Immerso tra le dolci colline della campagna senese, dove il tempo scorre lento e la natura segue ritmi dolci, si cela un luogo da sogno, oggi considerato uno degli indirizzi più esclusivi del turismo di lusso in Italia. Lontano dalle rotte più battute, Borgo Santo Pietro è stato trasformato da storica residenza del XII secolo in un resort a cinque stelle di fama internazionale, grazie alla visione di Claus e Jeanette Thottrup. Le sue 22 suite, eleganti e raffinate, si distinguono per l’autentica anima agricola e sostenibile che permea l’intera proprietà.

Vista dall'alto di Borgo Santo Pietro
Qui il concetto di
farm to table non è marketing, ma realtà con un orto di 11 ettari, vigneti, galline libere, api, i maiali di cinta senese, le capre, le pecore, un caseificio artigianale e una linea cosmetica naturale (
Seed to Skin) che completano questo resort da sogno a Chiusdino (impossibile non fermarsi e godere anche dei privilegi della SPA).

Parte dell'orto di Borgo Santo Pietro
Fiore all’occhiello di
Borgo Santo Pietro è senza dubbio la proposta ristorativa guidata dal bravo
Ariel Hagen, affiancato da un team di talentuosi professionisti che include
Luca Ottogalli, senior executive sous chef,
Marco Sforza, executive pastry chef e
Marco Stagi, head chef e coofondatore del progetto
Saporium.
La stagione che non c’è è il principio al quale si ispira
Hagen per portare nei suoi piatti i prodotti migliori, lavorando in simbiosi con l’orto, e conquistando così, non solo una stella della guida Michelin, ma anche la stella verde: «
La stagione che non c'è vuole essere il racconto della nostra vita attraverso una rivoluzione culinaria - precisa lo chef - se io prendessi un proiettore, proiettassi il territorio dove siamo, e facessi una fotografia, sarebbe quello che realmente è. Queste sono le proiezioni territoriali che danno vita al mio menu e che rappresentano in pieno lo stile, l’animo e i frutti di questo meraviglioso luogo».
Strepitoso il
Tagliolino con fiori di sambuco e shio koji (un condimento fermentato ottenuto dal riso), ma è già dalle entrée di benvenuto che si comprende il valore dell’intero percorso, a partire dalla
Tartelletta con il dentice ai
Fegatini toscani, fino al
Cappelletto, o
l’Insalata di erbe con la clorofilla di menta a impreziosire.
L’Agnolotto con carciofo morello e calamaretto spillo è golosissimo, l’
Animella, deliziosa, così come la
Sogliola con lenticchie germogliate servite con un po’ di caviale. Anche la selezione musicale non è lasciata al caso (cantautorale italiano anni ‘60), o la selezione dei vini a cura del sommelier
Arian Nuhi.
Tessere lodi meritate non basta per raccontare l’universo di Borgo Santo Pietro, che eccelle anche nella
trattoria sull’Albero, progettata attorno a una quercia secolare con interni rustici e una vista mozzafiato sui vigneti e sulla foresta della Valle Serena. Qui la proposta è molto comfort, ma la filosofia non cambia con un menu 100% toscano
. E non manca la pizza, a lunga lievitazione e cotta nel forno a legna.

Pizza e altre delizie alla Trattoria sull'albero
Ora torniamo ad
Hagen, giovane, toscano, con una formazione da autodidatta e una visione ben precisa: «Quello che provo a fare è rievocare le memorie gustative e olfattive. Anche in un periodo storico come questo, ricco di cambiamenti, dove l'imprenditorialità nel mondo della ristorazione sta cambiando e tira un’aria nuova - precisa lo chef - la cucina per me è una forma di comunicazione che mi rende libero di esprimere ciò che abbiamo vissuto o che semplicemente vogliamo condividere con i nostri ospiti. Ma la parte interessante è garantire un futuro di sostenibilità umana alle nuove generazioni senza mai dimenticarci da dove veniamo, e senza che la cucina vada mai persa come valore. Questa è la stagione che non c'è».
Lo chef, classe 1993, è oggi uno dei nomi più interessanti del panorama italiano; in pochi anni è riuscito a lasciare un’impronta profonda nella cucina d’autore grazie a un approccio che fonde rigore tecnico, sensibilità per il territorio e una raffinata ricerca estetica. In un’epoca in cui la ristorazione rischia (a tratti) di smarrirsi tra tecnicismi e tendenze, la voce di Ariel Hagen si distingue per autenticità, consapevolezza ed etica radicata nel territorio, ma aperta al mondo. Un messaggio chiaro che ben si accompagna alla bontà dei suoi piatti e a una narrazione sincera che arriva sempre al cuore e alla gola. E per chi non potesse arrivare a Borgo Santo Pietro, c’è Saporium a Firenze dove la cucina dello chef è aperta per un racconto alla città e ai suoi ospiti.