Nei chiari di luna del turismo di oggi, colpisce l’andamento del lago di Como. In bella stagione registra spesso il tutto esaurito, un risultato indotto da una clientela internazionale - americani ed europei in primis - capaci di scovare della poesia magari non sempre lampante agli occhi assuefatti degli italiani. E le prospettive lacustri promettono ancora meglio se è vero che diverse importanti compagnie d’hotellerie (Ritz-Carlton, Marriot, Belmond, Six Senses…) stanno investendo sulle sponde dello specchio d’acqua a ipsilon rovesciata.
Ben prima dello scenario prossimo, c’è una solida certezza in fondo ai tornanti che digradano al paesino di Torno, hotel non di compagnia ma di proprietà: inaugurato nel 2016 da una visione del venezuelano Luis Contreras - e realizzata dall’archidesigner connazionale Patricia Urquiola -, Il Sereno ha già apparecchiato la sua decima stagione. E nelle ultime 9 in cucina c'è Raffaele Lenzi, prima nell’ombra di Andrea Berton e ora responsabile di sé stesso nella cucina costantemente sciacquata dalle onde del lago.
Un uomo solo al comando, diremmo, vista la passione che questo 41enne napoletano sviluppa per il triathlon. Lenzi corre, nuota e pedala come se non bastasse il mazzo che già si fa per confezionare tutta la linea gastronomica di questo gettonatissimo complesso da 40 suite: colazioni, carta del pranzo a bordo piscina, servizi in camera e cena Al Lago, ristorante con una stella Michelin, per non dire degli eventi che apparecchia nella vicina Villa Pliniana.
La colazione ci ha colpito in special modo per due connotati: l’assenza del buffet, una scelta che riduce al minimo gli avanzi, una quantità notoriamente devastante alla fine delle colazioni e le strategie studiate per intrattenere il cliente seduto al mattino con intelligenza, come i carrelli delle brioches e dei lievitati, trascinati da ragazzi in gamba.

La piscina a sfioro vista lago dell'hotel Sereno. Il progetto della struttura fu firmato dall'architetta spagnola Patricia Urquiola, nel 2016. La proprietà, venezuelana, possiede anche Villa Pliniana, tenuta per eventi, e Le Sereno Villas a Saint Barth, nei Caraibi

Particolare della cucina a vista

La colazione si distingue per il carrello dei croissant/brioches, qui condotto al tavolo da Leonardo Labate e una buonissima versione delle Uova benedettine, con muffin, prosciutto e spinaci
Ecco, in un settore provato dal calo di vocazione, è un vero piacere osservare questa squadra di giovani motivati e pronti sempre a farsi in quattro col sorriso, un atteggiamento che dobbiamo in buona parte al 39enne sarnese
Antonio Casillo, un formidabile maître già visto all’opera a Milano nel team
Seta del Mandarin Oriental Hotel di Milano e, prima ancora, al fu
Sikelaia di Milano: empatia, soft skill e cultura sono doti che fanno stare bene clienti e team, accortezze che non difettano nemmeno a Lenzi, un signore che pretende che tutti i ragazzi della brigata assaggino tutti i piatti a ogni cambio menu, in una gestione che affida per sorteggio a cuochi e camerieri pernottamenti nelle stesse suite del Sereno.
E la cucina vista lago? Ha una forte inclinazione al benessere, riflesso della natura sportiva e
very healthy del primo cuoco. I menu degustazione sono 3: il punto forte è da sempre “Vegetali, tuberi e radici”, un percorso - privo di proteine animali - di prospettiva e non d’alternativa che ha negli
Spaghetti all’olio di olivE (in maiuscolo perché rilevante) e
scarpetta un signature impossibile da mettere in panchina. Ma l’inclinazione verso verdure e cereali primeggia anche in “A modo mio”, l’omakase che cita nel nome Lucio Dalla e che dà un’idea ancora più completa dello stile del cuoco.
Le radici di ogni ispirazione sono inequivocabilmente campane e italiane - basti vedere anche i piatti di “Omaggio alla tradizione”, il terzo degustazione, quello più rassicurante. Ma nel suo personale omakase Lenzi edifica senza sosta ponti con culture gastronomiche altre «perché in fondo», spiega, «la cucina orientale esprime tecniche simili a quella campana: sono entrambe orientate a migliorare il prodotto».
E così, le entrée esprimono deliziosamente le primizie degli orti, in versione fresca o fermentata: carote, zucchine ma anche un cubo di mela annurca macerata che al gusto ricorda una prugna matura. Rispetto e sperimentazione. Olio, burro, zucchero e sale sono aggiunti solo se realmente servono, mentre si mantecano e condiscono risi alla pescatora con paste di mollusco, koji e garum, si cuociono al barbecue tempeh di fagioli zolfini (!), si ripassa la scarola nei suoi succhi, poi al forno e poi ancora alla brace.

Le entrée del menu a mano libera "A modo mio": in alto, Carota in brunoise e crema, mandorle tostate e in crema e salsa al prezzemolo; appena sotto a destra Dosa di lenticchie e riso con ripieno di mutabal e prugne; in basso a destra Zuppetta fredda di zucchine trombetta, con uova di salmerino affumicate, kefir di capra e spolverata di cannella, in basso a sinistra Frutta nera, un cubo di mela annurca macerata a lungo, appena sopra un Handroll con alga nori, riso cinese al vapore e tartare di trota trentina marinata al garum. Chiude tutto un assaggio di erba ghiaccio, a pulire e preparare per gli assaggi successivi

A destra, una Ceviche di orata, sedano bianco di Sperlonga, lime, olio al coriandolo e finocchietto. A sinistra Tortelli Méchoui, un piatto profumatissimo che applica alla pasta fresca la classica preparazione nord-africana dell'agnello alla menta

La pasticciera Sara Proverbio impiatta al carrello La Fiesta, dessert su una base di french toast, ispirato alla celebre merendina della Ferrero
Ma poi si salta a ispirazioni d’altri luoghi e tempi ancora: la marinatura di un ceviche applicato al pesce locale, il condimento di un tortello alla
mechoui - l’agnello arrosto e speziato delle tradizioni nordafricane - la trasposizione felice in un french toast del gusto aranciato e leggermente alcolico di una Fiesta Ferrero, ricordo indelebile della Generazione X. Tutti meccanismi che ci aspetteremmo di vedere oliare un ristorante indipendente, non un hotel con una clientela che immagineremmo poco incline a osare.
Infatti la carta dei vini impila grandi nomi uinversali, anche se poi il sommelier
Francesco Martinello, stuzzicato, sarà felice di maritare le pietanze a sauvignon lacustri lariani, vendemmie tardive dalla vicina Brianza, sake e persino merlot giapponesi (in abbinamento al tempeh). Piccole e fondamentali accortezze che fanno del Sereno un irrinunciabile benchmark del lago per quelli che verranno.