bisque al Moscato di Trani, il
Torcinello di agnello con limone femminiello, alici di lampara e gambero rosso, e la
Colazione del contadino, dolce simbolico con biscotto all'olio extravergine, salsa di frutta, crema inglese, crumble di grano arso e gelato di ricotta.
Accanto a questi, la proposta si arricchisce di nuove creazioni. Tra i piatti recenti, spicca il
Gambero rosso con mandorle e ricci: gambero crudo, con salsa di mandorle frullate e setacciate, salsa ai ricci, mandorle croccanti (ammorbidite sottovuoto con acqua frizzante e rosmarino), e olio al basilico a completare l'equilibrio cromatico e aromatico.

Gambero rosso con mandorle e ricci
Elegante anche la proposta con
Zucchine novelle, trippa di baccalà e caviale: le zucchine si articolano in tre consistenze (crema, sbollentate e chips) e accompagnano il contrasto tra l'umiltà della trippa e la nobiltà del caviale, chiuso da una beurre blanc.

Zucchine novelle, trippa di baccalà e caviale
Il
Risotto con mandorla, scampi e cipolla bruciata è una delle espressioni più personali dello chef: mantecato con latte di mandorla (home made con le mandorle
Filippo Cea di
Frantoio d'Orazio), guarnito con scampi crudi conditi con scorza di limone e olio, e polvere di cipolla bruciata.

Risotto con mandorla, scampi e cipolla bruciata
In chiusura, il dessert
Pesca, amaretti e vaniglia: ispirato al classico piemontese e rivisitato con le nettarine della campagna di famiglia (varietà Big Top), un bonet al cacao e amaretti e gelato alla vaniglia.

Pesca, amaretti e vaniglia
Ma più dei piatti, più delle guide, più della stella – meritata e mai ostentata – quello che colpisce davvero da
Quintessenza è il clima umano che si respira.
Perché ristorare, in fondo, significa proprio questo: prendersi cura, rinvigorire, dare conforto. E i fratelli Di Gennaro lo fanno ogni giorno, da quattordici anni, con la stessa gentilezza di chi non ha mai avuto bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare.