L’edizione 2025 della Florence Cocktail Week, ideata e diretta da Paola Mencarelli, ha evidenziato in modo netto quelli che sono i trend attuali in termini di modalità di consumi futuri, ma anche di nuove aperture. La città di Firenze ha evidenziato una crescita importante nella numerica di locali, che puntano sul bere miscelato di qualità ma anche su concetti quanto mai attuali come il bere consapevole e responsabile. Con 60 cocktail bar e bar d’hotel, altrettanti signature cocktail e oltre 190 eventi, la kermesse ha sicuramente coinvolto non solo gli addetti ai lavori ma anche gli appassionati.
L’onda felice che si è respirata nella settimana dal 7 al 13 aprile scorsi ha trovato sicuramente un volano importante nelle numerose nuove aperture della città, la maggior parte delle quali legate al mondo dell’ospitalità. È infatti un’attenzione, che si riscontra a livello internazionale, quella di puntare a elevare il servizio F&B e portarlo a livelli di eccellenza per offrire al cliente finale un’esperienza unica e memorabile.In questo senso le soluzioni che le varie strutture ricettive adottano possono essere molteplici; da un lato la scelta di affidarsi a grandi maestri della miscelazione e della ristorazione, dall’altro, invece, la sperimentazione di format identitari e unici che rimangano un tratto distintivo della struttura stessa.

Tra i numerosi eventi, il nuovo cocktail bar di Collegio alle Querce ha ospitato barman d'hotel di prestigio come Gabriele Contatore del Mandarin Oriental di Como e Antonio Ferrara dell'Aman Venice; un omaggio alla miscelazione e all'ospitalità di lusso. Foto credits Marco Cellai
Un primo esempio, che ha catalizzato l’attenzione anche durante la
FCW, è stata l’apertura del
Bar Artemisia, all’interno dell’
Hotel Savoy, che è stata affidata all’esperienza e alla professionalità di
Salvatore Calabrese. Il cocktail bar dedicato ad
Artemisia Gentileschi offre uno spaccato interessante di come si possa celebrare il territorio e la cultura che lo ospita, ma nel contempo dare al bancone un’offerta che sia assolutamente allineata con i trend internazionali e con quella classicità intramontabile di cui
Calabrese è maestro.
Di tutt’altra intenzione e respiro è invece il progetto dell’Hotel Helvetia&Bristol che ha dato casa al Cibrèo Ristorante & Cocktail bar, ovvero a uno dei format di successo della famiglia Picchi. Qui cucina e miscelazione convivono e comunicano costantemente, grazie a quella sensibilità che da sempre Fabio Picchi – lo chef che più ha celebrato la cucina fiorentina, le sue tradizioni e l’attenzione alla filiera delle materie prime di qualità – ha avuto nel saper valorizzare la tavola fiorentina e affidando il compito al figlio di Giulio di poterla declinare in diversi format, che andassero incontro ai gusti degli ospiti. Il Cibrèo Ristorante & Cocktail bar non tradisce queste premesse e, anzi, riesce a trovare un dialogo perfetto tra chi desidera ritrovare i caratteristici elementi della cucina fiorentina ma anche quel pizzico di contemporaneità e sperimentazione, che stanno segnando le cucine e il bancone di tutto il mondo.

Fetunta Sour, uno dei drink firmati da Vieri Palanti (foto credits: Marco Cellai)
Suggestivo e affascinante anche per la location, il
Cibrèo è frutto di un’attenta opera di restauro seguita anche dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici per recuperare elementi stilistici ed estetici dell’ex Banco di Roma in cui è stato ricavato. Un progetto che ha saputo però amalgamare la storia e l’arte con alcuni elementi distintivi della catena della famiglia Picchi, riuscendo così a valorizzare sia gli spazi sia la formula del locale. Appena entrati, infatti, non si può che rimanere rapiti dal bancone in marmo giallo di Siena e dalla sua bottigliera retroilluminata. Da qui, dirige le danze il giovane bar manager
Vieri Palanti che ha saputo sposarne appieno la filosofia riuscendo a trovare negli ingredienti e nelle tecniche di cucine quell’occasione per esprimersi e osare.
Stagionalità, preparazioni homemade, materie prime selezionate sono i “colori” con cui Palanti lavora nel costruire drink come il Fettunta Sour in cui vodka, limone, zucchero, pepe, sale incontrano l’olio extravergine d’oliva della casa che dà rotondità e note verdi spiccate a un drink molto fresco e beverino. Più complesso è invece il lavoro sull’Umami, un twist su un grande classico dove al gin viene aggiunta un’infusione di caffè verde fermentato, cotto sottovuoto a bassa temperatura per evitare i sapori amari ma raccogliere tutta l’aromaticità. Viene poi abbinato un vermouth dry dai sentori umami, che virano verso il fungo porcino e il crostaceo rendendolo così inaspettato.

Old Flame, il wellness signature di Martina Bonci del Gucci Giardino 25 (foto credits: Michele Tamasco)
Non solo bar d’hotel alla
FCW: l’attenzione è stata anche fortemente catalizzata da un tema importante che sta attraversando non solo il mondo degli spirits ma anche quello del vino, ovvero il tema dell’analcolico e del low alcol. Lo si era già sperimentato in Campania, nel corso dell’
Amalfi Coast Cocktail Week; anche in questa occasione è stato chiesto ai barman di realizzare un signature cocktail che abbracciasse il tema del wellness non solo da un punto di vista di ricettazione, ma anche di strutturazione del menu stesso andando a indicare la gradazione alcolica. Una sfida che ha prodotto 60 signature cocktail interessanti, tra preparazioni homemade e utilizzo di prodotti che potessero ben rispecchiare questa filosofia, come la kombucha. Protagonista di molti drink, ha visto anche interpretazioni molto interessanti come l’
Old Flame firmato da
Martina Bonci con Venturo Aperitivo, Jimmy the Tonic Companion, camomilla, verbena, succo di limone, Legend Kombucha Purple Passion, spirulina e top spuma ciliegia e cavolo viola.
La kombucha ha trovato anche nel Saporium Lounge e nei pairing dell’head bartender Nicola Spaggiari l’occasione di essere assaggiata come un’interessante alternativa al vino o al cocktail. Già produttore di una propria kombucha, Spaggiari ha sottolineato come la fermentazione sia già di per sé entrata a pieno regime nella miscelazione. Oggi realtà in grado di fare kombucha di qualità e di differenti varietà, come Legend Kombucha, offrono agli ospiti un’alternativa che ben si sposa alla cucina. Ad esempio, la verza lavorata dallo chef Ariel Hagen è stata abbinata alla Kombucha Mockito, ispirata al famoso drink Mojito e che presenta delle note floreali date dall’aggiunta di glicine e mosto: ciò porta a un’interessante intensità aromatica e freschezza che ben si sposa con un bun realizzato con un panino allo zafferano e la verza saltata sulle braci.

Nicola Spaggiari, head bartender del Saporium Lounge (foto credits: Michele Tamasco)
Un abbinamento invece basato sulla complementarietà è quello con l’insalata di primavera e Legend Kombucha de L’Orto: in questo caso
Spaggiari unisce un’acqua di mela verde leggermente fermentata con questa kombucha dai sentori di salvia e rosmarino e completata con un olio aromatico. Diventa così il perfetto accompagnamento per un’insalata gourmet creata con una selezione di 20 erbe provenienti dalle serre principali di
Borgo Santo Pietro, una crema di mimosa alla base e sott’aceti fatti in casa dagli esuberi di produzione degli orti. Un esempio di abbinamento che dimostra quanto il tema della kombucha e, in generale, del no alcol o bassa gradazione alcolica sia anche il volano per creare ancor più interazione tra cucina e miscelazione in un’ottica anche di sostenibilità che abbraccia un locale a 360°.