07-12-2021

Pane, stufati, maialini cotti col calore dei vulcani: report da Worldcanic (c'era anche Viviana Varese)

A Lanzarote il primo congresso di "cucina vulcanica". Chiarisce subito: le eruzioni non sono solo distruzione, ma vita; nutrono il suolo, che diventa così fertilissimo...

Lanzarote e la Sicilia etnea; la comarca catalana de La Garrotxa e l'Oregon; le Hawaii e l'Islanda; le Azzorre e le Filippine; il Cantal, in Francia, e La Palma, isola delle Canarie - come anche Lanzarote - nonché recente scenario di una spettacolare e drammatica eruzione. E così via. Regioni del globo diversissime tra di loro... Oppure no: perché sono accomunate dal loro essere aree vulcaniche, caratterizzate insomma dalla presenza di crateri - a volte spenti da secoli, altre volte ancora attivi - la cui attività ne ha scandito la storia e marcato geologia, orografia e morfologia. Ed è un ribaltamento di prospettiva quello emerso prepotentemente durante Worldcanic, primo congresso dedicato alla "cucina dei vulcani" che si è tenuto proprio a Lanzarote nei giorni scorsi.

Foto di gruppo dei relatori

Foto di gruppo dei relatori

Possiamo sintetizzare così tale cambio totale di punto di vista: l'attività vulcanica non è (solo) distruzione, ma anzi è vita che nasce; lava, lapilli e ceneri sono uno spauracchio nell'immediato, ma nutrono la terra. Contengono infatti concentrazioni di minerali molto elevate e, se miscelati con il suolo, sostanze nutritive come fosfati, nitrati, potassio e calcio, necessari per la crescita sana delle piante. I terreni conosciuti come vulcanici sono di solito a base di basalto, e ciò li rende più ricchi di nutrienti rispetto a qualsiasi altro tipo di suolo; inoltre sono "nuovi", ossia appena eruttati nel mondo “superiore”, dunque "freschi", caricati con tutti i tipi di elementi presenti nella crosta terrestre. Quando la pioggia cade sul suolo vulcanico, dissolve alcuni di questi elementi e li rende disponibili ai vegetali, che perciò crescono meglio. È un po' la risposta che si può dare a una domanda frequente: perché mai la gente da sempre vuole vivere su un vulcano attivo e potenzialmente pericoloso? Son pazzi? No: il fattore principale è l’eccezionale fertilità di quelle zone. La loro maggiore produttività agricola unita a una superiore qualità dei prodotti.

Worldcanic si è tenuto in posti straordinari di Lanzarote. Qui i Jameos del Agua, spazio naturale e centro artistico, culturale e turistico ideato da César Manrique (poliedrico artista lanzarotino, pittore, scultore, architetto, ecologista, conservatore del patrimonio artistico, disegnatore urbanistico e paesaggistico. Convinse i suoi compaesani a investire nel turismo, senza però cadere negli errori commessi in altre zone del Paese o del pianeta, impedendo di deturpare il paesaggio con costruzioni che non sarebbero state in tono con la natura vulcanica dell'isola). Jameos del Agua sono una delle mete più apprezzate dai visitatori dell’isola. La parola jameo ha origine aborigena e si riferisce a un foro che si produce a causa del crollo del tetto di un tunnel di lava. I Jameos del Agua si trovano all’interno del tunnel vulcanico prodotto dall’eruzione del vulcano de la Corona. Il tunnel ha una lunghezza nota di 6 km, di cui almeno 1,5 km sotto la superficie del mare: questa ultima sezione prende il nome di Tunnel di Atlantide. I Jameos del Agua sono nella sezione di questo tunnel più vicino alla costa. Sono costituiti da almeno tre “jameos”, o aperture nel terreno

Worldcanic si è tenuto in posti straordinari di Lanzarote. Qui i Jameos del Agua, spazio naturale e centro artistico, culturale e turistico ideato da César Manrique (poliedrico artista lanzarotino, pittore, scultore, architetto, ecologista, conservatore del patrimonio artistico, disegnatore urbanistico e paesaggistico. Convinse i suoi compaesani a investire nel turismo, senza però cadere negli errori commessi in altre zone del Paese o del pianeta, impedendo di deturpare il paesaggio con costruzioni che non sarebbero state in tono con la natura vulcanica dell'isola). Jameos del Agua sono una delle mete più apprezzate dai visitatori dell’isola. La parola jameo ha origine aborigena e si riferisce a un foro che si produce a causa del crollo del tetto di un tunnel di lava. I Jameos del Agua si trovano all’interno del tunnel vulcanico prodotto dall’eruzione del vulcano de la Corona. Il tunnel ha una lunghezza nota di 6 km, di cui almeno 1,5 km sotto la superficie del mare: questa ultima sezione prende il nome di Tunnel di Atlantide. I Jameos del Agua sono nella sezione di questo tunnel più vicino alla costa. Sono costituiti da almeno tre “jameos”, o aperture nel terreno

Il Mirador del Río, il più famoso punto panoramico di Lanzarote, situato a 496 metri sul livello del mare. È una delle creazioni architettoniche più rappresentative del solito Manrique. È stato costruito, in modo da essere completamente mimetizzato nell'ambiente, in cima alle magnifiche scogliere del Risco de Famara, vicino al villaggio di Yé, sulla punta settentrionale di Lanzarote. Domina El Río, la stretta striscia di mare che separa Lanzarote da La Graciosa

Il Mirador del Río, il più famoso punto panoramico di Lanzarote, situato a 496 metri sul livello del mare. È una delle creazioni architettoniche più rappresentative del solito Manrique. È stato costruito, in modo da essere completamente mimetizzato nell'ambiente, in cima alle magnifiche scogliere del Risco de Famara, vicino al villaggio di Yé, sulla punta settentrionale di Lanzarote. Domina El Río, la stretta striscia di mare che separa Lanzarote da La Graciosa

Le Montañas del Fuego sono una straordinaria gamma di picchi rossi e neri che sono stati creati a seguito di vulcani nel 1700. Alcuni descrivono quest'area del Parco Nazionale di Timanfaya come simile alla luna

Le Montañas del Fuego sono una straordinaria gamma di picchi rossi e neri che sono stati creati a seguito di vulcani nel 1700. Alcuni descrivono quest'area del Parco Nazionale di Timanfaya come simile alla luna

Di tutto questo e di molto altro si è discusso nell'ambito di Worldcanic, tre giorni davvero intensi e ben strutturati. Protagonisti, non solo chef, ma anche geologi, giornalisti, casari (i formaggi vulcanici!), agricoltori, scienziati, produttori di vino. Tutti uniti nel rispetto dei vulcani. Nello loro studio. Nella consapevolezza della loro importanza.

Ecco la nostra sintesi del meglio cui abbiamo assistito. Partendo, come già abbiamo fatto qui, dalle parole di Benjamin Lana, direttore generale di Vocento Gastronomía, ossia la divisione dedicata agli eventi food che è parte del grande gruppo editoriale spagnolo Vocento, e che ha organizzato anche Worldcanic: «La cucina è l'unico comparto in grado di connettere campi diversi, il turismo innanzitutto, ma anche il settore primario», e poi la scienza, e la cultura, e la storia... E un po' persino la geologia.

 

Sigurour Rafn Hilmarsson e il suo pane cotto nel sottosuolo col calore vulcanico

Sigurour Rafn Hilmarsson e il suo pane cotto nel sottosuolo col calore vulcanico

IL PANE CHE CUOCE NELLA TERRA VULCANICA, IN ISLANDA
Sigurour Rafn Hilmarsson
ha un nome complicato ma l'aria paciosa. È chef nonché proprietario del Laugarvatn Fontana Geothermal Spa, hotel e centro benessere geotermale affacciato su una spiaggia con sabbia nera a Laugarvatn, in Islanda. Il calore dei vulcani non lo sfrutta solo per le saune; cuoce nella terra, bollente per le sorgenti, persino il pane, sotterrando una pignatta in cui ha mescolato segale, farina, zucchero, lievito, sale e latte, «lasciamo lì per 24 ore», poi si dissotterra e si serve a fettine, con trota affumicata e burro islandese. Tutto è iniziato così, per lui: «Un giorno misi un cartello alla reception, per i nostri ospiti, chiedendo se qualcuno di loro fosse interessato a una dimostrazione di cottura geotermale del pane. L'indomani si presentarono in 80, da allora è un appuntamento fisso». Questo pane si basa su un'antica ricetta comune a molte famiglie islandesi, che d'altra parte sfruttano lo stesso calore naturale per «la coltivazione di ortaggi che prima importavamo. Ci ha dato l'indipendenza», conclude Hilmarsson.

 

Paulo Costa a Worldcanic e, sotto, la sua Caldeira con bacalao, ricetta realizzata seppellendo le componenti in una pentola vicino alle caldere delle acque termali di São Miguel, la più grande isola delle Azzorre

Paulo Costa a Worldcanic e, sotto, la sua Caldeira con bacalao, ricetta realizzata seppellendo le componenti in una pentola vicino alle caldere delle acque termali di São Miguel, la più grande isola delle Azzorre

COZIDO DAS FURNAS, LO "SPEZZATINO DEL VULCANO" DELLE AZZORRE
La stessa logica - a conferma di come l'energia dei vulcani accomuni luoghi distantissimi tra di loro - è applicata da Paulo Costa, chef del Caldeiras & Vulcões a Furnas, nelle Azzorre, lontano arcipelago atlantico del Portogallo. Anche in questo caso ci si rifà a una preparazione tradizionale, il cozido das furnas (più o meno “spezzatino del vulcano”), il piatto più famoso e tipico delle isole, «una ricetta di quasi 100 anni che si mangia nei giorni festivi, specie a Natale». Funziona in questo modo: «Si inizia il giorno prima mettendo la carne - manzo, gallina, maiale - e le verdure in una pentola, con sopra salsicce e sanguinaccio a insaporire. Alle 4 del mattino si seppellisce in tutto vicino alle caldere delle acque termali di São Miguel, la più grande isola delle Azzorre, nei punti dove queste ultime scorrono con maggiore intensità e più vicine alla superficie», temperatura di circa 100°. Lì si lascia per circa 6-7 ore. Costa ha apportato varianti alla ricetta, cucinando ad esempio con la stessa tecnica un tegame in cui al posto della carne c'è il baccalà, sempre insaporito con chorizo, e in più zafferano, uova, peperoni, carote, patate, cipolle... E brodo. Abbiamo degustato l'esito: semplicemente delizioso.

 

Viviana Varese a Worldcanic...

Viviana Varese a Worldcanic...

...e il suo piatto

...e il suo piatto

VIVIANA VARESE E LA FERTILITÀ DI NOTO
Ospite italiana di Worldcanic, Viviana Varese ha raccontato la fertilità (vulcanica) del suo splendido orto biodinamico - con oltre cento varietà di seminativi - da mille metri quadrati a Noto, che è la dispensa vivente di bontà per il suo nuovo W Villadorata Country Restaurant - ne abbiamo parlato qui - nonché luogo di inclusione sociale, «per noi lavorano immigrati e persone che necessitano di reinserimento sociale». Viviana è passata da un vulcano all'altro, lei nativa di Salerno, a pochi km dal Vesuvio, e ora di stanza - oltre che a Milano, nel suo ristorante stellato ViVa - anche nella splendida campagna netina, l'Etna a un centinaio di chilometri. Che non sono molti, come spiega lei stessa: «Quasi tre quarti di tutte le produzioni agricole siciliane sono influenzate dalla presenza di quella che in Trinacria chiamano a' muntagna. Vulcano significa fertilità» e lì a snocciolare questo caleidoscopio di profumi e sapori che la chef ha incontrato, «dalle mele tradizionali ai grani antichi di oltre venti tipologie diverse, dalle uve ai fagioli, in dieci tipologie diverse, io coltivo in particolare la varietà Badda, Presidio Slow Food. E l'ape sicula! E le mandorle! La Sicilia è la regione che ha più Presidi nel mondo, ben 52, a testimonianza di una biodiversità straordinaria». Un paradiso di bontà naturali che la Varese sempre più sceglie di lavorare raw: già nella prima estate - la scorsa - di W Villadorata, tre giorni a settimana erano dedicati alla cottura 100% alla brace con un forno a legna all'aperto, per un menu denominato Fuoco. Con la ripresa dopo l'inverno, la struttura si avvarrà anche di una nuova stufa in ghisa, appositamente realizzata con alimentazione a fuoco, all'interno della cucina, «così potrò preparare una parrilla persino quando fuori c'è brutto tempo». Lei dà intanto dimostrazione a Worldcanic di alcune preparazioni che utilizzano la brace, la fiamma, il calore della terra. Come quando affonda dei meravigliosi gamberi avvolti in foglie di limone in un recipiente pieno di un mix di sale, albume e polvere di carbone. Cuoce in forno a legna «all'antica», si forma una sorta di "crosta" che poi va spezzata per recuperare i crostacei, cui il carbone ha donato anche una sottile affumicatura, poi serviti con olio al basilico, pepe e polvere di foglie di arancia, a lato un'insalatina di pala di fico d'India, venti tipi di pomodori diversi, cipolla, ancora olio al basilico, succo di limone e zest di arancia. Meraviglia.

 

Chele González mostra le foglie di taro e, sotto, il piatto che ha realizzato per Worldcanic, sintesi di Filippine, Lanzarote e Cantabria

Chele González mostra le foglie di taro e, sotto, il piatto che ha realizzato per Worldcanic, sintesi di Filippine, Lanzarote e Cantabria

CHELE GONZÁLEZ TRA LANZAROTE, FILIPPINE E CANTABRIA
Chele González è spagnolo della Cantabria ma lavora da undici nel suo ristorante Gallery By Chele - numero 90 nella classifica Asia's 50 Best Restaurants - a Manila, nelle Filippine, uno dei Paesi con i vulcani più attivi al mondo, e dove l'ultima eruzione è stata quella del Taal, proprio vicino alla capitale, poco prima della pandemia. Racconta il suo utilizzo di prodotti coltivati in suolo vulcanico e delle tecniche di cottura lenta col fuoco, «gli Aeta, gli aborigeni filippini, sanno benissimo cosa vuol dire vivere con i vulcani, hanno persino riconosciuto di aver cambiato cultura dopo l'eruzione del Pinatubo negli anni '90. Sanno che il vulcano è anche il loro miglior sostentamento, che rende la terra più fertile». Ha presentato un adattamento di un piatto che propone nel suo locale e che è a sua volta ispirato a una preparazione tradizionale delle Filippine, il pinangat. A Manila avvolge gamberi bianchi nelle foglie di taro, «una pianta super resistente che cresce intorno al vulcano Mayón»; a Worldcanic s'adatta e incrocia l'isola delle Canarie con la sua Cantabria e le Filippine, avvolgendo dei carabineros locali nelle foglie scottate di verza cantabrica dopo averli cotti sottovuoto con lemon grass, chili, aglio, zenzero e olio, passa quindi il "fagotto" sul vapore aggiungendovi gambi di verza a cubetti, condisce infine con un latte di cotto aromatizzato coi carapaci dei carabineros, con chiodi di garofano, aglio e olio al coriandolo.

 

Liko Hoe e la preparazione del poi

Liko Hoe e la preparazione del poi

LIKO HOE E L'ALOHA DALLE HAWAII
Hanai i ka'ai. Hanai io ke aloha, ossia "nutriti con il cibo. Nutriti con l'aloha", siamo alle Hawaii e si sa cosa significa questa parola "aloha" di saluto, ossia "amore", dunque "nutriti di amore". A portarci alle Hawaii è Liko Hoe, chef di Waiahole Poi a Kaneohe, nell'arcipelago che è anche il 50° ed ultimo Stato, in ordine cronologico d'istituzione, degli Usa. Lui trasferisce nella sua proposta gastronomica la tradizione culinaria hawaiana, nonché la storia della gente e dei suoi antenati. Al centro della sua lezione il kalo, ossia il taro alle Hawaii, pianta vulcanica, in parallelo con quanto abbiamo scritto qui sopra su Chele González. Ne sfrutta non solo le foglie, ma anche la radice: viene macinata con pietre di basalto in ciotole di legno così da ottenere il poi, una pasta gelatinosa - simile al mochi - che viene quindi fatta rapprendere e fermentare. È l'alimento base della dieta hawaiana, «con un sapore simile a quello di uno yogurt», si può conservare anche per tre settimane ed è stato fondamentale per la storia di questi isolani, «i nostri antenati arrivarono in questo arcipelago lasciando il continente asiatico in lunghi viaggi per mare in cui era essenziale rifornirsi di cibo conservabile», il poi appunto.

 

Fina Puidevall e la sua Cipolla dolce del vulcano Croscat ripiena di pecorino di Farró e pane ai cereali

Fina Puidevall e la sua Cipolla dolce del vulcano Croscat ripiena di pecorino di Farró e pane ai cereali

LA SUPER CIPOLLA DI FINA PUIDEVALL
Dice Llorenç Planagumà, coordinatore scientifico della Volcano Active Foundation di Barcellona, che «i vulcani sono stati sempre fondamentali per lo sviluppo rurale», anche nella sua La Garrotxa, antica area vulcanica catalana. «I suoli sono ricchi, c'è tanta biodiversità. Le eruzioni apportano benefici sociali ed economici», e fa un esempio chiarissimo: «Le verdure che crescono su suolo basaltico sono più dolci, più buone», come i rari Fesols de Santa Pau, fagioli Dop «che nascono solo qui». E ancora: «Un agricoltore de La Garrotxa vendette delle mucche a un collega di una valle non lontana. Dovette ricompragliele, perché queste non mangiavano più, volevano solo l'erba nata su suolo vulcanico», che è migliore. Ecco: tanta prelibatezza consente a Fina Puidevall e a sua figlia Martina Puigvert, anime e chef di Les Cols, due stelle Michelin a Olot, provincia di Girona, proprio nel cuore del Parque Natural de la Zona Volcánica de la Garrotxa (44 vulcani lì attorno!), di cucinare un piatto - che abbiamo gustato - davvero strepitoso, finissimo, elegante, ricco: Cipolla dolce del vulcano Croscat ripiena di pecorino di Farró e pane ai cereali, cui s'affianca una royale della stessa cipolla con liquirizia. «Quella di Les Cols è cucina vulcanica, verde e sostenibile - dice Martina Puigvert - La sostenibilità fa parte del nostro modo di vivere».

 

Dibattito e mostra di formaggi vulcanici

Dibattito e mostra di formaggi vulcanici

SIGNORE E SIGNORI, I FORMAGGI VULCANICI
Se, come abbiamo visto sopra, le mucche e le pecore preferiscono l'erba dei pascoli vulcanici, perché è migliore, se ne deduce che anche il loro latte sarà intriso di caratteristiche specifiche, uniche... forse migliori? Ne sono convinti i tre rappresentanti di aree casearie vulcaniche presenti a Worldcanic, ossia Yves Lubert, dall'Alvernia in Francia (formaggio Cantal Dop, una squisitezza); Arminda García, di Lanzarote; e Salvador García-Arbos, di La Garrotxa. Questa ultima regione sta recuperando un formaggio molto particolare, dalla crosta ammuffita e dalla pasta bianca, prodotto con latte di capre di razza Murcia e Granada. Come ha spiegato il giornalista Salvador Garcia-Arbòs, la sua "nascita" è molto recente, risale al 1980, e il suo sviluppo è stato casuale: «È un formaggio che è nato a La Garrotxa e poi è scomparso da questa regione ed è apparso in altri luoghi. In questo momento sono molti i caseifici emergenti che stanno lanciando altre tipologie di prodotti, quello più elaborato è di vacca. I pascoli nelle zone vulcaniche sono migliori, non c'è dubbio». Arminda García alla Finca de Uga di Lanzarote produce circa 20 formaggi - due premiati ai prestigiosi World Cheese Awards - la maggior parte dei quali da capre Majorera e delle Canarie. Ma il formaggio vulcanico è davvero migliore? Arminda: «Gli animali che pascolano su suolo vulcanico assorbono sicuramente quelle particolarità del territorio. Che si trasferisce al latte e quindi nel formaggio». Luberto: «Il nostro formaggio ha più calcio, una caratteristica che lo definisce».

 

Toño Morales dell'ecofinca Vegacosta e la straordinaria fertilità del suolo vulcanico, coperto di cenere

Toño Morales dell'ecofinca Vegacosta e la straordinaria fertilità del suolo vulcanico, coperto di cenere

LA CENERE VULCANICA PRODUCE RACCOLTI ECCEZIONALI
Infine, sulla fertilità dei terreni vulcanici, quale miglior esempio dell'ecofinca Vegacosta a Tinajo, Lanzarote? Dispone di 120mila metri quadrati di colture sostenibili a base di cenere vulcanica, che copre tutto il terreno e non necessita di essere rinnovata, basta aggiungere un po' di concime naturale, «questa base che ci aiuta a dare vita a prodotti unici», spiega il titolare Toño Morales, che mostra orgoglioso patate, erba cipollina, fichi, lattughe, fragole squisite, pitaya… Toño conduce il progetto insieme a sua figlia e crede fermamente in un futuro che connetta agricoltura (vulcanica) di qualità, gastronomia e turismo. Investe per preservare i costumi tradizionali dell'agricoltura dell'isola - sconosciuti alle nuove generazioni - e per creare un punto vendita diretto per i prodotti locali. Dice: «Abbiamo le generazioni più preparate della storia e abbiamo ben chiaro cosa vogliamo: gastronomia, sostenibilità, conoscenza… Dieci anni fa non c'era un progetto che mettesse insieme questi settori». Ora sì.

 

Cottura sopra un "cratere" al calore del magma del vulcano a El Diablo, locale appollaiato nel cuore del Parco Nazionale di Timanfaya, sulle Montañas del Fuego

Cottura sopra un "cratere" al calore del magma del vulcano a El Diablo, locale appollaiato nel cuore del Parco Nazionale di Timanfaya, sulle Montañas del Fuego

Davide Musci, produttore - torinese trapiantato a Lanzarote - del primo vermouth dell'isola, l'ha chiamato appunto Primo de Lanzarote

Davide Musci, produttore - torinese trapiantato a Lanzarote - del primo vermouth dell'isola, l'ha chiamato appunto Primo de Lanzarote

CONSIGLI: PIATTI E RISTORANTI A LANZAROTE
E non possiamo non terminare con una selezione delle cose migliori che abbiamo assaggiato a Lanzarote, a opera di chef locali (così, questo diventa anche un breve tour tra i migliori ristoranti dell'isola). Allora, sul fronte della cucina diciamo contemporanea: notevole il Crudo di pesce, succo di kimchi e avocado del ristorante Kaori a Puerto del Carmen; lo stesso dicasi della cucina canaria, marcatamente territoriale e di prodotto, de El Risco a Famara, ce l'ha confermato un critico che conosce bene questi luoghi, come Xavier Agullò; addirittura straordinaria l'esperienza (prima paesaggistica che gustativa) a El Diablo, locale appollaiato nel cuore del Parco Nazionale di Timanfaya, sulle Montañas del Fuego, dove ammirare paesaggi spettacolari e toccare con mano l'attività vulcanica, nonché gustare piatti cucinati direttamente al calore del magma del vulcano (per la precisione: sono cotti sulle sacche di magma vulcanico che vi si erano concentrate dopo l'eruzione di Timanfaya nel 1730): maialini da latte, verdure, zuppe... Interessante anche il Kamezí Deli & Bistró, vicino a Playa Blanca, all'estremità meridionale di Lanzarote: il ristorante si trova nel Kamezí Senso Concept, concept di appartamenti di lusso con un'estetica modellata sull'isola. Sul fronte invece della cucina tradizionale lanzarotina: buono il tipico gofio (una specie di crema ottenuta dalla macinazione di vari cereali tostati) e soprattutto la pelle di murena fritta del Brisa Marina di Playa Blanca; come anche il puchero canario (stufato di carne di manzo, maiale, pollo, salsiccia o pancetta cucinati con i ceci) de La Bodega de Santiago di Yaiza; eccezionali il caldo de millo (una zuppa di mais dolce, con patate, zafferano e aromi, più carne) del Casa Brigida di Playa Blanca e i Ceci con maialino nero de La Piscina Club di La Santa; e rare e gustose le Patelle con mojo di coriandolo de La Cascada del Puerto di Puerto del Carmen. 


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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