Un omaggio alle radici e al territorio, che si manifesta anche attraverso una continua voglia di sperimentare. E questa, a volte, conduce proprio alla saggezza del passato, in un circolo virtuoso.
Per la rassegna dedicata al Pinot Nero da Cuzziol GrandiVini e Frecciarossa nell’Oltrepò, questo vitigno ha sprigionato più che mai la sua vitalità. L’ha fatto con l’incontro attraverso cinquanta etichette e quaranta cantine, ma anche con la masterclass dedicata a Giorgio Odero. Presenti Valeria Radici Odero e Lele Gobbi che ha guidato il viaggio tra calici e riflessioni.
Un passo indietro: se il Pinot Nero è protagonista dell’ultrasecolare percorso di Frecciarossa a Casteggio - fondata nel 1919 - le vinificazioni in rosso hanno una storia più recente, legata agli anni Ottanta e alle scelte che Margherita Odero fa nel nome del padre Giorgio.
La degustazione ha permesso di condividere parte di questo cammino e di guardare al futuro, attraverso le annate 2012, 2013, 2016, 2019 e 2021. Quest’ultima “non ultima”, nel senso che rappresenta un ulteriore sforzo di valorizzazione delle peculiarità di questo vitigno, con un equilibrio tra la tensione acida e il tannino di carattere, eppure non “prepotente”, anche grazie alla vinificazione a grappolo intero e a una differente scelta tecnica.
Certamente, è affascinante cogliere – come ricorda Gobbi - l’intreccio di volontà e desiderio fin dalla decisione di Mario Odero, «il bisnonno che dal commercio del carbone di Genova decide di acquistare questa splendida tenuta ottocentesca e trasformare la sua idea nell’azienda che vedete». Idea che prende corpo ulteriore con Giorgio, attraverso le sue esplorazioni in Francia e la cantina, che diventa un punto di riferimento non solo nazionale, bensì internazionale.
La prima bottiglia vinificata in rosso è del 1989. Il Pinot Nero è una pianta delicata, che esige attenzione dal terreno alla cantina: la sua predilezione per terreni calcarei trova piena soddisfazione in questa zona, ne diventa un solido interprete, e Frecciarossa accorda gli strumenti con le competenze acquisite in questa parte della sua storia. «C’è tanto da imparare – sottolinea Valeria – Anche a essere più delicati e a trattare in modo giusto il Pinot Nero. Dal 2021 abbiamo appunto cambiato metodo di vinificazione. Grappolo intero, e pigiamo con i piedi, poi facciamo fermentare».

In effetti, la svolta per “Giorgio Odero” Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc conduce a una pigiatura soffice delle uve intere con i piedi e a una fermentazione spontanea con lieviti autoctoni che avviene in tino troncoconico di rovere francese non tostato, precisa l’azienda. Il 10% delle uve è vinificato a parte in macerazione carbonica pre-fermentativa e aggiunto durante la fermentazione alla massa principale, spiega ancora. Quindi, rimontaggi brevi scanditi con follature durante la macerazione, che si ripropone dopo la fermentazione per sei giorni. La fermentazione malolattica spontanea avviene nella primavera successiva in barrique di secondo e terzo passaggio. Ad accompagnare la nascita di questo vino, l’affinamento di otto mesi in barrique di rovere francese e altri sei mesi in vasche di acciaio inox. Ma un altro anno è richiesto, una volta in bottiglia.
L’annata, caratterizzata da una buona piovosità a maggio e da un’estate mediamente calda, ma con favorevoli escursioni termiche diurne e notturne, ha permesso di ottenere una produzione di qualità elevata, come peraltro solitamente questa vigna storica – a 160 metri, esposizione Sud-Ovest- ha offerto. La finestra temporale e le condizioni della vendemmia hanno così portato a un Pinot Nero dotato di equilibrio ed eleganza. L’acidità è ciò che assicura forza, imprime personalità e apre la strada all’invecchiamento, che saprà via via evidenziare queste caratteristiche.
Il 2012 ci racconta un’altra pagina, ancora, e si collega a un concetto appena affrontato: quello del tempo, e di conseguenza della pazienza. «Ci sono annate che vanno rispettate» si sussurra, e così è questa bottiglia.
La tecnica, come per quelle che verranno prima del 2021, era appunto diversa nell’accostamento iniziale. Una diraspapigiatura soffice, quindi la fermentazione spontanea con lieviti autoctoni in vasche di acciaio inox a temperatura controllata inferiore ai 26 °C. La vendemmia è stata anticipata, con la maturazione accelerata nel mese in agosto.
Anche l’annata successiva induce ad attribuire il giusto valore alla pazienza. La 2013 ha visto agosto rinfrescarsi, con la maturazione che ha rallentato il passo: ora avvertiamo con più chiarezza la sua armonia e le sue evoluzioni aromatiche.
Così come la 2016 ci racconta altro ancora di questo viaggio nell’anima del Pinot Nero, di ricerca dal tempo e nel tempo. Si introduce infatti – ricorda Valeria Odero Radici – il tino tronco-conico di rovere francese non tostato per la fermentazione spontanea con lieviti autoctoni: questo consente un’integrazione tra tannino e legno. Il frutto risulta più croccante e si fa notare di più la nota balsamica.
Veniamo alla 2019, ben più calda, con un grado di alcol inferiore, ovvero 12,91.
Anticamera della svolta menzionata, che abbiamo vissuto assaggiando la 2021, già avviata con la 2020. Ma quella voglia di cercare e valorizzare l’anima del Pinot Nero sempre più, continua.