Gli anni del boom, i viaggi negli Stati Uniti con il Consorzio, le battaglie per la tutela del Prosecco: la lunga chiacchierata con Primo Franco è un viaggio nel passato e uno slancio per il futuro non solo della Nino Franco, l’azienda di famiglia, ma di tutta la Denominazione.
L’azienda di Valdobbiadene nasce nel 1919, con il nonno Antonio, e prosegue poi con Giovanni, detto appunto Nino, che prosegue l’attività enologica. «Io mi diplomo a Conegliano nel 1967 ed entro in azienda nel 1971, praticamente costretto perché ero l’unico maschio. Non era quello che volevo fare, ma cerco di farlo bene».
Primo Franco è schietto, determinato. E quel suo “cerco di farlo bene” si trasforma in una volontà di continui miglioramenti, puntando solo all’eccellenza.
«Nel 1992 tramite il Consorzio - racconta - abbiamo fatto un tour negli Stati Uniti. Da lì siamo riusciti a vendere non tanto il vino, ma il nostro stile di vita. Abbiamo “esportato” l’idea del “cicchetto”, del vino facile, fruttato, che si beve alle 10 del mattino al bar. Era il nostro stile di vino, e questo negli Usa spopola».

Un momento della vendemmia
Un business che non viene ignorato dalle grandi aziende. «I numeri diventano grandissimi, e si perde un po’ il controllo della situazione - ricorda ancora
Primo Franco - Iniziano a imitarci un po’ in tutti i paesi. Così decidiamo di cancellare il nome Prosecco dai nomi dei vitigni autorizzati, lo chiamiamo Glera, e andiamo a tutelare la nostra
Denominazione. Perché sia solo italiana». La decisione arriva nel 2009, con l’intervento del ministro
Luca Zaia.
E la Nino Franco? «Personalmente - riflette Primo Franco - devo dire che sono stati i primi grandi cuochi a farci capire che il vino potesse essere qualcosa di diverso, di edonistico, non più legato solo all’alimentazione ma semplicemente al piacere. Bisogna pensare che prima Valdobbiadene era legata al mondo della seta, mentre il vino era solo un secondo lavoro».

Primo e Silvia Franco durante la degustazione all'Enoluogo di Milano
Così la
Nino Franco punta sempre di più a un vino che non sia solo il bicchiere da “cicchetto”, ma a un livello superiore.
Un primo esempio arriva dal Rustico: «Mio papà voleva fare questo vino, il Rustico, che nasceva con il fondo. Dal 1978 cominciamo a farlo in autoclave. È una cuvée delle nostre 30-40 parcelle, dove cerchiamo di unire l’eleganza di Valdobbiadene e la potenza di Conegliano».

La vendemmia nei vigneti della Nino Franco
Il
Vigneto della Riva di San Floriano Brut nasce da una storia curiosa: «È stato il nostro importatore degli Stati Uniti che ce l’aveva chiesto - sorride
Primo Franco - Ma poi non ne ha mai comprato nemmeno una bottiglia… Nella singola vigna si sentono i terreni, le vigne, la mano di chi la fa. Ne produciamo circa 10mila bottiglie».
Un altro fattore determinante della Nino Franco è quello di non volersi fermare al vino d’annata, ma di andare in profondità anche con il tempo. Così, durante la degustazione all’Enoluogo guidata da Alessandro Torcoli, tra i protagonisti c’era il Grave di Stecca Brut nelle annate 2018, 2014 e 2010.

I vini della degustazione
«Nel 1991 mi mostrano questo vigneto particolare e lo prendiamo in affitto. Poi chiamo il mio amico
Fausto Maculan che mi indica un vivaista francese e cosi abbiamo una selezione massale. Piantiamo questa vigna, con 5000 piante per ettaro, e fino al 2006 facciamo una serie di esperimenti, con il 2007 iniziamo a fare spumante
Grave di Stecca, ma la commissione ce lo boccia, perché non tipico. A Roma invece ci dicono di sì, fino al 2009. Poi decidiamo di lasciare la denominazione, passando da
DOCG a
Vino spumante di qualità. Il mercato, poi, ci permette di lasciarlo in cantina a riposare».
Un vino che stupisce proprio per la sua finezza accompagnata da una complessità notevole al naso, con una bollicina quasi cremosa, e un sorso avvolgente ma ancora vivo. Nella 2014, per esempio, esce una nota balsamica, mentre nelle 2010 troviamo una grande ampiezza e un notevole equilibrio.
Vini che si confrontano con il tempo, come il Primo Franco Dry assaggiato nell’annata appena in commercio, la 2024, e poi con le sorprendenti 2003 e 1992. Vini sui quali c’è poco da dire a livello gustativo: si tratta delle vere e proprie esperienze sensoriali, con il bicchiere che racconta il viaggio nel tempo e nello spazio, andando a visualizzare i paesaggi del Conegliano Valdobbiadene.
Primo Franco avrebbe molti aneddoti da raccontare: sicuramente ci sarà una nuova occasione per narrarli.